martedì 22 marzo 2011


Israele e le rivolte islamiche

Quali prospettive si aprono per lo Stato israeliano di fronte alla rivoluzione in corso nei Paesi musulmani? A questa e a molte altre domande sul futuro della politica mediorientale nello scacchiere mondiale si è cercato di rispondere nel Convegno 'Israele di fronte alla rivoluzione dei paesi musulmani, speranza o pericolo?', organizzato alla Camera dei deputati dall'onorevole Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri. Il summit ha coinvolto molti esperti fra cui il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, Robin Shepherd, direttore degli Affari internazionali del 'think tank' londinese 'Henry Jackson Society', Khaled Fouad Allam, Margherita Boniver, Gianni Vernetti, Yossy Kuperwasser, direttore generale del ministero israeliano Affari strategici, Pinhas Inbari del Jerusalem Center for Public Affairs, Marta Dassù dell'Aspen Institute Italia, ma anche Carlo Panella, Stefano Folli, Pierluigi Battista, Mario Sechi, al terzo giorno dell'Operazione 'Alba dell'Odissea' pone fra i suoi obiettivi la richiesta al mondo arabo di mettere fine alla cultura di morte nei confronti di Israele. Il convegno si è diviso in tre panel di approfondimento: il primo 'Un futuro di pace o una prospettiva di guerra? " Il secondo che analizza i riflessi sul conflitto israelo palestinese e un terzo grande panel dal titolo 'Europa e Usa: alla ricerca di nuovi equilibri'. "La prospettiva di una Libia post Gheddafi non è prevedibile ed è questo uno dei problemi di fronte a cui ci troveremo". E' quanto ha affermato il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, sottolineando che una delle finalità del convegno è quella di capire cosa avverrà in Israele in seguito a questo, visto che per una volta lo stato ebraico non è l'epicentro di quanto sta avvenendo in Medioriente ed esprimendo la propria preoccupazione “della mancanza dell'idea di un percorso da fare per la Libia". Secondo Crosetto, quindi, nel caso del Paese nord africano "c'è una crisi, la si affronta ma non si sa dove questa possa portarci". In ogni caso, ha precisato il sottosegretario, quella portata avanti dall'Occidente "non è una guerra contro la Libia ma l'attuazione di una risoluzione dell'Onu con un mandato circoscritto". Tuttavia "molti Paesi", all'interno della coalizione di Stati che sono intervenuti militarmente, "si stanno muovendo anche guardando alla politica interna e alle elezioni. Le posizioni di Francia e Germania al riguardo lo dimostrano", ha ancora evidenziato Crosetto, ricordando che l'Italia dal punto di vista economico è "il Paese che sta perdendo di più da ciò che accade" vista "la forte dipendenza economica" che aveva l'Italia dal Paese magrebino. Preoccupazione per il nuovo assetto dei paesi nei quali sono scoppiate le rivolte degli ultimi mesi,Tunisia, Egitto e per ultima la Libia e per le conseguenze che queste avranno sulla scena internazionale sono espresse da tutti i relatori, fra cui Kahled Fouad Allam, che spiega come nello scenario pre-rivolta abbiano avuto una parte molto importante gli “effetti disastrosi” della crisi economica globale sulla società araba, mentre Carlo Panella parla di fallimento della dottrina Obama annunciata nel giugno 2009. Allargando lo sguardo il giornalista dice “Se volete capire cosa non sta succedendo in Iran ora, la causa è da ricercasi nel taglio dei fondi americani all'Onda verde” E sullo stesso tono Yossi Kuperwasser sostiene che il destino del Medioriente verrà deciso soprattutto da come verrà gestita la minaccia iraniana. “L'Iran vuole cambiare l'ordine mondiale, spiega Kuperwasser, “l'unico modo per eliminare questo pericolo è alzare la testa ed evitare che possa davvero farlo” Un intervento militare "condotto da quattro cinque nazioni con il beneplacito 'peloso' della Lega araba non è stata una grande idea". Così Margherita Boniver, presidente della commissione bicamerale Schengen e inviato speciale del ministro degli Esteri per le emergenze umanitarie che ha espresso "scetticismo e preoccupazione" di fronte alle operazioni militari avviate in Libia lo scorso 19 marzo. Secondo la Boniver, quindi, "non è stata una grande idea quella di non percorrere la via diplomatica fino in fondo. La via militare deve essere l'ultima scelta e non la prima, come sembra". Da qui, "avere dei dubbi e dello scetticismo" sull'intervento "mi sembra indispensabile e doveroso e dovrebbe farci riflettere su come l'Ue forse sia andata in ordine sparso", anche perché "la posizione dell'Italia è quella più rischiosa", ha aggiunto la parlamentare del Pdl, precisando che la risoluzione dell'Onu "mi sembra piuttosto confusa su cosa fare con Gheddafi". La posizione della Boniver desta perplessità in molti dei relatori fra cui Gianni Vernetti, Marta Dassù, che sostengono l'inutilità del porsi la domanda ora che la decisione di intervenire è stata presa, la guerra in Libia è una guerra giusta e bisogna scommettere sul desiderio di libertà di queste popolazioni, anzi l'occidente dovrebbe attuare politiche di diffusione della democrazia. Fiamma Nirenstein, si è invece soffermata sul pericolo di un'influenza fondamentalista e anti-israeliana sulle rivolte in Nordafrica e Medio Oriente. "Le teorie di cospirazione sono uno strumento di coesione nei Paesi arabi e impediscono il raggiungimento delle democrazie", ha sottolineato la Nirenstein, annunciando "una lettera aperta in cui chiederemo ai nuovi governi" formatisi dopo le rivolte "di pronunciarsi contro queste teorie e contro l'incitamento all'odio anti-israeliano". Lucilla Efrati http://www.moked.it/

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