venerdì 20 maggio 2011



«TUTTI SONO PREOCCUPATI PER IL FUTURO DEL PIANETA. VIVRÀ BENISSIMO CON O SENZA DI NOI»: Brian Berkowitz ( (WEIZMAN (INSTITUTE) DA TEL AVIV
«Il termine "cleantech" è nato soltanto nel 2002. I venture capitalist di tutto il mondo hanno subito detto: «È la nuova internet». Investimenti dei privati e dei governi, ricerca e tecnologie per la produzione di energia con il minor impatto possibile sull'ambiente hanno reso il concetto molto popolare. Nel 2011 c'è anche una nuova priorità: il "water management". La scarsità di acqua non è un problema futuro, c'è già. In California, in parte dell'Australia, in Africa, in Medioriente, persino in Europa non c'è Paese che non abbia problemi in alcuni periodi dell'anno». Depurazione, messa in sicurezza, software per la gestione e il monitoraggio della rete idrica, desalinizzazione, irrigazione intelligente: diamo l'acqua per scontata ma la sue gestione è un lavoro complesso e ad alta tecnologia. «Non è la nuova internet: ha tempi di ritorno degli investimenti molto più lunghi – continua Assaf Barnea, ceo di Kinrot ventures, il più grande incubatore al mondo dedicato a start-up attive nella gestione delle acque e cleantech – ma dal 2004, quando colossi come Ge e Siemens hanno deciso di entrare nelle tecnologie per la gestione delle acque, si è attivato il venture capital e altri colossi, come Ibm». Nella palazzina di Herzlya, a nord di Tel Aviv, dove ha sede Kinrot, ci sono gli uffici di 12 aziende che si stanno per affacciare sul mercato. Non è un caso che il primo incubatore specializzato sia nato in Israele. L'emergenza idrica qui è una realtà da decenni e la gestione delle acque ha una lunga tradizione che ha seguito l'ambizione di «far fiorire il deserto» (made the desert bloom). Qui è nato uno dei sistemi di irrigazione più efficienti al mondo, noto come "drip irrigation", che arriva alla singola pianta senza sprechi. È adottato in tutto il mondo grazie a Netafim, che commercializza i suoi prodotti dal 1965 e oggi è una multinazionale con sede nel verdissimo kibbutz Hatzerim. Israele ricicla il 75% delle acque, riutilizzandole per l'agricoltura. La grande centrale Shafdan, a Rishon LeZion, tratta le acque municipali e industriali con un lungo procedimento e un percorso di tubi e vasconi, dove microbi e batteri separano gli elementi contaminati dall'acqua, che poi viene utilizzata per irrigare. Il programma nazionale Israel NewTech punta a raddoppiare l'export delle aziende del settore, promuovere la ricerca e le partnership. «Dell'acqua sappiamo che arriva e che va, ma nulla di più – dice Benjamin Levy, responsabile marketing e business development di Miltel – il nostro sistema ti informa fino a sei volte al giorno su quanto stai consumando, portando a un risparmio del 15 per cento». Ci sono poi i sistemi digitali per la sicurezza: «Monitoriamo in tempo reale la tossicità della acque: vengono contaminate non solo per fini terroristici, anzi, più spesso succede per errori o vandalismo» aggiunge un tecnico di Whitewater. La desalinizzazione delle acque marine entro il 2013 darà acqua potabile al 35% del Paese. Il maxi impianto di Ashkelon, della Ide technologies, è il secondo più grande al mondo e si basa sull'osmosi inversa. Ashkelon ha una capacità di 118 milioni di metri cubi di acqua all'anno «con il risultato più economico mai raggiunto: 52-3 centesimi di dollaro per metro cubo – spiega Ezra A. Barkai, desk manager Europa e Africa di Ide –. Il sale che estraiamo torna in mare». L'osmosi inversa separa l'acqua dal sale sparandola a fortissima pressione dentro membrane semipermeabili. Il risultato è un bicchiere d'acqua potabile. luca.salvioli@ilsole24ore.com http://www.ilsole24ore.com/

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