venerdì 11 febbraio 2011


EGITTO, AL QAEDA CHIAMA LA JIHAD. MIGLIAIA DI MANIFESTANTI ANCORA IN PIAZZA

Omar Suleiman, vicepresidente egiziano lancia l'allarme: tra i detenuti evasi nelle scorse settimane durante la protesta antigovernativa, ci sono alcuni militanti islamici legati a Al Qaeda. La notizia coincide con la comparsa su un forum jihadista di un comunicato con cui Al Qaeda in Iraq invita i manifestanti al "jihad contro il tiranno egiziano e i suoi padroni di Washington e Tel Aviv", per la fondazione in Egitto di uno "stato islamico". Nel frattempo continuano le proteste in piazza Tahrir. Il comunicato del gruppo terrorista, uscito su un forum jihadista e individuato dal centro Usa di monitoraggio dei siti di Al Qaeda, è datato 8 febbraio e avverte i manifestanti che "il mercato del jihad" in Egitto è aperto, cos come "le porte del martirio". Nel messaggio si invitano gli egiziani a dare il via a una guerra santa, puntando alla creazione di uno stato islamico. Si tratta della prima presa di posizione di Al Qaeda sulle proteste egiziane, il gruppo invita a evitare le laicità e la democrazia "ignoranti e fuorvianti" e il "marcio nazionalismo pagano". Gli autori del messaggio chiedono quindi di iniziare un "jihad" a beneficio degli egiziani, dei palestinesi e di "tutti i musulmani che conoscono l'oppressione del tiranno d'Egitto e dei suoi padroni di Washington e Tel Aviv". I servizi segreti egiziani, che erano guidati proprio da Suleiman fino alla sua nomina alla vicepresidenza a gennaio, avevano sempre dedicato molti sforzi alla richiesta di estradizione in Egitto di militanti all'estero "legati a leadership straniere, in particolare Al Qaeda". Nei giorni scorsi era poi trapelato che tra gli evasi nelle rivolte in carcere ci sono anche circa venti membri di una cellula locale di Hezbollah, già fuggiti in Libano o a Gaza.
Intanto a favore del presidente Mubarak si sono mossi Israele, Arabia Saudita, Giordania ed Emirati Arabi chiedendo ripetutamente agli Stati Uniti di non abbandonarlo al suo destino perchè un taglio netto delle relazioni con il capo dello Stato egiziano e un sostegno aperto ai movimenti di opposizione potrebbe ulteriormente destabilizzare tutta la regione mediorientale. Un diplomatico locale, riferisce il New York Times, ha confermato di avere passato 12 ore al telefono, a questo scopo, con funzionari americani. Ma la piazza non smobilita. Le aperture del regime sono ancora insufficienti per molti 2. E migliaia di manifestanti anti-Mubarak hanno trascorso la notte accampati nella "tendopoli" che ha occupato tutti i prati e le aiuole della gigantesca piazza Tahrir al Cairo e attorno ai carri armati dell'esercito. Dopo le grandi manifestazioni di ieri 3, che si sono estese in diverse città, stamani, nel sedicesimo giorno della "Rivoluzione sul Nilo", piazza Tahrir è tranquilla. "Non siate stanchi, non siate stanchi. La libertà non è stata ancora liberata", scandiva un manifestante con l'altoparlante mentre la popolazione di oppositori "accampati" si svegliava. Come le notti precedenti, diversi dimostranti hanno scelto di dormire intorno o addirittura sui cingoli dei tank, nel timore che l'esercito cerchi di sgomberare la piazza con la forza. "L'esercito vuole spingerci più al centro della piazza (Tahrir). Vuole che ce ne andiamo. E' per questo che noi dormiamo qui. Noi amiamo i soldati e ci fidiamo di loro, ma non ci fidiamo affatto di coloro che li comandano", dice Essam, avvocato 35enne, che ha trascorso la notte accanto a un carro armato. "Non vogliamo nè uno stato militare nè uno stato religioso. Ci che vogliamo è uno stato basato su istituzioni ed elezioni - spiega - Non ci possono essere negoziati fintanto che Mubarak resterà al suo posto".http://www.clandestinoweb.com/ 09 febbraio 2011

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