sabato 20 marzo 2010


Onore a una eroina silenziosa

Domani mattina il popolo ebraico renderà il giusto onore a una delle sue salvatrici: il nome di Maria Agnese Tribbioli, fondatrice nel 1927 della Congregazione delle Pie Operaie di San Giuseppe di via dei Serragli, verrà scritto nel registro dei Giusti tra le nazioni. Il riconoscimento ufficiale avverrà nel corso di una cerimonia organizzata nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio alla quale parteciperanno le più importanti autorità civili e religiose cittadine, tra cui il sindaco Matteo Renzi, l’arcivescovo Giuseppe Betori e il rabbino capo Joseph Levi. In apertura di mattinata è previsto l’intervento di Cesare Sacerdoti, figlio di uno dei tanti ebrei salvati dalla religiosa e promotore di questa iniziativa. Seguiranno gli interventi di alcuni docenti universitari, che ricostruiranno le tappe più significative nella vita della Tribbioli. Sarà poi Gideon Meir, ambasciatore di Israele in Italia, a consegnare medaglia e pergamena dell’istituto Yad Vashem a Marta Lombardi, attuale superiora generale della Congregazione.Negli anni delle persecuzioni nazifasciste numerosi ebrei trovarono rifugio all’interno della Casa Generalizia della Congregazione, sfuggendo così alla deportazione nei campi di concentramento. Ad aprir loro le porte fu proprio Maria Agnese Tribbioli, che preferì non avvertire le altre suore della rischiosa decisione presa (non a caso in seguito verrà definita “operaia silenziosa”).Il ricordo della donna è nelle parole commosse di Emanuela Vignozzi, vicaria generale delle Pie Operaie di San Giuseppe: “È sempre stata molto umile, modesta, non raccontava mai quello che aveva fatto nel corso della sua vita. Anche in questo caso operò silenziosamente, per non allarmare la comunità sui rischi che avrebbe creato questa azione assistenziale nei confronti degli ebrei”. E mentre il popolo ebraico le conferisce la massima onorificenza prevista per chi scelse la via del coraggio invece di quella dell’indifferenza, in Vaticano è in pieno svolgimento il suo processo di beatificazione. Adam Smulevich, http://www.moked.it/

Maria Agnese Tribbioli
Accolse due giovani fratelli ebrei nella casa delle Pie Operaie di via dei Serragli, e ai due ufficiali delle SS che vennero a compiere un rastrellamento lei, di corporatura minuta e ‘armata’ solo di un crocifisso tra le mani, rispose fermamente che “qui non ci sono ebrei, ci sono solo figli di Dio, e anche voi siete figli di Dio”.C’è anche questo episodio nelle motivazioni della medaglia e della pergamena che attesta l’iscrizione quale ‘Giusta fra le Nazioni’ nel museo dell’Olocausto di Gerusalemme che verranno consegnate domani alla memoria di madre Maria Agnese Tribbioli, fondatrice della Congregazione delle suore Pie Operaie di San Giuseppe. La cerimonia si svolgerà a partire dalle 10:30 nel Salone dei Cinquecento. Parteciperanno tra gli altri il sindaco, l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, il rabbino capo di Firenze Joseph Levi, l’ambasciatore d’Israele in Italia Gideon Meir, e madre Marta Lombardi, superiora generale delle Pie Operaie di San Giuseppe.A promuovere il riconoscimento presso l’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme sono stati proprio i due fratelli salvati da madre Maria Agnese, Vittorio e Cesare Sacerdoti, figli di Simone Sacerdoti, in seguito rabbino capo di Ferrara. L’iscrizione della madre come ‘Giusta fra le nazioni’ nel museo dell’Olocausto è un alto riconoscimento che viene conferito a persone che nei terribili anni della razzia nazi-fascista hanno salvato vite di ebrei a concreto rischio della loro propria vita.I due fratelli furono accolti e ospitati dalla suora fondatrice con la loro madre insieme ad altre madri con bambini in via dei Serragli. Erano i giorni in cui a Firenze i siti religiosi, come il convento del Carmine, venivano setacciati dai nazi-fascisti alla ricerca di ebrei. Dopo la visita degli ufficiali nazisti e la razzia al convento, madre Agnese era fortemente preoccupata per la sorte dei suoi ospiti e delle sue consorelle, le quali ignoravano che si trattasse di ebrei e non di semplici sfollati. Quindi attraverso l’organizzazione che faceva capo alla Curia e all’impegno di monsignor Meneghello (segretario particolare del cardinale Elia Dalla Costa), gli ospiti furono evacuati e sistemati in altri ricoveri più sicuri. I due fratelli (sotto il falso nome di fratelli Bellucci) furono presi in consegna da don Giulio Facibeni, che li portò nell'orfanotrofio della Madonnina del Grappa a Montecatini, in salvo fino alla Liberazione di Firenze. (edl)http://www.nove.firenze.it/

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