mercoledì 19 maggio 2010


La storia riparte da Essaouira. Il Maghreb, l’eredità post-coloniale, le sue identità multiple: musulmana, ebraica, cattolica.

Alle radici di una convivenza possibileSe è vero che i grandi eventi storici sono preceduti e generati da poderosi movimenti di idee, il Colloquio di Essaouira, meeting di importanza storica avvenuto in Marocco a marzo 2010, infonde davvero grande speranza. Il tema centrale del Colloquio è stato infatti lo studio delle migrazioni maghrebine nel corso della Storia, come metodo per definire le identità dei diversi gruppi etnici, ivi compresa quella ebraica, proprio studiandone le esperienze migratorie che li accomuna. E scoprire così le radici profonde di una convivenza nel reciproco rispetto (più ancora che nella mutua comprensione), nella prosperità sociale generata dalla convivenza pacifica di culture diverse. Quasi un’utopia? Potrebbe sembrare. Ma il Colloquio ha avuto un precedente nel 1978 (il tema era allora Identità e Dialogo), e si inserisce quindi in una tenace strategia di lungo periodo. La storia degli ebrei in Marocco è lunga. Vi si installarono quando Tito (“Delizia del genere umano”, sic!) annegò la distruzione del Secondo Tempio in un mare di sangue. L’espansione militare araba medioevale durò 110 anni, dall’Egira alla battaglia di Poitiers, tanto quanto durò la supremazia regalata agli arabi dalla tecnologia dell’acciaio, nata a Damasco, sui bizantini dell’Impero Romano d’Oriente, fermi ancora all’età del ferro. La vittoria di Carlo Martello a Poitiers, che fece sì che l’Europa moderna fosse giudaico-cristiana e non musulmana, fu dovuta proprio al conseguimento, anche a Toledo, della tecnologia dell’acciaio. In quei 110 anni di acciaio contro ferro, gli arabi arrivarono all’estremità occidentale del Maghreb (oggi Regno del Marocco) e sbarcarono nella Penisola Iberica. Nel territorio oggi marocchino trovarono ebrei installati da sei secoli e berberi che ne avevano assorbito la cultura, e stabilirono con loro una convivenza pacifica nel reciproco rispetto di identità, culture e culti, tanto che, quando varcarono lo Stretto di Gibilterra, furono accompagnati da migliaia di ebrei, commercianti, artigiani, intellettuali (medici, filosofi, matematici, astronomi), che contribuirono non poco al fiorire del mito andaluso nei successivi sette secoli. La cacciata del 1492 non fu solo degli ebrei, ma anche dei musulmani che non vollero abbracciare la fede cattolica. Esperienza migratoria traumatica, comune ai due popoli. Molti ebrei rimasero o tornarono in Marocco, tanto che oggi, sotto la illuminata politica della dinastia degli Hassan e dei Maometto, troviamo una fiorente comunità, anche se in progressiva diminuzione numerica. Le statistiche ci danno 300 mila ebrei in Marocco nel 1948, 200 mila nel 1955, 20 mila nel 1975 e solo cinquemila attualmente, ma con una vivace organizzazione: sinagoghe, kasherut, gruppi giovanili, tribunale rabbinico, scuole, casa di riposo, una Fondazione per il mantenimeto del patrimonio culturale ebraico marocchino, e perfino un museo ebraico a Casablanca. Ma qui viene il bello: la moderna emigrazione degli ebrei dal Marocco, per quanto imponente, non è traumatica, ma dovuta a motivi positivi, come l’Aliyà o la ricerca di migliori occasioni di lavoro (non solo in Israele, ma anche in Europa e in America). Ne è un esempio proprio Essaouira, che ha anche il suggestivo nome storico di Mogador, cittadina balneare ed importante porto commerciale sulla costa atlantica, non a caso sede del Colloque, dove fino agli anni Sessanta la maggioranza della popolazione era ebrea. Gli ebrei di Mogador erano commercianti, orefici, artigiani in genere, e condividevano gioiosamente alcune tradizioni con i concittadini musulmani, come la cerimonia della Mimouna, ben nota anche a molti sefarditi in Italia, consistente nel festeggiare insieme per la strada a motzè moed di Pessach, con canti e balli conviviali, la fine della schiavitù e la conquista