domenica 9 maggio 2010


vignetta pubblicata dal settimanale egiziano Al-Ahram (29 aprile-5 maggio 2010): gli ebrei rappresentanti come mine vaganti, con la miccia accesa
Cinismo nucleare

C’è qualcosa di più di un tocco di schizofrenia nella politica dell’Egitto verso Israele. L’atteggiamento egiziano appare a volte positivo, ma l’Egitto rimane anche un focolaio di greve propaganda anti-israeliana e continua a partorire iniziative che non possono essere considerate altro che profondamente ostili.L’Egitto aspira al ruolo di corretto mediatore fra Israele e palestinesi. E in effetti questa settimana il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontrerà il presidente egiziano Hosni Mubarak. A quanto risulta, l’Egitto si è anche adoperato affinché la Lega Araba forzasse il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a uscire dalla sua intransigenza. Gli sforzi egiziani per fermare la massiccia corsa al riarmo della striscia di Gaza dominata da Hamas possono non essere ancora sufficienti, ma sono certamente aumentati dopo la campagna israeliana anti-Hamas del gennaio 2009. Lo stesso vale per i tentativi di limitare i traffici illegali di esseri umani dall’Africa attraverso il Sinai, anche se i metodi della polizia di frontiera egiziano risultano talvolta discutibili.Sul versante negativo, però, si registra la smaccata giudeo fobia, così tanto endemica in Egitto. A parte la famigerata circostanza che il “Mein Kampf” e i “Protocolli dei Savi di Sion” restano in Egitto tra i massimi best-seller, e che la stampa controllata dal governo continua a pubblicare nefaste calunnie antisemite e vignette in perfetto stile Der Sturmer, c’è anhe il fatto che le più ascoltate personalità egiziane lanciano spesso e volentieri feroci invettive contro Israele, per cui il clima dominante scoraggia pesantemente anche i contatti più costruttivi fra israeliani ed egiziani.La contraddittorietà intrinseca dell’atteggiamento egiziano è esemplificata dal recente incidente in cui il ministro degli esteri del Cairo, durante una visita ufficiale in Libano, ha etichettato Israele come stato “nemico”. Successivamente ha cercato di rimediare, sostenendo che intendeva riferirsi al come Beirut considera Israele.Questo sdoppiamento di personalità diplomatico è forse ancora più evidente nella incessante campagna egiziana volta a privare Israele di qualsivoglia forza nucleare si ritenga che sia in suo possesso. È un tema costante della politica egiziana. L’ultima mossa del Cairo è quella di cercare di costringere Israele a firmare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1970.I 189 paesi firmatari del Trattato si riuniranno ai primi di maggio nella sede dell’Onu, e l’Egitto farà la sua parte per cercare di spostare l’attenzione dei lavori dall’Iran su Israele. Anzi, l’Egitto minaccia apertamente di bloccare tutte le risoluzioni della Conferenza di Revisione del Trattato se non verrà preso di mira il presunto arsenale atomico israeliano. In effetti l’Egitto già fece naufragare la precedente conferenza del 2005.Il pericolo questa volta è che un numero sempre più alto di paesi, e tra loro anche paesi democratici magari in buona fede, si dimostrino disponibili a seguire l’Egitto su questa strada. L’attuale amministrazione americana è chiaramente assai più disponibile della precedente all’idea di rivitalizzare la vecchia retorica del “bando alla bomba” per un mondo “libero dal nucleare e dalle minacce”. Lo scorso autunno il presidente Usa Barack Obama ha presieduto con grandi fanfare la sessione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha rilanciato la visione del disarmo nucleare. Inoltre, esiste una marcata inclinazione in occidente a sfogare la frustrazione, generata dall’Iran, puntando i riflettori contro Israele. L’Egitto sfrutta cinicamente questa propensione e si è già assicurato molti co-promotori per la sua risoluzione.A prima vita l’Egitto può accampare la pretesa di un’equivalenza morale. Ma è una pretesa fraudolenta. Sia l’Egitto sia i suoi co-sponsor sanno benissimo che Israele è una democrazia moderata come tutte le altre. Se Israele ha davvero la bomba, vuol dire che ce l’ha da cinquant’anni: quasi altrettanto delle potenze del “club atomico” originario. In tutto questo tempo, coerentemente con l’impegno formale a non essere il primo a introdurre l’utilizzo delle armi nucleari in Medio Oriente, Israele non ne ha fatto nessun uso iniquo né illegittimo. L’Iran, per contro, è dimetricamente l’opposto di Israele: un regime che professa una teologia islamista millenarista estremista, le cui parole d’ordine sono instabilità e imprevedibilità. Non c’è nessuna equivalenza fra una democrazia che esercita il proprio diritto all’autodifesa e una tirannide aggressiva ed espansionista.Il piano dell’Egitto è quello di esigere un Medio Oriente “nuclear-free” in base alla Risoluzione di Revisione del Trattato del 1995 volta a creare una zona regionale “libera da armi di distruzione di massa”. Ma è quasi vergognoso ignorare la varietà delle armi di distruzione di massa e concentrare tutto sull’unica democrazia di tutto il Medio Oriente, assediata e minacciata. Il risultato è che il democratico Israele potrebbe essere sottoposto a fortissime pressioni, mentre il dispotico Iran potrebbe farla franca con un flagrante ostruzionismo. I moderati verranno disarmati mentre l’aggressore fuori da ogni controllo si ritroverà armato fino ai denti. È questo che vuole ottenere l’Egitto? Vuole indebolire Israele? Vuole accendere nuove tensioni fra Gerusalemme e Washington? Quali che siano gli obiettivi dell’Egitto, non si tratta certo di mosse amichevoli.L’ironia della cosa sta nel fatto che l’Egitto sa benissimo che gli ayatollah di Teheran non minacciano soltanto Israele. La loro incendiaria versione dell’islam prende di mira innanzitutto i cosiddetti arabi moderati, Egitto in testa. L’Egitto farebbe meglio a comportarsi come una forza di pace e stabilità, e non una forza che acuisce attriti e contrasti.(Da: Jerusalem Post, 28.4.10)http://www.israele.net/

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