venerdì 11 marzo 2011


Israele, Medio Oriente e democrazia, giornalisti e analisti a confronto

Alla luce delle rivolte nei paesi arabi si aprono nuovi scenari per il Medio Oriente. Israele, unica democrazia della regione, rischia di trovarsi ora più isolata di sempre, stretta nella morsa di Paesi ostili in cui potrebbero prendere il sopravvento leader estremisti islamici. E' già successo in Iran può accadere anche per gli altri. Lo Stato ebraico rischia di perdere anche le amicizie conquistate a suon di guerre, sofferenze e trattati di pace. Come può l'unica democrazia del Medio Oriente difendersi da questo rischio? Come dovrebbe porsi di fronte agli stravolgimenti che avvengono fra i suoi vicini? Questo il tema su cui hanno riflettuto i relatori del convegno “Israele nella formazione di un nuovo Medio Oriente”, organizzato dall'Associazione della stampa estera in Italia. Ad accogliere i partecipanti all'incontro è stato il presidente dell'Associazione, Maarten Van Aalderen assieme a Sivan Kotler, corrispondente del quotidiano Haaretz da Roma, a moderare il dibattito il giornalista israeliano Yossi Bar e fra i relatori i giornalisti Carlo Panella, Lucio Caracciolo e Alessandro Politi. Fra il pubblico l'ambasciatore d'Israele Gideon Meir, l'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Mordechay Lewy e l'ambasciatore del Pakistan Mirza Qamar Beg. “Questo non è un evento politico, non è nostra intenzione fare propaganda o trattare temi in maniera unilaterale, è un convegno dedicato ad amici e giornalisti”, chiarisce subito Yossi Bar dando il via al dibattito. “L'effetto domino delle rivolte ha ancora risparmiato molti paesi arabi Israele è preoccupato per gli scenari futuri. E la necessità di giungere a una pace con i palestinesi si fa ancora più impellente. Netanyahu ha parlato di 'due Stati per due popoli'. Il mondo aspetta questa suo piano, che presto, secondo le ultime notizie verrà presentato”. Dopo aver brevemente tracciato lo scenario attuale il moderatore ha dato la parola ai relatori. Il primo a intervenire è stato il giornalista de Il Foglio, Carlo Panella, che ha dedicato il suo intervento alla disinformazione e alla delegittimazione che continuamente viene fatta a livello internazionale su Israele. Dopo di lui è stata la volta di Lucio Carraciolo, che ha evidenziato, dal canto suo, come i problemi del Medio Oriente siano curati, e non solo dai media italiani, troppo spesso con “incoscienza e ignoranza”. “Scontata - ha affermato - la propaganda da parte di Paesi in guerra, meno normale il fatto che i giornalisti degli altri Paesi, che fanno da osservatori, prendano per oro colato ciò che Al Jazeera afferma”. Ma Caracciolo invita a riflettere anche su alcuni aspetti controproducenti della politica israeliana. “Non riesco a capire come uno Stato dotato di così potenti mezzi di intelligence non abbia potuto prevedere gli sconvolgimenti che sono accaduti, si sia trovato così impreparato di fronte alla rivoluzione che ha sconvolto l'Egitto e abbia tentato di salvare Mubarak quando ormai era già morto. E il paradosso più grande, alla cui base sta evidentemente un problema di comunicazione e una paura per la modifica dello status quo, è che quella che si autodefinisce 'unica democrazia' del Medio Oriente si trova, paradossalmente a fare il tifo per i regimi totalitaristici. Israele risulta così spaventata da quei fenomeni che, si può discutere su questo, vengono considerati progressi verso la democrazia”. “E così che il vincitore della partita rischia di essere l'Iran”, ha avvertito Caracciolo. “Israele dovrebbe secondo me, per iniziare, prendere atto degli stravolgimenti e parlare con quelli che si apprestano a diventare i nuovi leader dei paesi vicini, che siano amici o meno, è necessario per Israele iniziare a confrontarsi con loro”. Alessandro Politi, dato il suo ruolo di analista politico, ha delineato gli scenari geopolitici futuri dell'area Mediorientale, ma in conclusione anche lui, come gli altri relatori, ha affermato che “Israele ha di fronte a sé un'opportunità e deve saperla cogliere”. “Le opinioni pubbliche sono tendenzialmente più libere e lo Stato israeliano deve imparare a parlare alle platee arabe”, aveva affermato Panella nel suo intervento e anche per Politi, come era stato per Caracciolo, sembra essere questo il primo passo che Israele può fare per uscire indenne dalla crisi, dopo naturalmente aver preso atto che il mondo intorno a lui è notevolmente cambiato. Allo stimolante dibattito è seguito per i giornalisti soci dell'Associazione della stampa estera un aperitivo a base di cucina israeliana e la proiezione di un film “Il responsabile delle risorse umane” di Eran Riklis, tratto dal romanzo di Abraham Yehoshua. Valerio Mieli, http://www.moked.it/

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