mercoledì 20 aprile 2011



Bella la lettera che lo scrittore israeliano Etgar Keret rivolge sulle pagine del Corriere della Sera alla madre di Vittorio Arrigoni, invitandola a ripensare alla sua decisione di non far passare attraverso il suolo israeliano la salma del figlio assassinato dai salafiti a Gaza, perché questi "aveva combattuto tutta la vita lo Stato ebraico". "Sarà forse la negazione di Israele e dei sette milioni di ebrei e musulmani che vi abitano ad accelerare quel processo di pace e quella liberazione per la quale il figlio aveva varcato i mari e combattuto per tutta la sua vita? Mi auguro che Vittorio Arrigoni sia stato più pro palestinese che anti israeliano. Eppure, anziché incarnare un gesto di compassione e di umanità verso il popolo che aveva voluto aiutare, il suo ultimo viaggio diventa simbolo dell'odio e del rifiuto verso coloro che considerava nemici". La madre di Vittorio Arrigoni ha respinto questo appello. Qualunque forza abbia animato la vita di Arrigoni, certamente il suo assassinio è stato il frutto dell'odio e dell'intransigenza. Trasformare ora la sua bara in un simbolo di ulteriore odio e intransigenza non può che aggiungere dolore e lutti ai tanti già esistenti. Anna Foa, storica http://www.moked.it/

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