della libertà.Un ebreo di Mogador, Andrè Azoulay, è oggi Consigliere del Re Maometto VI, nonchè presidente della Fondazione Anna Lindh per il Dialogo tra le culture, che ha sede ad Alessandria d’Egitto, presidente del Comitato Esecutivo della Fondazione per le tre culture e le tre religioni, che ha sede a Siviglia, e già vicepresidente del Gruppo Finanziario Paribas. Strenuo sostenitore del dialogo ebraico-musulmano, nel cui contesto ha concepito il Colloque di Essaouira-Mogador, Azoulay ne ha affidato l’organizzazione a due instancabili e appassionati ricercatori del Centro francese Jacques Berque per gli studi in Scienze Umane e Sociali di Rabat: Frederic Abecassis, ebreo, e Karima Direche, musulmana; con la collaborazione del Consiglio della Comunità marocchina all’Estero, di molti universitari marocchini, del Consiglio delle Comunità ebraiche marocchine, e di molte altre Istituzioni ebraiche e musulmane. Tra gli sponsor, anche la Fondazione CDEC di Milano. Posto sotto la presidenza onoraria di Albert Memmi, scrittore e pensatore ebreo di origione tunisina, amico di Jean-Paul Sartre e di Albert Camus, prestigiosa figura tra gli intellettuali francesi contemporanei, il Colloquio ha ospitato su invito più di ottanta studiosi, musulmani ed ebrei quasi in ugual numero, dal Maghreb, dal Medio Oriente, dall’Europa e dal Nord America, a presentare ricerche storiche scientificamente documentate, accessibili a tutti e che possano essere a tutti insegnate. Tra le tante ricerche quella sulla migrazione forzata di un gruppo di ebrei libici durante il fascismo, della storica Liliana Picciotto della Fondazione CDEC.Obbiettivo dichiarato del Colloquio è stata “la promozione di un passo verso la pace per mezzo del dialogo, la mutua comprensione, il rispetto delle identità religiose e nazionali, e la ricerca della verità storica”, in uno spirito di serenità che “beneficia del processo di transizione democratica in atto in Marocco da quasi due decenni, e di una rilettura della storia del Marocco contemporaneo. Alla ricerca di tutti gli aspetti della diversità culturale e umana tra le società del Maghreb”.Il Colloquio si è dato anche il fine di “aprire ad un nuovo approccio storiografico”. “Oggi, le acquisizioni e le prospettive della storia delle migrazioni ci permettono di porre la questione delle partenze massicce dell’epoca postcoloniale, ma anche quelle delle mobilità nel tempo delle colonie e della costruzione delle diverse identità in realtà locali o con la mediazione dell’esilio.”Non si è trattato dunque di “un incontro supplementare sulla storia del giudaismo maghrebino, né sulle relazioni tra maggioranze e minoranze; ma sulla storia delle migrazioni e di un Maghreb non amputato della sua memoria ebraica, che assuma pienamente le proprie storicità plurime, e che riconosca pienamente i propri ex-sudditi come depositari legittimi della propria memoria”, hanno sottolinetato i relatori. “Tutti gli intervenuti al Colloquio, accettando di parteciparvi, ne hanno ricusato anticipatamente l’utilizzo come tribuna politica partigiana, impegnandosi ad astenersi da qualsiasi spirito di provocazione, di messa sotto accusa diretta o indiretta, e a privilegiare in ogni caso l’espressione della risonanza rispetto a quella del risentimento.”La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e la Rivoluzione Francese furono generate dalle idee di Montesquieu; il Risorgimento Italiano fu preceduto da un plurisecolare spirito nazionale che pervade la letteratura italiana da Dante a Leopardi. Che oggi sia la volta buona anche per la plurisecolare identità del Mediterraneo? Che la cocciutaggine di alcuni studiosi maghrebini facesse finalmente breccia nel cuore incallito di qualche predicatore inneggiante alle cancellazioni di Stati e popoli dalla mappa del mondo? Forse sì. E allora la Storia potrebbe ricominciare proprio da qui, da Essaouira. Aurelio Ascoli, http://www.mosaico-cem.it/

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