domenica 5 settembre 2010


Quei giovani israeliani e palestinesi senza sogni

Vivono in una bolla i giovani israeliani e quelli palestinesi mentre Washington ha tenuto a battesimo l'inizio del nuovo processo di pace in Medio Oriente con l'incontro fra il segretario di stato Usa Hillary Clinton, il premier israeliano Beniamin Netanyahu e il presidente dell'autorità nazionale palestinese Abu Mazen.È un inizio, l'ennesimo. Ma i trentenni parlano d'altro. Il settimanale Time dedica l'ultima copertina a Why Israel doesn't care about peace. È «una bolla», come la chiamano in Israele. «I giovani non credono più che le cose possano cambiare - dice lo scrittore Ron Leshem, 33 anni, autore di Tredici soldati -. Sono stanchi di guerra e politica. Avendo perso la speranza nel futuro, l'unica cosa che resta è vivere alla giornata». Leshem, che ha dato voce alle contraddizioni nella narrativa israeliana, racconta che i suoi coetanei si sono chiusi nell'individualismo: «Le nuove generazioni sono ossessionate dal presente e il presente si riduce a sesso e alcolici».Sul fronte palestinese tanta disillusione verso i politici, soprattutto i propri, e la ricerca di impegno civile diverso, tra web e gruppi di pressione: «I palestinesi, giovani compresi, non pensano alla pace», dice Najwan Darwish, uno dei poeti più interessanti della giovane generazione palestinese.A parlare con i ragazzi tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania, si capisce che il loro rapporto con il futuro ha il sapore di una parola ebraica che risuona nelle conversazioni in arabo. Machsom, cioè check point, e ciò che ne consegue: barriera, fila, perquisizione, controllo documenti. Vecchi incubi, di cui i giovani, per pudore, non parlano. Sono le madri a farlo. Loro vorrebbero una politica normale, uno stato, un paese, per questo parlano di accordi e pace, ma temono che i leader che li guidano non rappresentino la società.4 settembre 2010 http://www.ilsole24ore.com/

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