mercoledì 19 maggio 2010


Bibbia grande maestra di modernità

Incontro con Aharon Appelfeld
In casa Appelfeld il grande tavolo di legno del salotto conserva ancora i segni del secondo pasto di Shabbat. Le briciole di «challah», il pane tipico del sabato di festa, occupano la tovaglia di lino grigia. Non è stato semplice trovare la casa dello scrittore israeliano. Mevaseret Rachel è un sobborgo residenziale "all'americana" a pochi chilometri da Gerusalemme. Villette bianche, strade ampie, tanto verde e una vista che toglie il fiato.Laddove durante l'Impero romano c'era una fortezza strategica oggi c'è un quartiere amato dagli scrittori. Non molto distante da Aharon Appelfeld abita l'altro grande ambasciatore della letteratura israeliana nel mondo: David Grossman. A Yasmin street non tutti sanno di avere come vicino di casa uno dei pi grandi scrittori del Novecento, ma si mostrano interessati ad aiutare una forestiera con l'aria da studentessa: «È stata fortunata perché gli israeliani non sono gentiluomini ma, si sa, i furbi sanno usare la gentilezza, soprattutto se si tratta di donne», dice Appelfeld dal cancello della sua casa due piani separati da una scala a chiocciola rivelando subito quell'ironia ebraica che ha contribuito al successo di Woody Allen. Un uomo piccolo Appelfeld: occhi azzurri e dolcissimi nascosti dietro gli occhiali, sulla testa la coppola blu che, come una coperta di Linus, lo accompagna in quasi tutte le manifestazioni pubbliche. Al piano terra c'è lo studio, le quattro pareti sono occupate da grandi librerie di legno: «Non li conto più i volumi, ma credo siamo arrivati a 4mila. Mi piace pensare in mezzo ai libri ma non scrivo qui. Da trent'anni vado sempre nello stesso caffè a Gerusalemme, arrivo la mattina, apro il taccuino e inizio. Sono circondato dal profumo di caffè, da vecchi amici che mi parlano di Israele e da ragazzi giovani». Non c'è traccia di computer nella stanza: «Non uso il pc, sono abituato a scrivere a mano. L'arte è connessa ai sensi, senza carta e penna non non c'è sensibilità». Il pensiero conservatore non c'entra: «Amo la modernità perché è libertà, ma l'attaccamento alla tecnologia non mi piace e non lo capisco. E poi la tastiera mortifica la scrittura dell'ebraico...». È la sua storia di vita a spiegare perché il concetto di libertà per Aharon Appelfeld sia così legato a quella lingua che insegna oggi all'università Ben Gurion di Negev.[...]Serena Danna, Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2010

Nessun commento: