sabato 19 marzo 2011


L’indottrinamento da cui nascono carnefici come quelli all’opera a Itamar

Su molta stampa araba e palestinese gli israeliani vengono tuttora comunemente raffigurati con caricature del tutto simili a quelle delle campagne antisemite contro gli ebrei d’Europa del giornale di propaganda nazista Der Stürmer, col risultato di farne obiettivi che sembra del tutto “giustificato” attaccare. Da questo genere di martellante istigazione all’odio, il massacro gli ebrei risulta una cosa “legittima”. È quanto afferma Yossi Kuperwasser, direttore del ministero per gli affari strategici israeliano, chiamato domenica a riferire davanti al governo israeliano dopo la strage della famiglia Fogel avvenuta venerdì sera nel villaggio di Itamar (Cisgiordania settentrionale). Aggrediti nel sonno, sono stati sgozzati uno dopo l’altro Udi Fogel (36 anni), sua moglie Ruth (35) e tre loro figli Yoav (11 anni), Elad (4 anni) e Hadas (3 mesi). Miracolosamente sopravvissuti la figlia dodicenne Tamar (che ha scoperto la strage rientrando a casa più tardi) e altri due fratelli di 8 e 2 anni (probabilmente perché si trovavano in una stanza più defilata). Secondo Kuperwasser, è da più di un anno che l’istigazione dell’Autorità Palestinese contro Israele è ripresa in grande stile. “I fatti di venerdì sera – dice – sono in certo modo espressione del modo in cui l’Autorità Palestinese presenta un atteggiamento di odio e di demonizzazione verso gli israeliani in generale, e i coloni in particolare: processi che creano una situazione in cui poi accade che qualcuno perpetri aggressioni orrende come quella a Itamar”. Ancora oggi, spiega Kuperwasser, l’Autorità Palestinese afferma esplicitamente che la “lotta armata” è il metodo preferito per “liberare la Palestina”, un concetto che venne ufficialmente ribadito e approvato anche all’ultima convention di Fatah tenutasi a Betlemme (e dedicata ad Amin al-Hindi, il terrorista di Settembre Nero che pianificò la strage delle Olimpiadi di Monaco del 1972 in cui persero la vita 11 atleti israeliani), “e da allora non ci sono stati cambiamenti in materia”. Kuperwasser cita diversi casi di istigazione. “Nei mesi scorsi, ad esempio, i media palestinesi hanno ripetutamente trasmesso la canzone di un cantante egiziano che fa appello al popolo perché compia attentati terroristici. La canzone giustifica gli atti di jihad (guerra santa). Lo stesso concetto vien fuori nelle canzoni fatte imparare nelle scuole, agli alunni dell’ottavo anno (13enni). Le ragazzine palestinesi cantano canzoni colme di promesse di dare dure percosse a Israele. Tutte cose elogiate e glorificate dall’Autorità Palestinese”. Solo la settimana scorsa un centro giovanile palestinese affiliato a Fatah ha organizzato ad Am’ari, a sud di Ramallah, un torneo sportivo intitolato al nome di Wafa Idris, la prima donna terrorista palestinese che, approfittando della sua qualità di infermiera della Mezzaluna Rossa, si fece esplodere nel gennaio 2002 in via Jaffa, a Gerusalemme. “Il fenomeno – continua Kuperwasser – si vede anche nel modo in cui i rappresentanti palestinesi hanno reagito a quest’ultimo scioccante attentato: non c’è stata una sola parola di autentico orrore e profonda indignazione. Anche quando, talvolta, condannano attacchi terroristici come questo, lo fanno solo dicendo che ostacolano la causa palestinese. Col sangue delle vittime ancora caldo, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha incontrato un ragazzino palestinese che aveva partecipato a un concorso: il suo unico titolo di merito è di intonare canzoni sui palestinesi tutt’altro che pacifiche, incentrate su martiri e attentati suicidi”. Un’altra area da analizzare è l’attitudine verso la pace. “Continuano a sostenere che gli ebrei non hanno alcun diritto di vivere in questa regione – dice Kuperwasser – che gli ebrei non hanno alcun diritto di essere qui. Cosa che emerge in modo particolarmente evidente dai libri di testo usati nelle scuole palestinesi, dove la presenza di Israele spesso non viene nemmeno menzionata, e Israele non compare nemmeno sulle carte geografiche”. Kuperwasser ricorda un caso recente, quando il ministero dell’informazione dell’Autorità Palestinese ha pubblicato un articolo, firmato da uno dei suoi vice ministri, in cui si sosteneva che non c’è alcun legame storico fra il Muro Occidentale (“del pianto”) e gli ebrei. “Il punto – spiega Kuperwasser – è che i palestinesi, con la loro costante opera di istigazione e delegittimazione, diffondono il concetto che il terrorismo e la lotta armata sono del tutto legittimi, anche se magari ora non ce n’è bisogno perché, al momento, non sono vantaggiosi. In questo senso, ebrei e israeliani, specialmente se coloni ma non solo i coloni, non sono esseri umani”. Aggiunge Kuperwasser: “Abbiamo ripetutamente chiesto ai palestinesi di porre fine a questo fenomeno. Ma la macchina propagandistica palestinese è finanziata dalla comunità internazionale. I testi scolastici sono finanziati dagli europei, i mass-media da altre fonti internazionali. È un punto essenziale se si vuole promuovere davvero la pace in questa regione. Il mondo deve chiedere ai palestinesi di farla finita con l’istigazione all’odio. Quando Abu Mazen sceglie, per suonare nei festival, una band che invoca l’annientamento degli ebrei, come si può anche solo sognare di arrivare a un accordo di pace? Io non credo che l’Autorità Palestinese sia il mandante dei terroristi che hanno fatto la strage di Itamar, ma non è questo il punto. Creando un’atmosfera che sollecita continuamente i palestinesi a insorgere contro il diritto degli ebrei a vivere qui, presentando continuamente gli ebrei come creature crudeli e spietate prive di alcun titolo di legittimità, si dà corda al terrorismo palestinese. L’Autorità Palestinese non ha interesse a compiere attentati, ma allo stesso tempo non fa nulla per fermare istigazione e indottrinamento. Così non mancano mai persone che, pensando d’aver ben colto il messaggio, decidono di compiere attentati. Il fatto che qualcuno possa pararsi davanti a un bambino di tre mesi e tagliargli la gola con le sue mani rasenta l’inimmaginabile. Ma il lavaggio del cervello del pubblico palestinesi va avanti sin dai tempi degli accordi di Oslo, ed è davvero ora che cessi”. (Da: Ynet News, 13.3.11)http://www.israele.net/

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