Il dialogo e i sentimenti della gente
giovedì 13 gennaio 2011
Gerusalemme - città vecchi
Il dialogo e i sentimenti della gente
Nel numero di dicembre di Pagine ebraiche, Andrea Yaakov Lattes formula alcune interessanti osservazioni riguardo allo stato dei rapporti tra ebrei e Chiesa Cattolica e alle prospettive del cosiddetto “dialogo ebraico-crstiano”. Dopo avere ricordato alcune posizioni, pesantemente critiche nei confronti degli ebrei, pronunciate, in contesti ufficiali, negli ultimi tempi, da alte autorità ecclesiastiche – compreso il Sommo Pontefice – Lattes segnala, in particolare, le parole del patriarca copto Antonios Naguib, in occasione del recente Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, riguardo all’ineluttabilità del carattere missionario del cristianesimo (“essere cristiano vuol dire essere missionario. Non si è cristiani se non si è missionari”), prendendo atto di come esse segnino il definitivo affossamento di decenni di dialogo ebraico-cristiano, perché, “se lo scopo della Chiesa è la ‘missione’, allora non c’è posto per il ‘dialogo’”.“Di conseguenza – continua Lattes – viene posto un punto interrogativo sull’esistenza e la funzione di tutte le associazioni di amicizia e dialogo ebraico-cristano”, operanti a livello tanto nazionale (SIDIC, SAE, Dialoghi di Camaldoli ecc.) quanto internazionale (International Council of Christians and Jews ecc.), le quali non avrebbero più nessuna ragione di esistere, “a meno che il loro scopo occulto non sia appunto quello di evangelizzare i ‘perfidi giudei’”.Le considerazioni di Lattes mettono, per così dire, il dito nella piaga, nel momento che evidenziano quello che è un evidente, pesante arretramento della Chiesa Cattolica, a tutti i livelli, rispetto alle conquiste che sembravano raggiunte, col Concilio Vaticano II e nei tre decenni successivi, sul piano del rispetto delle altre fedi, dell’assunzione del principio della libertà di coscienza e di pensiero, dell’accettazione della differenza, dell’amicizia nella diversità, e, infine, del dialogo interreligioso. È purtroppo vero che, di tutte queste conquiste, resta ormai davvero ben poco, come è vero che, se un dialogo ebraico-cristiano ancora esiste, non si capisce bene a cosa esso, nelle intenzioni della Chiesa, possa servire. Che, però, le associazioni di amicizia, nel loro insieme, siano ormai diventate inutili, pare un’esagerazione polemica. Tali organismi, infatti, danno voce, in vario modo, a sentimenti comunque molto diffusi nella base dei fedeli cattolici, la quale, riguardo alla vocazione ‘missionaria’ della Chiesa nei confronti degli ‘infedeli’, non sembra, nella sua grande maggioranza, seguire gli inviti dei vertici ecclesiastici o, almeno, non pare particolarmente interessata al problema. Se, infatti, pregiudizi antiebraici serpeggiano certamente, in vario modo e varia intensità, nell’opinione pubblica cattolica – ma, anche in questo caso, forse meno di quanto non sia riscontrabile nelle alte gerarchie -, è decisamente raro sentir dire, da un “uomo della strada”, che gli ebrei devono “riconoscere Gesù”. Se tale invito (sia pure ‘ridotto’, come si usa oggi dire, “in chiave escatologica”) resta ancora parte integrante del patrimonio teologico della Chiesa, è da ritenere che esso abbia un assai scarso seguito nella coscienza popolare, al pari di alcuni dogmi, quali l’Assunzione in cielo di Maria, l’infallibilità pontificia ecc., di cui nessuno più si cura (per non parlare delle direttive in materia di etica familiare e sessuale).Insomma, il vertice è probabilmente indietro, su alcune questioni, rispetto ai sentimenti della base. La quale base, però, in forza di una secolare tradizione di rispetto dogmatico, non si pone mai in contraddizione con il magistero ufficiale, limitandosi a non prestare orecchio a interventi ritenuti obsoleti. Non è bene che almeno qualcuno, nell’opinione pubblica cattolica, esprima una sensibilità diversa? E non sarebbe auspicabile che le associazioni di amicizia ebraico-cristiana vedessero crescere il numero dei propri adepti e simpatizzanti, e facessero sentire sempre più forte la loro voce, fino ad essere ascoltate da qualcuno ai “piani alti” della Chiesa?Francesco Lucrezi, storico http://www.moked.it/
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