martedì 23 marzo 2010



Gerusalemme

Rassegna stampa

Si prepara l'incontro a Washington fra Obama e Netanyahu, che dovrebbe sperabilmente superare la crisi diplomatica fra Stati Uniti e Israele (Il Giornale, Ethan Bronner sullo Herald Tribune) ma forse potrebbe aggravarla se davvero ci sarà un "diktat americano" come scrive speranzoso Eric Salerno (Il Messaggero). Nel frattempo aumenta la pressione internazionale contro Israele. Ora è il segretario dell'Onu Ban a dire che bisogna "togliere il blocco a Gaza" (Aldo Baquis sulla Stampa, De Giovannangeli sull'Unità, Alberto Stabile su Repubblica). Che nel frattempo siano ricominciati a piovere razzi da Gaza verso il territorio israeliano non importa né a Ban ne alla responsabile della diplomazia europea Ashton, che ha pubblicato un mieloso articolo sullo Herald Tribune, in cui cita le esigenze israeliane di sicurezza in maniera generica e solo per non tenerne conto, e soprattutto non considera come il regime di Gaza sia costruito esattamente sull'aggressione armata al territorio israeliano e come quindi non sia possibile considerare i razzi e gli altri attentati come episodi laterali o marginali.Aumentano anche i disordini in Cisgiordania. Due palestinesi sono morti durante scontri avvenuti in un villaggio vicino a Ramallah, colpiti dai proiettili di gomma antisommossa dei militari israeliani; altri due sono stati colpiti durante un tentativo di accoltellamento che stavano compiendo contro un soldato israeliano a un posto di blocco (Battistini sul Corriere).Per quanto riguarda l'ebraismo italiano, molti giornali (Il Tempo, Il Corriere, Repubblica ecc.) danno notizia, evidentemente in seguito a un'azione organizzata di diffusione, della durissima lettera polemica della minoranza del Consiglio della Comunità di Roma, già circolata nei giorni scorsi negli ambienti ebraici, che attacca sul piano personale il presidente della Cer Pacifici. La notizia principale è che la lista di minoranza "dei giovani" ha deciso di tentare di avvalersi politicamente della clausola dello statuto che impone lo scioglimento del Consiglio qualora si dimetta più di un terzo dei consiglieri, organizzando le dimissioni di tutto il gruppo. Si tratta di una clausola diffusa in molti statuti associativi per garantire il funzionamento degli organismi rappresentativi in conformità alle scelte degli elettori, che in questo caso viene forzato come una forma inedita di "sfiducia di minoranza". E' uno sviluppo importante non solo perché mette in crisi, a due anni appena da un risultato elettorale molto chiaro, la più grande Comunità ebraica in Italia, ma soprattutto perché rompe il patto di governabilità che regge da sempre le comunità ebraiche italiane e pone dei problemi molto seri per il futuro di tutta la vita comunitaria. Se ogni minoranza pretendesse di avere un governo consociativo, minacciando di rovesciare il tavolo ogni volta che non si sentisse sufficientemente coinvolta, il governo delle comunità maggiori, che sono tutte divise, risulterebbe impossibile. Ancor più seria è la questione posta dai contenuti della lettera che non espone se non marginalmente il senso politico evidente del dissenso fra destra e sinistra della Comunità romana, privilegiando invece il piano personale con insinuazioni su "favori" e "scorrettezze" che sarebbero stati commessi dagli avversari, senza peraltro specificarli in maniera tale da permettere un giudizio agli esterni, né proporre un'indagine giudiziaria o del tribunale rabbinico che è competente sui comportamenti ebraici. La demonizzazione dell'avversario in termini moralistici e non politici è un modo propagandistico purtroppo molto diffuso di recente nel nostro paese, ma questa è la prima volta che si presenta così apertamente nelle nostre comunità. I dimissionari non dicono di essere in lotta politica con una maggioranza da cui dissentono, come sarebbe legittimo, ma che questa è scorretta, moralmente squalificata, il che andrebbe dimostrato in sede giuridica e non politica. Al di là della lesione generica ma bruciante dell'onorabilità personale di una persona importante per l'ebraismo italiano come Riccardo Pacifici, molto popolare per il suo impegno e la sua disponibilità, è inevitabile che questo tipo di insinuazioni senza contenuti precisi macchino la Comunità ebraica nel suo complesso, col rischio di scoraggiare per disgusto etico la partecipazione comunitaria e di togliere autorità morale e credibilità alla presenza ebraica nel paese - il principale patrimonio politico di cui dispone una piccola minoranza come la nostra in tempi difficili per le derive antisemite e antisraeliane così diffuse anche nel nostro paese.Da citare ancora un episodio sconcertante di antisemitismo ad opera di un principe romano contro una commerciante, che va a processo domani (Laura Martellini sul Corriere). La Stampa pubblica una rievocazione (di Andrea Cortellessa) e il testo della corrispondenza del suo storico direttore Giulio De Benedetti, che vedeva già nel 1921 il rischio dell'antisemitismo in Germania. Da leggere infine sull'Avvenire una corrispondenza sulla "Gerusalemme che parla milanese", in particolare sull'oleh meneghino Jonathan Tedeschi, che gestisce un noto ristorante in Jaffa Street. Ugo Volli, http://moked.it/

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