lunedì 31 maggio 2010



Giordano

Analisi Nel Medioriente di Obama il vero pericolo atomico è Israele

Ci sono voluti 15 anni, ma alla fine l’ipocrisia ha vinto. Ora è un’ipocrisia democratica, legittima e sovranazionale. È il trionfo dell’ipocrisia globale. Un trionfo sancito venerdì notte a New York dal voto plebiscitario dei 189 paesi, membri della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Ci provavano dal 1995, ma fino ad oggi il «niet» di Washington aveva sempre impedito la vittoria della finzione sul pragmatismo, della simulazione sulla realtà. Ora ci siamo. Grazie all’amministrazione di Barack Obama anche l’ultimo paletto è stato abbattuto. E il mondo è pronto a farsi cullare dal sogno. O dall’incubo. Il principale protagonista del nuovo ordine onirico votato a New York sarà la conferenza internazionale chiamata entro il 2012 a disegnare obblighi e forme di un Medioriente senza armi atomiche. Quella conferenza, stando al documento di 28 pagine votato venerdì notte, dovrà imporre il disarmo d’Israele, costringerlo a rinunciare alle sue testate atomiche e sottoporlo a continue e ferree ispezioni degli organi di vigilanza internazionale. Grazie a quel sogno di fine primavera Israele dovrebbe, insomma, rinunciare alla propria dottrina strategica, ammettere d’essere una potenza atomica e consegnare l’ottantina di testate nucleari nascoste nei suoi depositi.Per capire quanto quel sogno sia non solo irrealizzabile, ma anche pericoloso basta sfogliare la risoluzione. A dar retta al documento - incautamente votato anche da Washington - Israele e il suo arsenale nucleare sembrano l’unico ostacolo ad un Medio Oriente denuclearizzato, l’unica vera minaccia da disinnescare. L’Iran e la Siria grazie alla loro adesione alla risoluzione sono automaticamente assolti da qualsiasi dubbio, esentati da qualsiasi controllo. L’Iran sospettato - stando agli stessi rapporti dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea) dell’Onu - di studiare una testata nucleare diventa improvvisamente un protagonista del disarmo internazionale. La Siria, obbiettivo nel settembre 2007 di un raid dell’aviazione israeliana che bloccò sul nascere un reattore nucleare clandestino, non desta alcuna preoccupazione. Nonostante il presidente Ahmadinejad continui ad auspicare la fine dello stato ebraico e i camion di Damasco continuino ad alimentarne la visione trasferendo missili negli arsenali di Hezbollah, l’unico imputato, l’unica minaccia da disarmare resta Israele. E se il mondo girasse come auspicano Damasco e Teheran lo Stato ebraico non dovrebbe nemmeno partecipare alla conferenza. Dovrebbe semplicemente attenderne le decisioni, accettarle e sottomettersi.Certo è un sogno irrealizzabile, ma è un sogno pericoloso che il voto dei 188 sembra alimentare. Un sogno che guarda al Medioriente, ma dimentica la minaccia della Corea del Nord e di un Pakistan dove si rischia la caduta delle testate nucleari nelle mani del terrorismo. Quel sogno preoccupa anche quell’amministrazione americana colpevole di averlo assecondato. Da ieri mattina Barack Obama promette di opporsi con forza «ai tentativi di tagliar fuori Israele... a tutte le azioni che minacciano di compromettere la sicurezza d’Israele». Ma sembra l’urlo di chi corre a chiudere la stalla dopo la fuga dei buoi. L’urlo di chi ha dato il via libera ad un documento in cui - come sottolinea altrettanto tardivamente il generale James Jones, consigliere per la sicurezza nazionale -, «non si ricorda nemmeno che l’Iran rappresenta la più grande minaccia di proliferazione nucleare nella regione e al trattato Npt».


Nessun commento: