venerdì 11 marzo 2011


Vacanze romane. Il mondo visto dalla bici

Procuratevi una bici. Bella, brutta o “sgarrupata”. Anzi, se la bici cigola ed è piena di ruggine nella catena tanto meglio. Ci metterete più tempo per arrivare alla meta, e vi guadagnerete con il sudore il tesoro della vostra città che scoprirete e si rivelerà ai vostri occhi dopo anni che frequentate quei luoghi distrattamente. Passiamo ore davanti al computer. Fino a qualche anno fa lo facevamo per lavoro. Oggi, ogni minuto libero che ci regala la nostra giornata, lo passiamo su Facebook. Viaggiamo fermi. In un mare di informazioni che non ci bastano mai. Muoversi, pedalare, correre, per scoprire... è ormai in controtendenza. Ma provateci, dedicate una domenica alla bicicletta. E vi prometto che scoprirete un mondo a voi ignoto. E’ accaduto a me. Un paio di settimane fa. Passeggiavo in bicicletta con la mia famiglia e gli amici, nelle vie del centro, vicino alla zona del Vecchio Ghetto Demolito di Roma. Ero a via Giulia, dietro Campo de’ Fiori. In ogni angolo vecchie insegne di negozi, palazzi antichi con inscrizioni senza tempo, tutto si rivelava a me come in un film, come in una carrellata di Gillo Pontecorvo. E come in tutte le pellicole è arrivato anche un incontro che forse mi ha cambiato la vita. Stanca della corsa mi fermo per riprendere fiato. Vedo un uomo con la sua famiglia alle prese con una cartina della città evidentemente poco chiara. L’uomo si volta, aveva la kippà. Con slancio mi sono precipitata per dargli aiuto. Un po’ stupito della mia “intrusione” con un inglese madrelingua mi spiega che è di New York, è ebreo osservante e cerca da ore un posto dove poter mangiare kasher. In albergo infatti non hanno potuto toccare cibo. In aereo idem. Lui, sua moglie e soprattutto i bambini sono esausti. Così, senza neanche consultare mio marito, li invito a pranzo per potergli assicurare un pasto kasher. Poi gli spiego che a Roma c’è un ebraismo rigoglioso, ortodosso, e che è molto facile trovare ristoranti kasher, soprattutto a Portico d’Ottavia. Lui incredulo del fortunato incontro accetta subito e dopo pochi minuti ci troviamo tutti, famiglie e amici compresi, davanti a un piatto fumante di pasta allo stracotto (che avevo “salvato” dallo Shabbat). Abbiamo parlato per ore. Gli americani, Stephen e Ophra, si sono conosciuti vent'anni fa a Roma, per caso, a Campo de’Fiori. Si sono innamorati subito. Ma, mi ha confessato Ophra, allora sono state poche le cene romantiche romane perché a quel tempo la ristorazione kasher era praticamente inesistente. “Le cose sono cambiate”, ha tuonato un nostro caro amico. Con tanta pazienza abbiamo segnato sulla cartina di Stephen tutti i punti kasher della città. La loro espressione sorpresa era anche la nostra. Mentre loro scoprivano che esiste una Roma ebraica enogastronomica, noi ci rendevamo conto quanta strada ha fatto, in questi decenni, la nostra Comunità, regalando anche agli americani la possibilità di una cena kasher a lume di candela. Dopo una settimana da quell’incontro ci è arrivata una bella telefonata da Stephen e Ophra, per ringraziarci di avergli fatto scoprire questo tesoro di Roma e per invitarci a New York la prossima estate. Dall’altra parte dell’Oceano ho due nuovi amici che mi aspettano. Devo ringraziare la ruggine della mia bici “sgarrupata”. Buona pedalata a tutti! Sharon Di Nepi, ingegnere, http://www.moked.it/

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