domenica 10 ottobre 2010


giorno Indipendenza
Un mese per salvare i negoziati

Nessuno è pronto ai sacrifici necessari per raggiungere la pace né ad assumersi la responsabilità di interrompere la trattativa. Ma naturalmente sono tutti convinti di parlare a nome della pace. Così ieri anche la Lega Araba ha deciso di non raccomandare ai palestinesi di restare né di abbandonare il negoziato ma di rinviare la decisione. Gli americani hanno un mese di tempo per convincere Israele ad estendere la moratoria sulle colonie. Nel frattempo la trattativa può continuare, sia pure indiretta.«Ci incontreremo di nuovo», diceva ieri sera Amr Moussa, il segretario generale della Lega, i cui ministri degli Esteri si sono riuniti a Sirte, in Libia. «Dobbiamo formulare nuove alternative, tenendo conto che i negoziati non stanno portando frutti». Peggio: la posizione israeliana, secondo Moussa, è «molto, molto negativa». Ciononostante, i venti ministri arabi hanno discusso tutto il giorno senza prendere una decisione finale. In serata, dopo aver ascoltato Abu Mazen, il presidente palestinese, hanno ribadito la loro posizione di partenza: si decide fra un mese.Questo supremo gesto di moderazione per un organismo collettivo arabo abituato a dividersi e minacciare è il frutto delle pressioni di sauditi ed egiziani: il fronte moderato assieme ai giordani. Sono stati loro a riferire agli altri le promesse e gli impegni di Barack Obama riguardo al processo di pace fra israeliani, palestinesi e arabi. Non hanno mai avuto un presidente americano così disponibile ad ascoltare la loro voce: vale la pena dargli fiducia ancora per qualche tempo.Cresce la convinzione che presto Bibi Netanyahu dirà si agli americani. Solo qualche giorno ancora per convincere la maggioranza del suo governo molto più a destra di lui e ostile a porre fine all'impresa delle colonie. L'amministrazione Obama ha offerto agli israeliani un pacchetto di "incentivi" al quale è difficile dire di no, per spingerli a proclamare un altro congelamento nella costruzione di insediamenti nei territori occupati palestinesi: due o tre mesi, non di più. I negoziatori americani, tuttavia, fanno capire ai palestinesi, agli arabi e al resto del mondo interessato alla vicenda che passati i due mesi il blocco delle colonie sarà riproposto: per loro è ormai un dato di fatto, un punto fisso e insostituibile del negoziato di pace. Probabilmente il governo israeliano ha idee e progetti diversi.Se tutto andasse male Abu Mazen ha già deciso cosa fare: lo ha detto qualche giorno fa a George Mitchell, il negoziatore di Obama. Il presidente palestinese darà le dimissioni, nessuno accetterà di rimpiazzarlo né verranno proclamate nuove elezioni che potrebbe vincere Hamas. L'Autorità palestinese semplicemente si dissolverebbe, costringendo gli israeliani a prendere in carico l'amministrazione dei due milioni e mezzo di palestinesi della Cisgiordania. È una specie di prova generale: non dei due stati per i due popoli promessi alla fine del processo di pace, ma di uno stato solo per israeliani e palestinesi: nel quale i primi governano ma la demografia dei secondi costringerà Israele ad essere uno stato binazionale e democratico o solo ebraico ma illiberale. 09 ottobre 2010 http://www.ilsole24ore.com/

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