Sraffa, ombra di Samuelson
lunedì 8 febbraio 2010
Piero Sraffa
Sraffa, ombra di Samuelson
All’economista la parola ‘ombra’ evoca l’idea di ‘vero e proprio’ anche se frutto di ricerca e non di osservazione empirica, soprattutto se riferito ai prezzi dei beni e servizi. Così, ma più nel senso di ‘alter ego’ che di ‘vero sé’, Piero Sraffa è stato l’ombra di Paul Samuelson estensore del pensiero marginalista il secondo, faro della logica economica il primo. Ambedue, ciascuno a suo modo, di sinistra, l’uno e l’altro ebreo ‘sui generis’, vollero il progresso sociale; Paul nel capitalismo, Piero, contro di esso.Sraffa nacque a Torino nel 1898 da una famiglia sefardita di commercianti della costa pisana e livornese. Fu allievo di Luigi Einaudi, partecipò alla Prima Guerra Mondiale e poi venne chiamato a insegnare economia dapprima a Cagliari, Perugia e poi a Genova e Milano. ‘Sfuggì all’olio di ricino’ rifugiandosi in Svizzera, disse di se stesso, e poi planò a Cambridge dove il padre Angelo lo aveva segnalato a quello che sarebbe diventato Lord Keynes. Gli furono affidati vari incarichi al Kings College didattici e soprattutto documentalisti, seguiti con affetto e bewunderung dallo stesso Keynes e da sua moglie, Lydia. Rientrò occasionalmente in Italia, grazie soprattutto all’amicizia di Don Raffaele Mattioli, suo amico e compagno di studi nella neonata Bocconi oltre che predecessore nella direzione dell’ufficio del lavoro di Milano, voluta dall’amministrazione socialista prima del fascismo. E’ noto che Mattioli e Sraffa si adoperarono per aiutare Gramsci in carcere e ne salvarono i diari e formarono un lungo sodalizio intellettuale. Se Samuleson si formò alla scuola di Schumpeter a Harvard per poi finire ‘esiliato’ al MIT, Sraffa invece studiò soprattutto Marshall di cui apprese le teorie da Achille Loria, di cui divenne fiero e devoto avversario. Curando le opere di David Ricardo con cui largamente si identificò e colloquiando con Wittgenstein e i migliori matematici cantabrigensi, elaborò in forma di tratto logico- matematico le idee di Smith e Ricardo, in parallelo alle concezioni di Marx. Sraffa pensava che il valore economico delle merci consista nelle merci stesse, ma composte nelle proporzioni opportune e equivalente a ciò che il lavoro necessario alla loro produzione ‘comanda’. La ‘produzione di merci a mezzo di merci’ fu pubblicata da Einaudi nel 1960 e Sraffa morì a Cambridge nel 1983. Confutandolo, Samuleson gli ha reso omaggio a più riprese fino ai suoi ultimi anni sempre proponendo il dibattito novecentesco tra valore soggettivo e oggettivo dei beni economici, analisi matematica e logica, scelta e necessità naturale e da ultimo sulle ragioni e senso del commercio internazionale. Mi piace pensare che se aveste chiesto a mamma Irma Tivoli chi era suo figlio, vi avrebbe risposto in lashon ha kodesh: ‘un negro ebreo’. Mentre l’avvocato professore Angelo, di lui padre, avrebbe forse commentato come si usava a Pitigliano: 'figlio mio, quanto mi costi’.Daniele Castelnuovo, http://www.moked.it/
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