Le proteste arabe nascono dal malcontento verso regimi che hanno creato nepotismo, corruzione, stagnazione, repressione. Ma in quelle che Bernard Lewis ha definito “rivoluzioni popolari”, non democratiche, chi cercherà di approfittarne sarà l’islamismo, che vuole la leadership del mondo arabo dopo mezzo secolo di nazionalismo laicista e di patti con l’occidente. E’ un ritorno al 1979: crollano i fautori della pace con Israele e dell’alleanza strategica con gli Stati Uniti; società governate dalla sharia vogliono “democrazia” in chiave plebiscitaria (“una testa, un voto, una volta sola”); i cristiani vanno in esilio; Hamas e Hezbollah si drogano di missili e fanatismo; la Turchia è sempre più persa all’occidente; l’Iran torna nel Meditarreneo per la prima volta dalla caduta dei Pahlevi; l’America è debole e l’islam politico ovunque in ascesa. Manca l’annuncio di Teheran che ha sviluppato la bomba atomica. Nessuno conosce l’esito delle proteste arabe, ma i giornalisti hanno occultato il volto oscuro della rivolta accanto a Facebook e ai foulard dei “giovani”: l’attacco alla sinagoga di Tunisi, l’uccisione ieri di un prete copto nel sud dell’Egitto, la paura delle donne senza velo e dei cristiani, le caricature di Mubarak con la kippah, il grido “ebrea ebrea” contro Lara Logan.Al Cairo è caduto l’ultimo argine per l’ascesa dei Fratelli musulmani, che da sessant’anni inseguono il sogno califfale. Se dovessero prendere il potere vedremmo i cristiani relegati al rango di minoranza sottomessa. Niente più Miss Egitto. Niente più donne senza velo in tv. Niente più tolleranza per l’adulterio e gli alcolici. Niente più “mescolanza dei sessi”. Niente più muro contro Hamas. Mubarak aveva tanti torti e la sua acqua era imbevibile, ma “il faraone” aveva collocato il paese nell’orbita occidentale, si era schierato contro Saddam e Khomeini, aveva siglato un patto di pace con Gerusalemme, era scampato a sei tentativi di assassinio ed era stato l’unico leader arabo, assieme al giordano Hussein, ai funerali di Rabin. Non è poco in medio oriente. Oggi al Cairo l’imam Qaradawi, che sta all’islamismo come Himmler stava all’ideologia nazionalsocialista e che ha giustificato l’uccisione dei feti israeliani, arringa milioni di egiziani al grido di “libereremo Gerusalemme, milioni di martiri”. Cosa accadrà alle donne di Tunisia? L’ex presidente Bourghiba aveva dato loro diritti senza uguali nel mondo arabo. Che ne sarà di quel poco di modernizzazione e laicità? In Cisgiordania la vivacità economica non è garanzia di pace con gli ebrei e a Gaza governa un regime tenebroso. E Hamas potrebbe puntare presto i missili sull’aeroporto di Tel Aviv. Beirut è ancora una liberazione per i giovani arabi che vogliono godere di un po’ di luce, passeggiare senza chador e tenersi per mano. Sarà ancora così domani? E cosa accadrà a Israele e alla pace siglata col sangue di Sadat? La tenaglia si stringe, la rivoluzione va avanti e le nostre chattering classes giubilano come prefiche per la “piazza araba”. Ma spesso dopo la Rivoluzione viene il Terrore. 24 febbraio 2011 FOGLIO QUOTIDIANO di Giulio Meotti ,
sabato 26 febbraio 2011
Gerusalemme - suoni e luci
Dalla piazza anti regime alla piazza anti israeliana
Le proteste arabe nascono dal malcontento verso regimi che hanno creato nepotismo, corruzione, stagnazione, repressione. Ma in quelle che Bernard Lewis ha definito “rivoluzioni popolari”, non democratiche, chi cercherà di approfittarne sarà l’islamismo, che vuole la leadership del mondo arabo dopo mezzo secolo di nazionalismo laicista e di patti con l’occidente. E’ un ritorno al 1979: crollano i fautori della pace con Israele e dell’alleanza strategica con gli Stati Uniti; società governate dalla sharia vogliono “democrazia” in chiave plebiscitaria (“una testa, un voto, una volta sola”); i cristiani vanno in esilio; Hamas e Hezbollah si drogano di missili e fanatismo; la Turchia è sempre più persa all’occidente; l’Iran torna nel Meditarreneo per la prima volta dalla caduta dei Pahlevi; l’America è debole e l’islam politico ovunque in ascesa. Manca l’annuncio di Teheran che ha sviluppato la bomba atomica. Nessuno conosce l’esito delle proteste arabe, ma i giornalisti hanno occultato il volto oscuro della rivolta accanto a Facebook e ai foulard dei “giovani”: l’attacco alla sinagoga di Tunisi, l’uccisione ieri di un prete copto nel sud dell’Egitto, la paura delle donne senza velo e dei cristiani, le caricature di Mubarak con la kippah, il grido “ebrea ebrea” contro Lara Logan.Al Cairo è caduto l’ultimo argine per l’ascesa dei Fratelli musulmani, che da sessant’anni inseguono il sogno califfale. Se dovessero prendere il potere vedremmo i cristiani relegati al rango di minoranza sottomessa. Niente più Miss Egitto. Niente più donne senza velo in tv. Niente più tolleranza per l’adulterio e gli alcolici. Niente più “mescolanza dei sessi”. Niente più muro contro Hamas. Mubarak aveva tanti torti e la sua acqua era imbevibile, ma “il faraone” aveva collocato il paese nell’orbita occidentale, si era schierato contro Saddam e Khomeini, aveva siglato un patto di pace con Gerusalemme, era scampato a sei tentativi di assassinio ed era stato l’unico leader arabo, assieme al giordano Hussein, ai funerali di Rabin. Non è poco in medio oriente. Oggi al Cairo l’imam Qaradawi, che sta all’islamismo come Himmler stava all’ideologia nazionalsocialista e che ha giustificato l’uccisione dei feti israeliani, arringa milioni di egiziani al grido di “libereremo Gerusalemme, milioni di martiri”. Cosa accadrà alle donne di Tunisia? L’ex presidente Bourghiba aveva dato loro diritti senza uguali nel mondo arabo. Che ne sarà di quel poco di modernizzazione e laicità? In Cisgiordania la vivacità economica non è garanzia di pace con gli ebrei e a Gaza governa un regime tenebroso. E Hamas potrebbe puntare presto i missili sull’aeroporto di Tel Aviv. Beirut è ancora una liberazione per i giovani arabi che vogliono godere di un po’ di luce, passeggiare senza chador e tenersi per mano. Sarà ancora così domani? E cosa accadrà a Israele e alla pace siglata col sangue di Sadat? La tenaglia si stringe, la rivoluzione va avanti e le nostre chattering classes giubilano come prefiche per la “piazza araba”. Ma spesso dopo la Rivoluzione viene il Terrore. 24 febbraio 2011 FOGLIO QUOTIDIANO di Giulio Meotti ,
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