giovedì 7 aprile 2011


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Le scuse non bastano, Goldstone deve chiedere perdono a Israele di Anita Friedman e Costantino Pistilli 6 Aprile 2011 http://www.loccidentale.it/ Israele non ha compiuto né crimini di guerra né crimini contro l’umanità durante l’operazione Piombo fuso. A testimoniarlo è lo stesso giudice Richard Goldstone firmatario del rapporto Onu che accusava Gerusalemme di crimini contro i civili a Gaza nell'operazione militare lanciata alla fine del 2008, creando un precedente giuridico che ignora l’attacco contro i civili israeliani e giustifica l’uso dei civili palestinesi come scudi umani. La ritrattazione del giudice sudafricano arriva sotto forma di un articolo pubblicato venerdì scorso dal Washington Post (WP), ma con grande ritardo. Era il 16 ottobre 2009, infatti, quando il Consiglio per i diritti umani delle nazioni unite, così come successivamente l'Assemblea generale, approvò il Report sul conflitto -stilato da Pakistan, Sudan e Palestina- e poi approvato con venticinque voti favorevoli, sei contrari (tra cui Roma e Washington) e undici astenuti. Secondo quanto riferiva Richard J. Goldstone, presidente della Commissione ed ex giudice costituzionale del Sud Africa, durante la guerra nella Striscia di Gaza ci sarebbero state violazioni dei diritti umani da entrambe le parti ma le maggiori critiche vennero riservate all'operato delle forze armate israeliane, ritenute responsabili di aver deliberatamente colpito dei civili in più occasioni. L'operazione militare, durata dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, nacque in risposta al continuo lancio di razzi da parte di Hamas verso i centri urbani nel sud di Israele: in otto anni 4.000 missili causarono quindici morti e centinaia di feriti fra la popolazione civile, costretta a un ritmo di vita scandito da sirene di allarme e dalle fughe nei rifugi sotterranei. Passati quasi due anni dall’ennesima gogna internazionale in cui si cercava di soffocare Israele ecco che sul WP arriva la ritrattazione del giudice sud africano: “Oggi sappiamo molto di più su quanto avvenne nella guerra di Gaza del 2008 2009 rispetto al periodo nel quale condussi l'inchiesta per conto del Consiglio Onu sui diritti umani. Se avessi saputo allora ciò che sappiamo oggi, il rapporto Goldstone sarebbe stato differente”. Se l’ex membro del collegio dei magistrati per i crimini nella ex Jugoslavia e in Rwanda e alto magistrato durante l’apartheid in Sudafrica (dove ha condannato alla pena di morte decine di neri sudafricani) avesse dato meno attenzione alle testimonianze riportate a “caldo” dai vari testimoni, ora, forse, si sarebbe risparmiato una becera figura e, soprattutto, avrebbe evitato di far gettare ulteriore fango su Gerusalemme, già pesantemente gravata dai vari Durban uno due tre, o dalle continue campagne internazionali di boicottaggio: all’ex ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, venne sconsigliato di recarsi a una convention a Londra per il rischio di essere arrestata con l’accusa di essere un criminale di guerra a causa dell’operazione Piombo Fuso . Goldstone, però, preferì affidarsi alle prove e alle testimonianze esibite da varie Organizzazioni non governative come ha ripetuto in questi giorni il professor Gerald Steinberg, presidente di Ngo Monitor e del Dipartimento di Scienza Politica dell’Università di Bar Ilan: “Goldstone era stato ingannato da una campagna orchestrata e portati avanti da varie e potenti Ong, tra cui Human Rights Watch (di cui Goldstone faceva parte nda), Amnesty International, B'Tselem, Breaking the Silence, Adalah e Al Haq”. Se poi pensiamo che Human Rights Watch ha presentato personaggi come Marc Garlasco, un ossessivo collezionista di cimeli nazisti, tra gli analisti militari di alto livello per indagare sul conflitto di Gaza capiamo ancora meglio le parole e le legittime critiche di Steinberg. Nel frattempo, fortunatamente, c’è stata un’altra indagine, condotta da una squadra di esperti indipendenti delle Nazioni Unite e guidata dal giudice newyorchese Mary McGowan Davis. Il ripensamento di Goldstone, infatti, avviene all’indomani della pubblicazione del rapporto sulla guerra di Gaza redatto dal team della McGowan Davis che ha concluso: “Israele ha dedicato risorse significative a investigare le oltre 400 accuse di cattiva condotta operativa a Gaza mentre le autorità della Striscia, di fatto, non hanno condotto alcuna indagine sul lancio dei razzi e di colpi di artiglieria contro Israele”. Parole che hanno convinto il giudice sud africano a tal punto da chiedere al Consiglio Onu per i diritti umani di “condannare nella maniera più dura Hamas” e non lo Stato ebraico che è tenuto ancora sotto mira dall’Agenzia delle nazioni unite per i rifugiati secondo cui Goldstone “non rappresenta gli altri membri del comitato e ha espresso solo un’opinione personale”. Una mera opinione personale capace, però, di disonorare un’intera nazione. Infatti, la reazione di Gerusalemme non si è fatta attendere e subito il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha chiesto all’Onu "di gettare il Rapporto nel cestino dell’immondizia della storia e l'immediata cancellazione". Mentre per il ministro della Difesa Ehud Barak: “Ora, quanto scrive Goldstone rende giustizia alle nostre forze armate che, come abbiamo sempre affermato, operano sulla base di principi etici molto alti”. E, soprattutto, in difesa della propria esistenza. Una realtà già conosciuta dal giudice Richard J. Goldstone, come lui stesso ha ammesso dal confessionale di Washington ma che scoprirà meglio quando a luglio, invitato dal ministro dell'Interno Eli Yishai, visiterà le città del sud d’Israele minacciate quotidianamente dalla cultualità della morte del terrorismo palestinese.

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