sabato 26 febbraio 2011


Tel Aviv -museo della Diaspora

Il mondo arabo è in rivolta e l'Onu pensa solo a Israele

Venerdì scorso, mentre la Libia era già travolta dalle proteste, i cecchini del regime sparavano sulla folla e Bengasi stava passando sotto il controllo delle forze anti-Gheddafi, a New York era riunito il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. All’ordine del giorno vi era una risoluzione di condanna proposta dal Libano contro Israele per la sua politica di insediamenti. La risoluzione non è passata solo perchè gli Usa all’ultimo momento e a malincuore hanno posto il veto, ma gli altri 14 membri del Consiglio di Sicurezza, Francia, Germania e Gran Bretagna hanno tutti votato a favore.L’episodio non sorprende ma da la misura dello straniamento e dell’assoluta perdita di contatto con la realtà di quello che si rappresenta come il governo planetario. Mentre il Medio Oriente e il Nord Africa viveono una rivoluzione a catena, non prevista e senza precedenti, le cui conseguenze si proiettano sul mondo intero, il massimo organo garante della sicurezza internazionale si occupava di alcuni condomini costruiti da Israele e di come questi rischino di ostacolare il “processo di pace”.Perchè i fatti libici potessero ottenere una qualche attenzione dalle Nazioni Unite, molto altro sangue e molte altre violenze si sono dovute dispiegare sotto gli occhi del mondo. Solo martedì infatti il Consiglio di Sicurezza ha trovato la voce per “condannare la violenza e l’uso della forza contro i civili”, per “deplorare la repressione di manifestazioni pacifiche” e per “esprimere rammarico per la morte di centinaia di civili”.La sessione del Consiglio di Sicurezza si è svolta a porte chiuse, ma a parte le parole di condanna e la richiesta di sospendere le violenze non sembra che siano state discusse misure o minacce utili ad ottenere l’ascolto e l’attenzione del regime libico. Il massimo sforzo intimidatorio lo ha compiuto l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, la quale si è spinta fino a chiedere una commissione di inchiesta indipendente sulle violenze perpetrate dall’esercito contro i dimostranti.Possiamo immaginare quale sconcerto questo abbia prodotto in Muhammar Gheddafi. Basterebbe ricordare in proposito il suo intervento all’Assemblea Generale nel settembre 2009, quando in un raptus oratorio di 100 minuti paragonò il peso del foro onusiano a quello di Hide Park Corner e ribattezzo il consiglio di Sicurezza come “Consiglio del Terrore” e chiese che venisse abolito.Ma nonostante il disprezzo mostrato verso le Nazione Unite il regime di Geddafi se ne è sempre sapientemente servito, scalando dal 2003 in poi – anno in cui vennero cancellare le sanzioni contro la Libia – tutte le posizione di maggior prestigio e potere dentro il Palazzo di Vetro. Fino ad arrivare nel maggio del 2010 a ottenere un posto nel Consiglio per i Diritti Umani con un amplissimo consenso: 155 voti su 188, di cui una gran parte proveniente, secondo le valutazioni di Freedom House, da paesi del cosiddetto “mondo libero”.Il peso della Libia all’interno dell’Onu è servito al regime per evitare qualsiasi indesiderata attenzione sul reale rispetto dei diritti umani nel paese. Tanto che neppure la vicenda dei 1200 detenuti del carcere di Abu Salim, uccisi e poi sepolti in una fossa comune dopo la rivolta del 1996, è mai arrivata all’esame di un qualsiasi organismo onusiano.Lo stesso Consiglio per i diritti Umani, nei sui 5 anni di vita, ha approvato 50 risoluzioni, di cui 35 contro Israele e non una solo contro la Libia. Fosse per il Palazzo di Vetro, Muhammar Geddafi potrebbe davvero governare fino alla fine naturale dei suoi giorni e magari uscire di scena come un eroe. (tratto da Il Tempo)

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