sabato 16 ottobre 2010


Tel Aviv - museo dell'Haganà

Siamo privilegiati?

Qualche giorno fa Alberto Cavaglion ha sollevato un problema interessante per chi gravita intorno al mondo della scuola: le festività ebraiche o di altre religioni entrano nel computo dei 52 giorni (25%) di assenza superati i quali un allievo non può essere promosso? La domanda è stata posta all’ultimo collegio docenti nella scuola dove insegno (un liceo pubblico frequentato da un certo numero di ragazzi ebrei), e la risposta della Presidenza è stata netta: le festività ebraiche, in quanto riconosciute dalle Intese, a rigor di logica non devono neppure essere giustificate, e quindi non sono da contare. Quindi tecnicamente la questione è chiara. Tuttavia questa risposta ha sollevato qualche borbottio.Fermo restando che il principio è indiscutibile, e Cavaglion ha quindi perfettamente ragione, mi domando se sia opportuno per i ragazzi ebrei e per le loro famiglie insistere su questo diritto: in fondo cinquanta giorni sono già moltissimi, considerando che escono dal computo le assenze prolungate per malattia e la partecipazione ad attività culturali o sportive di particolare rilevanza. In pratica rimangono scoperti i giorni di malattia isolati, la partecipazione a manifestazioni studentesche e quelle che noi insegnanti chiamiamo “assenza strategiche” per evitare verifiche o interrogazioni. Considerando che dal punto di vista di un insegnante le assenze creano comunque qualche problema organizzativo e che per un allievo è difficile accettare che un compagno abbia diritto a stare assente di più, credo che tutto sommato sarebbe opportuno che i ragazzi ebrei evitassero di sollevare per primi il problema se non si pone e cercassero di limitare le “assenze strategiche” in modo da stare nei cinquanta giorni. In fin dei conti i giorni di moed non potrebbero essere più di 13 in tutto l’anno, e di solito sono molti meno (togliendo sabati, domeniche e giorni festivi per tutti). Se i ragazzi ebrei mostrano a compagni e insegnanti che sono disposti magari a venire a scuola poco preparati un giorno di più e prendersi il loro votaccio pur di poter stare a casa durante una festa, sarebbe una bella dimostrazione di coerenza e si diminuirebbe lo sgradevole pregiudizio per cui siamo quelli che pretendono sempre privilegi.Sentendo i commenti alla fine del collegio docenti ho notato un fatto curioso: i colleghi che avevano borbottato non avevano mai avuto allievi ebrei, o li avevano da pochi giorni, mentre chi ne aveva avuti e ne aveva (anche molto osservanti) dichiarava di non avere mai incontrato particolari problemi di assenteismo. Un piccolo esempio di come il comportamento responsabile degli ebrei in carne ed ossa possa contribuire a sconfiggere i pregiudizi di chi li conosce per sentito dire.Anna Segre, insegnante, moked.it

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