martedì 22 giugno 2010


Cuneo

Noi, ebrei sull'altra frontiera

Credo non siano molti i luoghi in Italia dove la percezione della condizione ebraica risulti chiara come a Cuneo. Nel corso dei secoli ebraicità e cuneesità sono state due categorie in qualche modo assimilabili: due modi di rappresentare una diversità identitaria. Una condizione di marginalità da manuale, una identità di confine o come si usa dire “di frontiera” che, ovviamente, non è la stessa di Trieste. Come i bergamaschi per la Serenissima, i cuneesi per i Savoia sono stati una realtà spesso raffigurata in termini caricaturali. Deformazioni, stereotipi, luoghi comuni su vizi e le manie autolesionistiche dei cuneesi sono andate ad arricchire un armadio del pregiudizio che presenta non pochi collegamenti con il repertorio anti-ebraico.Un censimento voluto dai francesi, l’8 dicembre 1806, assegnava a Cuneo il primato della comunità più densamente abitata nel basso Piemonte: 215 persone contro 202 a Fossano, 159 a Savigliano, 140 a Saluzzo, 85 a Mondovì. La curva demografica sale nonostante la Restaurazione e il ritorno delle “Regie Patenti” (301 sono le persone censite nel 1835). Le conseguenze del processo di industrializzazione e il fenomeno dell’inurbamento invertiranno i dati. Il famigerato censimento voluto da Mussolini nel 1938 registra a Cuneo 182 persone.Le origini dell’insediamento non sono diverse da quelle di altri centri piemontesi, oggi al centro di un rinnovato interesse storiografico. Le ricerche condotte negli anni passati da Giovanni Cerutti confermano quello che risulta dalle analoghe ricerche di Renata Segre, o, nello specifico di Cherasco, da Bruno Taricco o Pier Giorgio Comino per Mondovì. E’ notevole il rapporto privilegiato con la Francia, testimoniato dai cognomi delle famiglie cuneesi. Nell’Ottocento alle memorie degli antenati protagonisti di una immigrazione provenzale si associa il dato oggettivo della libertà arrivata insieme a Napoleone, che portava con sé, come scrisse Carducci, “il vessillo della equalitade”. A Cuneo le memorie delle restrizioni, della reclusione e della persecuzione è attestata dagli scritti di rabbini illustri come Lelio della Torre o Arnaldo Momigliano, ma non vorrei che andasse dimenticata la figura di Carolina Invernizio, nata non lontano dalla Contrada dove sorge la piccola sinagoga cuneese, autrice di un libro che andrebbe riletto, non solo a Cuneo e non solo dagli ebrei, L’orfana del ghetto.Ebraismo e cuneesità devono questa tacita solidarietà di esclusi e derisi alla storia, al loro passato di emarginazioni. Il frutto migliore di questa umana “simpatia” fra oppressi avrà il suo apice nei mesi della clandestinità, nel 1943-1945, quando verso perseguitati ebrei giunti nelle vallate del cuneese da mezza Europa, si moltiplicano episodi di commovente solidarietà.Sono riflessioni che inducono a formulare un’ipotesi un po’ folle. Essere ebrei ed essere di Cuneo è come dire la stessa cosa. Barzellette spietate e crudeli vignette satiriche hanno avuto come bersaglio cuneesi ed ebrei. In questa città è ben chiaro a tutti i cittadini che cosa voglia dire essere bersaglio di una propaganda ostile oppure remare controcorrente facendo parte di una minoranza guardata con diffidenza. Viceversa per un ebreo di Cuneo, come chi scrive, gli sberleffi acrimoniosi di Totò che “ha fatto il militare a Cuneo” (o di Togliatti che derideva il conformismo cattolico dei coltivatori diretti di questo angolo di Piemonte) così come le barzellette sul gozzo hanno sempre procurato fastidio e noia. Quando si è costretti ad ascoltarle, si ride a denti stretti e si pensa ad altre caricature, ad altre barzellette che non fanno per nulla ridere.Esiste sempre una solidarietà fra vittime del pregiudizio, che induce comunque il deriso a recare testimonianza, con dignità e orgoglio, della propria appartenenza, senza cedimenti o apostasie. Si è ripetuto fino alla noia che essere ebrei è cosa difficile. Essere ebrei di Cuneo potrebbe essere una condizione doppiamente difficile, una condizione di diversità moltiplicata per due. In certi momenti della storia d’Italia, può darsi sia stato così. Ma non sempre “essere ebrei di Cuneo” ha voluto significare l’esistenza di una doppia diversità. Qui si dimostra un curioso paradosso. Le radici del pregiudizio, sommandosi, possono annullarsi in una tacita forma di reciproca comprensione. Gli ebrei, a Cuneo, sono notoriamente di poche parole. E’ una delle virtù del luogo che abbiamo meglio appreso. E’ dunque bene che mi fermi qui, limitandomi a ricordare che nella lotta contro il razzismo di cui tanto si parla, ebrei e cuneesi potranno insegnare, in un luogo d’incontro come questo che oggi s’inaugura, una elementare, matematica regola di pacifica coabitazione. Diversità più diversità uguale uguaglianza.Alberto Cavaglion http://www.moked.it/

2 commenti:

Anonimo ha detto...

molto bello!!!

Chicca Scarabello ha detto...

Grazie del commento. I suggerimenti o le approvazioni dei lettori mi aiutano a fare sempre meglio Chicca