lunedì 20 settembre 2010
Rav Sacks
“Il segreto della felicità? Mai restare fermi ed imparare ad ascoltarsi”
Intervista a Rav SacksÈ una delle figure più carismatiche dell’ebraismo mondiale. Le Lettere per la prossima generazione che il Bollettino ha deciso di regalare per l’anno nuovo, sono un messaggio di rav Sacks agli ebrei del mondo, perché agiscano in modo che la loro vita sia più ricca e densa di significato. Ma anche un vademecum ebraico per star bene con se stessi ed essere aperti al cambiamento "Rashì scriveva: ‘I principali discendenti dei giusti sono le loro buone azioni’. Ogni buona azione è come un figlio”. Con queste parole il Rabbino Capo della United Hebrew Congregations of the Commonwealth, Lord del Regno Unito, Jonathan Sacks, una delle figure più spiritualmente carismatiche del mondo ebraico internazionale, apre il suo messaggio agli ebrei per il giorno di Yom Kippur, e che i lettori del Bollettino troveranno allegato a questo numero. Lettera alla prossima generazione è infatti una lezione e un appello perché l’anno nuovo si apra con un impegno a rendere la propria vita più consapevole, ricca e felice nel seno della tradizione ebraica. Perché, come scrive rav Sacks: “L’unica, la principale lezione di Kippur è che non è mai troppo tardi per cambiare”. Che cosa l’ha spinta a scrivere queste lettere? E perché proprio in occasione di Yom Kippur? Ultimamente siamo passati attraverso diverse crisi, e in particolare quella finanziaria. C’è un detto americano che dice “Mai sprecare una crisi”: di questo ho sempre sentito molto intensamente la forza. La domanda che dovremmo porci quando attraversiamo una difficoltà non è “Quando finirà?, ma “Che cosa posso imparare da tutto questo?”. Credo che la crisi economico-finanziaria debba portarci a riconsiderare se oggi i valori materiali sono le uniche cose che ci fanno sentire felici. Ho voluto cogliere questa opportunità per enfatizzare i valori spirituali: la fonte reale della felicità che dura e che ci fa credere che valga la pena vivere. Volevo soprattutto parlare agli ebrei che non sempre vedono quanto l’ebraismo sia importante nelle loro vite. Per questo ho scritto le lettere da distribuire alle persone proprio a Yom Kippur, il giorno in cui anche gli ebrei più isolati vanno in sinagoga e sono aperti a una genuina riflessione su quello che davvero importa nella vita.Nelle sue lettere, lei parla dell’ebraismo e dei suoi valori: che cosa è importante insegnare oggi alle giovani generazioni?Che l’agiatezza materiale non è quello per cui vale la pena vivere. Che noi siamo grandi come i nostri ideali. Che il bene che facciamo è più importante dei soldi che guadagniamo. Che ringraziare Dio per quello che abbiamo è una fonte di felicità maggiore del preoccuparsi di quello che non abbiamo ancora. La nostra società dei consumi ha preso una direzione sbagliata. Con la tecnologia possiamo fare cose che le generazioni precedenti non potevano neanche immaginare, ma moralmente e psicologicamente abbiamo dimenticato le cose che le generazioni precedenti davano per scontate: come far funzionare un matrimonio, ad esempio, o come arrivare alla “ragion d’essere”. Ebraismo significa prendere la vita nelle due mani e benedirla.Nelle sue lettere, lei parla anche della crisi economica. Qual è oggi il pericolo maggiore per l’ebraismo e i suoi valori?Il pericolo più grande è guardare in modo ossessivo i dettagli mentre si perde la visione più ampia del quadro. I dettagli sono importanti, ma lo è anche l’immagine nella sua interezza. Essere un ebreo significa essere l’ambasciatore di Dio in terra: una grandissima sfida. Gli ebrei hanno dato un contributo enorme alla civiltà umana e a ogni società di cui gli è stato permesso di fare parte. Dio ci chiede grandi cose, e facendo così ci incoraggia a essere grandi. Non sento però sempre parlare della grandezza dell’ebraismo; al contrario, purtroppo, quello che leggo e di cui sento parlare è più spesso il lato “piccolo” della vita ebraica. Non dovrebbe essere così. Educazione, famiglia e identità ebraiche: tre temi che spesso emergono nei suoi scritti. Com’è possibile preservarli?L’educazione ebraica crea un coinvolgimento che dura tutta