martedì 22 giugno 2010


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Al parco di Brooklyn la pace corre sull'iPod

Sopravvissuti alle persecuzioni naziste, fuggiti ai pogrom zaristi e sovietici, con l’iPod in tasca, la borsa della spesa lungo la Tredicesima Avenue di Boro Park e la mente costantemente impegnata a riflettere sulla «Daf Yomi», la diversa pagina di Talmud che si studia ogni giorno dell’anno: sono i chassidim di New York, concentrati a Brooklyn ma presenti anche negli altri quattro «borough» della Grande Mela dando vita a una comunità composita e numerosa al punto da gareggiare con quella residente in Israele.I chassidim di New York sono anzitutto dei sopravvissuti. L’arrivo dei primi gruppi risale al 1881 quando dopo la morte dello zar Alessandro I i cosacchi imperiali mettono a ferro e fuoco gli shtetl narrati da Sholem Aleichem ma è la Seconda Guerra Mondiale a innescare la moltiplicazione di massa. Dall’Ungheria sotto il tallone nazista dove Adolf Eichmann coordina lo sterminio di oltre 500 mila ebrei nel 1944 riesce miracolosamente a fuggire Yoel Teitelbaum, il Grande Rebbe dei Satmar, che sbarca a Williamsburg, trova casa a Bedford Avenue e salva la setta ortodossa dalla scomparsa. Oggi i Satmar che vivono a ridosso dell’East River sono oltre 130 mila e Yossi Garelik, che invece è un chassid di Lubavitch originario della Russia, ama ripetere: «Se Hitler fosse vivo vorrei portarlo a fare un giro in auto da queste parti». Anche i Lubavitch sono dei sopravvissuti, ma dalle persecuzioni in Unione Sovietica. Josef Stalin li riteneva una fastidiosa presenza, li obbligava a chiudere le sinagoghe e a violare lo Shabbat. A migliaia furono uccisi, arrestati o deportati in Siberia. Da qui la scelta di fuggire, da soli o a gruppi come riuscì a un intero treno di chassidim Lubavitch nel 1946 arrivando in Polonia con documenti che li descrivevano come «profughi sulla via del ritorno». Nessuno di loro parlava polacco, fecero l’intero viaggio senza aprire bocca e se riuscirono a mettersi in salvo fu per l’abilità del chassid Leibel Motchkin nel corrompere i doganieri e falsificare le carte di identità. La polizia segreta sovietica lo braccò per anni, riuscendo a catturarlo nel Caucaso e deportandolo in Siberia da dove, liberato dopo oltre 20 anni, arrivò a Crown Heights, Brooklyn, trovando ad accoglierlo il Grande Rebbe Menachem Mendel Schneerson che gli disse di contare d’ora in avanti la sua età scalando gli anni della prigionia.Il ricordo dello scampato pericolo è costante, immanente, in una comunità ortodossa di oltre mezzo milione di anime che è diversa in tutto: ogni setta di chassidim ha abiti, usanze, dialetti, cibi e rabbini diversi per non parlare delle interpretazioni religiose o le posizioni politiche, anche sull’esistenza di Israele. Le differenze sono non solo fra sefarditi (originari dei Paesi arabi e del Mediterraneo) e ashkenaziti (originari dell’Europa dell’Est e della Germania) ma all’interno dei gruppi e sottogruppi che li compongono. Gli stessi contrasti che in Israele fanno scaturire interminabili liti politico-religiose su leggi e identità dello Stato ebraico si dissolvono sulla Tredicesima Avenue di Boro Park dove i chassidim convivono in negozi che vendono parrucche per donne osservanti, supermercati con cibi rigorosamente «glatt kosher» e librerie con i volumi firmati da saggi contemporanei come Moshe Feinstein e Adin Steinsaltz. Ciò che tiene assieme il mosaico ortodosso della Grande Mela è l’integrazione nella «Goldene Medine», la terra d’oro come alla fine dell’Ottocento gli askenaziti arrivati da Russia e Polonia definivano l’America.Un’integrazione descritta da una miriade di fatti quotidiani: dagli show de «Le Cirque du Soleil» organizzati apposta per la festa ebraica di Purim ai film come «Ushpizin» programmati nei cinema di Manhattan, dalle linee di autobus con gli orari immaginati per non sovrapporsi con quelli delle preghiere del mattino e della sera fino all’application «Siddur» creata da un’azienda chassid di Monsey e offerta dalla Apple per consentire a ogni osservante di poter pregare sull’iPod. di Maurizio Molinari, La Stampa 20 giugno 2010

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