mercoledì 19 maggio 2010
Il maestro ritrovato Un magico incontro con Albert Memmi a Essaouira
Durante la nostra giovinezza (giovinezza tra gli anni Sessanta e Settanta), Albert Memmi è stato un intellettuale letto e amato per lo meno come Jean Paul Sartre. Scrittore, semiologo, professore di sociologia, insignito da Francois Mitterand della Legion d’onore, celebrato dall’Academie de France, amico dello scrittore Eugene Ionesco, dell’artista Aragon, laureato honoris causa all’università del Neghev: Memmi è un maitre à penser a tutto tondo, facente parte di quella élite ebraica intellettuale che, lasciando il Maghreb, ha portato in Francia il suo fecondo pensiero sull’uomo e sulla società. Il suo scavo letterario riguarda le conseguenze psico-politiche della decolonizzazione. Un tema forse lontano da noi ma che nei paesi del Maghreb è ancora fortemente sentito come lo shock delle origini, sul quale l’uomo moderno ha ancora molto da dire. Ha scritto i suoi libri, del quale il più famoso resta La statue de sel, per mantenere traccia dell’epopea dell’ebraismo della Tunisia, con uno sguardo pieno di affetto per quel paese, che non ha mai realmente lasciato (“on ne quitte rien ni personne complètement”). Vi racconta la storia di un giovane ebreo giunto a Parigi, disarmato davanti alla grande città europea e attraversato dalla solitudine della diversità. Una condizione umana, che con l’accelerazione delle migrazioni nell’era della globalizzazione è vissuta ormai da masse di persone. Il suo libro, prefato da Jean Paul Sartre, rappresenta l’archetipo di questa condizione. Nel Portrait d’un Juif, Memmi indica l’identità ebraica come non definibile con alcuno dei concetti che abbiamo a disposizione, né solo religione, né solo cultura, né solo appartenenza etnica, né solo tradizione, né solo prassi. Inventa così il termine di “ebraitudine”. Un neologismo entrato nei dizionari della lingua francese e concetto che ha generato quello di “negritudine”, a proposito del quale ebbe una corrispondenza con il cantore della negritudine, il presidente senegalese Leopold Senghor.Ho incontrato Albert Memmi a Essaouira Mogador (Marocco) il 17 marzo nel quadro di uno straordinario colloque islamo-ebraico dal titolo Migrations, identitè et modernitè au Maghreb (del quale si parla qui a lato) dove Albert Memmi era l’ospite d’onore. Malgrado i suoi novant’anni, ha sedotto l’uditorio con una raffinata analisi dei valori del nostro tempo e ha concluso affermando che, malgrado tutto, l’intellettuale ha ancora un grande ruolo nella società. Può ancora proporre la visione profetica di un Mediterraneo multiculturale, privo di razzismo e sentinella dei diritti dell’uomo. Liliana Picciotto http://www.mosaico-cem.it/
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