la vita. Nell’ebraismo britannico, negli ultimi 15 anni, abbiamo inserito nelle scuole più giorni dedicati all’ebraismo e rafforzato l’educazione degli adulti ebrei più di quanto non sia stato fatto in nessun altro periodo della nostra storia di oltre 350 anni. Quando c’è una famiglia, un supporto importante è lo Shabbat. Le famiglie hanno bisogno che le si dedichi del tempo, e questo è quello che fa lo Shabbat. Per quanto riguarda l’identità ebraica, il percorso più semplice che posso suggerire è di vedere noi stessi come ambasciatori di Dio. Gli ambasciatori non si assimilano mai. Come giudica il fenomeno dell’assimilazione in Gran Bretagna e in generale in Europa?Si sta erodendo il “gruppo centrale” degli ebrei: molti stanno diventando meno religiosi, mentre molti altri stanno diventando più religiosi. La verità è che tutti abbiamo bisogno di diventare più ebrei, se vogliamo che le generazioni a venire non spariscano dalla storia ebraica.Oggigiorno antisemitismo e antisionismo spesso vanno insieme: a suo avviso, quale dovrebbe essere il giusto comportamento degli ebrei per affrontare questi atteggiamenti?L’affermazione più semplice e allo stesso tempo rilevante è quella famosa di Rabbi Nachman di Bratislava: “Il mondo intero è un ponte stretto, e la cosa più importante è non avere mai paura”. Lo scopo degli antisemiti e degli antisionisti è di intimidire, e noi non dobbiamo mai concedere loro questa vittoria.Uno sguardo alla sua infanzia: come vivevate l’ebraismo in casa? Ha ricordi particolari di quel periodo?La nostra era una famiglia ebraica tradizionalista, ma i miei genitori non ebbero mai l’occasione di ricevere una vera educazione ebraica. Non sapevano molto dell’ebraismo, ma allo stesso tempo lo amavano, ed è proprio questo aspetto ad essere stato per me davvero determinante.Che cosa è stato decisivo nella sua vita per farla diventare la persona che è oggi?Quando ero all’università a Cambridge nel 1968 feci un viaggio negli Stati Uniti, dove conobbi il Rebbe Lubavitch Rabbi Menachem Mendel Schneersohn e Rabbi Joseph Soloveitchik, sia benedetta la loro memoria. Erano entrambi dei giganti dello spirito e mi fecero un’enorme impressione. Penso che questi due incontri siano stati davvero i più importanti della mia vita. Il Decalogo della felicitàLa ricetta ebraica per vivere bene1. Ringraziate. Una volta al giorno, all’inizio delle preghiere del mattino, ringraziate Dio per tutto ciò che vi ha dato. Questo, da solo, già vi porterà a metà strada per la felicità.2. Lodate. Trovate qualcuno che sta agendo nel modo giusto e diteglielo. Ricevere delle lodi e dei complimenti può dare più forza di ogni altra cosa. Alenu leshabeach significa “Sta a noi lodare”3. Trascorrete un po’ di tempo con la vostra famiglia. I matrimoni e le famiglie felici hanno bisogno che venga dedicato loro del tempo: lo Shabbat.4. Scoprite il significato. Datevi un po’ di tempo, ogni tanto, per farvi le domande di Yom Kippur: “Perché sono qui? Che cosa spero di ottenere? Come posso utilizzare al meglio le mie capacità?” Se non sappiamo dove vogliamo essere, non ci arriveremo mai.5. Vivete i vostri valori. Molti di noi credono in alti ideali, ma agiscono seguendoli soltanto occasionalmente. Ecco che cosa sono le mitzvot: ideali in azione, costantemente attuati.6. Perdonate. La vita è troppo breve per serbare rancore o cercare la vendetta. Perdonare qualcuno fa bene a lui, ma fa ancora meglio a voi. 7. Continuate a crescere. Non rimanete fermi, specialmente nella vita spirituale. Il modo ebraico di cambiare il mondo è iniziare da noi stessi.8. Imparate ad ascoltare. Ascoltare è uno dei doni più grandi che possiamo fare al prossimo. La parola chiave dell’ebraismo è Shemà, che significa semplicemente “Ascolta”.9. Create momenti di silenzio nell’anima. Liberatevi, anche soltanto cinque minuti al giorno, della tirannia della tecnologia. Dio è in ogni respiro che facciamo. Inspirate l’inebriante aria dell’esistenza, e sentite la gioia di essere.10. Trasformate la sofferenza. Quando vi accadono cose negative, usatele per sensibilizzarvi al dolore degli altri. Ilaria Myr ,http://www.mosaico-cem.it/
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