lunedì 21 giugno 2010


I due attori, a sinistra della fila, si tengono per mano a Cannes

Punizione per l'attore egiziano La colpa? Un abbraccio all'israeliana

Aperta un’inchiesta dopo la «passerella» a Cannes
Nabawy rischia la sospensione. «Non doveva farlo»
GERUSALEMME — Galeotto fu l’abbraccio. «Khaled, guarda qui!». Flash. «Liraz, vòltati!». Raffica di scatti. Un mese fa, un po’ imbarazzati, i due sorridevano sulla Croisette. Lui impomatato e incravattato. Lei coi capelli sciolti sulle spalle scoperte. Lui egiziano: attore impegnato nella politica e dai contratti con la tv di Stato. Lei israeliana: attrice trasferita a Hollywood e con un breve passato di cantante. Khaled al-Nabawy e Liraz Charhi si godevano il loro minuto di red carpet, a Cannes. Due belle particine di fratello e sorella in Fair Game, l’ultimo film con Sean Penn e Naomi Watts, storia di Spy&Iraq. «Abbracciatevi!», aveva gridato alla fine un paparazzo: e loro s’erano abbracciati. Senza pensarci troppo. Senza immaginare che quella foto, rimbalzata su tutti i siti mediorientali, pubblicata su tutti i giornali arabi, avrebbe scatenato l’ira. E sarebbe costata il posto.GELO AL CAIRO - Secondo copione, a rimetterci è stato il povero Nabawy. Che è tornato al Cairo, dove vive, e s’è trovato circondato dal gelo. I contratti rivisti. Qualche telefono muto. «Mi hanno messo sotto processo», s’è sfogato col suo agente. Letteralmente: il Sindacato attori egiziani, potente corporazione governativa, ha aperto un’inchiesta su quel film e su quell’abbraccio. Accusa: «Normalizzazione dei rapporti con Israele», attività ancora punibile nonostante trent’anni di pace firmata fra i due Paesi. Nabawy sarà interrogato nei prossimi giorni dal leader del sindacato, Ashraf Zaki: «Gli chiederò se sapeva, prima di firmare per la parte, che la Charhi era una cittadina americana d’origine israeliana e che aveva prestato due anni di servizio nell’esercito sionista». Nel caso la risposta non soddisfi la commissione interna, l’attore riceverà una lunga sospensione. E a 39 anni — nel mezzo d’una carriera che l’ha fatto recitare con Ridley Scott, girare film sulla repressione in Libano, ricevere premi panafricani —, per lavorare (e per un bel po’) dovrà cambiare aria. LA PASSERELLA CONTESTATA - Cose d’Egitto. Dov’è normale che le associazioni d’artisti decidano che cosa va bene. Qualche settimana fa, l’Unione dei musicisti ha ottenuto che «l’ateo e omosessuale» Elton John cancellasse la data del suo concerto. Ancora più delicato, se si parla d’Israele. In un Paese dove il ministro della Cultura minacciò di bruciare i libri in ebraico; dove la settimana scorsa è stato negato il visto al rettore dell’università di Haifa, ospite d’un congresso accademico, in risposta alla porta sbattuta in faccia dagl’israeliani a Noam Chomsky; dove una sentenza della Corte suprema cairota ha tolto la cittadinanza agli egiziani che sposino israeliani. La passerella di Cannes, no, non poteva passare: «Sono sicura che la foto non c’entra nulla», dice Liraz, 32 anni, discendenze iraniane: «Nabawy sapeva già che avrebbe pagato il prezzo per questa nostra collaborazione sullo schermo... ». E come fa a dirlo? «Perché Doug Liman, il regista, per quel ruolo aveva già ingaggiato un altro attore egiziano, prima di Nabawy. Ma poi erano arrivate minacce e quest’attore, saputo che nel cast c’ero io, s’era dovuto ritirare: disse che altrimenti avrebbe smesso di lavorare in tutto il mondo arabo. A quel punto, ero sicura che a rimetterci sarei stata io, che m’avrebbero lasciata a casa. E invece è arrivato Nabawy: un attore vero, un uomo, un professionista che veniva sul set solo per fare il suo mestiere». SCIOCCATA - Liraz è scioccata: «Lavorare insieme non è sembrato strano a nessuno dei due. E a Cannes, quando ci hanno fatti sedere vicini, non ci abbiamo fatto gran caso. Khaled non ha detto nulla nemmeno quando ci han fatto quelle foto. Io lo sapevo che qualcuno si sarebbe arrabbiato. Ma credevo che, vedendoci insieme, passasse anche un altro tipo di messaggio. Non potevo immaginare una simile ostilità. E che l’avrebbero addirittura messo alla porta». C’è un film di qualche anno fa, La Banda: la storia di un’orchestrina della polizia egiziana che arriva in Israele per suonare e invece finisce dimenticata, da qualche parte, in un angolo di deserto nel Negev... In questi giorni, Liraz ha provato a cercare Khaled, senza trovarlo: «Mi spiace. Sognavamo un’altra musica». Francesco Battistini 17 giugno 2010, http://www.corriere.it/

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