giovedì 28 aprile 2011



Avdat - Neghev

Voci a confronto
Le notizie che giungono in queste ultime ore da quasi tutte le città della Siria sono sempre più drammatiche; forse solo molti quartieri di Damasco, oltre a quella città di Hama che Assad padre distrusse nel 1982 causando oltre 20.000 morti, sembrano essere più o meno tranquille. Le altre città sono sotto il fuoco dell’esercito alawita, la città di Deraa è assediata, e oltre alle centinaia di morti accertati, ricominciano le sparizioni tragicamente significative. “L’invio dei tank è stato deciso su richiesta dei cittadini, per proteggerli”, assicura il “riformista” Assad. E le parole di minaccia dette ieri a Roma da Sarkozy sembrano essere state pronunciate solo per far dimenticare la follia di aver invitato il rais siriano ad assistere alla sfilata sui Champs Elysées dal palco presidenziale. Che dire poi di quanto rischia di succedere all’ONU dove, al momento, non ci sono concorrenti al posto nel Comitato per i diritti umani che verrà assegnato, pare proprio alla Siria, nel prossimo mese di maggio? Di questo parlano diffusamente Cecilia Zecchinelli sul Corriere e numerosi altri quotidiani; se anche la Commissaria dell’ONU per i diritti umani Navi Pillay, da sempre molto paziente con Assad, si accorgerà che la realtà in Siria non è quella raccontata dall’ambasciatore siriano, potrà davvero fare qualcosa? Solo Francesca Paci, su La Stampa, ne parla come di “candidatura tramontata”: chissà quali sono le sue fonti. Il Foglio titola: “Il silenzio arabo sul sangue in Siria”; tace, in realtà, Erdogan, che deve preparare una nuova Flotilla, tacciono i palestinesi, amici e protetti da Assad, tace la lega araba, in attesa di un’eventuale riunione da organizzare, limitandosi a dichiarare che i manifestanti meritano aiuto e non proiettili. E se tace anche Netanyahu, questo diventa, per Liberazione, una prova di non volere la caduta del rais, considerato il male minore. In questa situazione, come scrive Alessandro Oppes sul Fatto Quotidiano, Chavez dal Venezuela accusa l’occidente di complotto per infiltrare terroristi nel paese e poi giustificare un intervento militare. Ma è davvero ipotizzabile un intervento militare di Francia ed Italia, che già sono in affanno in Libia dove, lasciati sostanzialmente soli da Obama, non paiono essere in grado di fermare Gheddafi? Attenta la analisi del Wall Street Journal, che critica le parole pronunciate dal presidente turco Gul e dall’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale Scowcroft: il futuro della democrazia dipende davvero, come loro sostengono, dalla Palestina e dai territori occupati? Osserva giustamente il WSJ che Assad non avrebbe interesse alcuno a riprendersi il Golan perché dovrebbe abbandonare quel conflitto che, fino ad oggi, ha permesso al regime di sopravvivere. La democrazia, in realtà, ha bisogno di compiere un lungo cammino, da Tunisi a Tripoli, lasciando fuori Teheran. Quella democrazia che sembra essere sempre più a rischio nel mondo arabo, dove troppi commentatori gridarono troppo presto al miracolo. Molto istruttiva è la lunga storia del movimento dei Fratelli Musulmani che Carlo Panella descrive sul Foglio, partendo dai 40 guerrieri guidati da ibn Saud per arrivare alla variegata realtà dei giorni nostri, nei diversi paesi. Ed intanto, come scrive Meotti, ancora sul Foglio, per il 54% degli egiziani gli accordi di pace con Israele vanno interrotti, e solo il 15% ritiene giusto mantenere rapporti stretti con gli USA (nonostante il famoso discorso del Cairo pronunciato da Obama, ed evidentemente servito a ben poco ndr). Per guardare a quanto succede in casa nostra, da leggere sul Corriere Roma l’articolo che ritorna sulla scritta apparsa sopra il ponte pedonale romano del Pigneto: l’autore di quel gesto voleva far riflettere sui lager che sono nelle nostre città! Banalizzazione del male? Il guaio grosso, a mio parere, sta anche nel fatto che quel gesto è stato compiuto da un insegnante. Sul tema del razzismo scrive pure Le Monde che, in una corrispondenza dagli USA, afferma che, per poter parlare di razzismo, bisogna che ci sia l’intenzione di essere razzista. Ne siamo davvero sicuri? Anche su questo c’è molto da meditare. Emanuel Segre Amar 27 aprile 2011 http://www.moked.it/

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