giovedì 7 aprile 2011


Yad Vashem

Sul Web la verità sull’esecuzione di Adolf Eichmann

05 aprile 2011 Aldo Baquis (Ansa) Tel Aviv - L’esecuzione del gerarca nazista Adolf Eichmann - uno degli episodi storici più drammatici nella storia di Israele - provocò lacerazioni nei vertici politici e culturali dello Stato ebraico. In extremis, intellettuali importanti chiesero un atto di clemenza al Capo dello Stato Yitzhak Ben Zvi. Ma il premier David Ben Gurion ebbe l’ultima parola ed Eichmann fu così mandato al patibolo. Questi momenti palpitanti tornano alla ribalta oggi, a 50 anni esatti dal processo al «manager» nazista della `Soluzione finale ´ della questione ebraica, con la pubblicazione su internet da parte degli Archivi di Stato di Israele, su archives.org.il di un centinaio di documenti relativi alla sua cattura in Argentina (1960), al processo (1961) e alla sentenza capitale (1962). Fra quelli divulgati ci sono anche due testi scritti in cella dallo stesso Eichmann: le sue Memorie (che sperava di poter pubblicare in Germania, per finanziare il processo) e un componimento autobiografico (`Goetzen´), con le riflessioni successive al processo. Gli archivi hanno pubblicato anche il contenuto dei suoi colloqui con l’avvocato difensore tedesco, Robert Servazius, in cui ammette fra l’altro di aver fatto ricorso ad abbondanti dosi di alcol dopo aver assistito a fucilazioni di massa di ebrei e di aver visto lo sterminio di altri ebrei ad Auschwitz. Per molti israeliani, rileva l’Archivio, il processo Eichmann fu il primo contatto ravvicinato con la Shoah. In precedenza il loro approccio era stato «unidimensionale», caratterizzato da una incomprensione di fondo verso la sua ampiezza e verso i superstiti. Israele avrebbe dunque seguito come ipnotizzato i dibattimenti processuali: al termine sarebbe divampato il dibattito se eseguire la sentenza capitale. Da un lato, rivela adesso l’archivio, c’era chi si offrì volontario per impiccare Eichmann, animato dalla esigenza di vendicare congiunti uccisi dai nazisti. Ma c’era anche una forte corrente di intellettuali che, per ragioni di principio, si opponeva strenuamente. «Noi non vogliamo che questo aguzzino ci porti al punto che dalle nostre fila esca un boia. Se lo facessimo, elargiremmo all’aguzzino una specie di vittoria, una vittoria che non vogliamo» scrivevano nel maggio 1962 a Yitzhak Ben Zvi alcuni degli intellettuali più rispettati di Israele. Fra questi: il filosofo Martin Buber, lo scienziato Hugo Berman, il ricercatore Gershom Sholem e venti altri ancora. Il dissenso - si apprende ancora da questi drammatici documenti - entrò perfino nella stanza del governo. Il laburista Levy Eshkol (futuro premier) e il nazional-religioso Yosef Burg elevarono la loro voce contro la esecuzione, per ragioni sia di carattere morale che pratico. Ma Ben Gurion - che aveva `pilotato´ il processo da vicino, talvolta tenendo d’occhio anche considerazioni di politica interna - impose il proprio volere ed Israele mandò Eichmann alla forca. Come le vittime nei campi di sterminio, sarebbe stato poi cremato. Le sue ceneri furono infine disperse in mare.

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