venerdì 18 novembre 2011


Alle radici dell’approccio iraniano al Medio Oriente

Di Aymenn Jawad Al-Tamimi,http://www.israele.net/
Cos’è che spinge l’ambizione dell’Iran a diventare la potenza dominante in Medio Oriente a spese degli stati arabi sunniti del Golfo come l’Arabia Saudita, il Bahrain e gli Emirati Arabi Uniti? È soltanto una questione relativa all’ideologia islamista sciita dell’Iran?Vale la pena ricordare che molte delle politiche militanti ed espansioniste dell’Iran precedono la rivoluzione di Khomeini e la sua ascesa al potere nel 1979. Ad esempio, le rivendicazioni iraniane sul Bahrain risalgono alla risoluzione del 1957 dello scià, laico, Mohammed Reza Pahlavi in cui si proclamava che l’isola costituisce la quattordicesima provincia dell’Iran. Lo scià finì col lasciar perdere, per il momento, il Bahrain, con grande disappunto dei nazionalisti iraniani. Nondimeno, nel 1971 prese il controllo delle isole Abu Musa e Tunbs, nel Golfo Persico: il che costituisce la base di un contenzioso tuttora aperto fra Iran ed Emirati Arabi Uniti per il controllo di quelle isole.Non basta. L’attuale politica di Tehran che fornisce sostegno a gruppi armati in Iraq non è che una continuazione dell’approccio sciita verso il vicino occidentale dell’Iran. Le tensioni furono particolarmente gravi perché lo scià avversava il regime arabo nazionalista ba’athista, durante le contese per il controllo della via d’acqua dello Shatt al-Arab, e appoggiò i separatisti curdi in Iraq almeno fino agli accordi di Algeri del 1975. Di più. Lo scià, come l’attuale regime islamista, cercava di dotarsi di armamenti nucleari, pur continuando a sostenere in pubblico che il suo programma nucleare aveva unicamente scopi civili. Come ha osservato Abbas Milani, direttore di studi iraniani all’Università di Stanford, lo scià lasciò trapelare i suoi veri intenti quando nel 1974 dichiarò a Le Monde che un giorno, “prima di quanto non si creda”, l’Iran sarebbe stato “in possesso della bomba atomica”.Certo, lo scià indubbiamente non era nemico di Israele e non aveva l’abitudine di diramare proclami ostili del tipo “cancellare Israele dalla carta geografica”; ed è innegabile che l’odio dell’attuale governo iraniano verso lo stato ebraico è essenzialmente di natura religiosa. Inoltre lo scià intratteneva rapporti cordiali con l’Arabia Saudita, in quanto entrambi erano contro l’Egitto nazionalista pan-arabo di Nasser. Tuttavia l’ossessione dello scià per le spese militari, le sue bugie sul programma nucleare del paese e l’aggressione contro Emirati Arabi Uniti e Iraq dimostrano che l’egemonia regionale era sicuramente nei suoi piani. Ufficialmente le smisurate spese militari dovevano servire da deterrente rispetto all’Unione Sovietica, ma questo era solo un pretesto giacché gli Stati Uniti erano più che in grado di proteggere il regime dello scià dai disegni di Mosca.Dunque cosa c'è alla base della continuità fra le politiche dell’Iran di oggi e quelle dei tempi dello scià? È significativo il fatto che lo scià, come gli islamisti, odiava il nazionalismo arabo. Il fattore sottostante è dunque una contrapposizione etnica arabo-persiana? Una recente intervista alla tv Al Arabiya dell’eminente intellettuale iraniano Sadek Zibkalam, strettamente legato all’ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani, sembrerebbe suffragare questa tesi. “Il fenomeno dell’odio verso gli arabi – dice Zibkalam nell’intervista – è molto comune fra gli intellettuali. Ogni volta che l’Iran pronuncia una infuocata dichiarazione sui suoi vicini, si può facilmente vedere come sia imperniata sulla convinzione che i persiani sono superiori”. Zibkalam aggiunge che “i costanti attacchi iraniani contro i sunniti scaturiscono dal loro odio verso gli arabi”, che tale ostilità si estende in parte ad altri gruppi non-persiani presenti in Iran come i Lur e i Beluci, e che questi atteggiamenti sono saldamente radicati a livello sia della gente che del governo.In effetti, la convinzione iraniana della superiorità razziale persiana è cosa da non prendere alla leggera. La dinastia Pahlavi che precedette la rivoluzione del 1979 esibiva, come uno dei titoli dello scià, quello di “Aryamehr”, che significa “Luce degli ariani”.Per quanto riguarda il legame fra sentimenti anti-sunniti e sentimenti anti-arabi, è significativo quante siano le fazioni nazionaliste iraniane e pan-iraniste, come SUMKA e la Lega Ariana, che vedono lo sciismo in Iran come una forma di “islam ariano”.Più di recente, a conferma dell’analisi di Zibkalam, è comparso un articolo dell’ayatollah Mohammed Kharrazi, capo dell’organizzazione Hezbollah-Iran ed alto esponente dell’attuale regime. Pubblicato sul sito web di Hezbollah-Iran (e tradotto da Memri), l’articolo non ha suscitato nessuna condanna da parte di altri importanti membri del governo. Probabilmente l’affermazione più eclatante di Kharrazi è che il Corano è stato rivelato in arabo affinché gli arabi, “i più grandi infedeli e ipocriti”, potessero conoscere le meraviglie del Libro “nella più povera delle lingue del mondo”, in netto contrasto con il persiano che a quanto pare è “la lingua superiore degli abitanti del Paradiso”. Kharrazi prosegue propugnando la sottomissione degli arabi e di altri gruppi etnici che si trovano fra Israele e Afghanistan (come i Lur e i Beluci, che figurano un po' più in alto degli arabi nella sua gerarchia razziale) sotto un unico Grande Iran Islamista, vera “patria dell’islam”.
In breve, le continue tensioni fra Iran e, in particolare, gli stati arabi del Golfo sono almeno in parte il prodotto di una tradizionale ostilità razziale arabo-persiana che precede l’ascesa del regime islamista. Pertanto, anche con un cambiamento di regime e la fine della diretta minaccia iraniana all'esistenza di Israele, l’Iran continuerà verosimilmente a battersi per spostare l’equilibrio del potere e dell’influenza regionale in Medio Oriente sottraendolo all’Arabia Saudita, a condizione che non vi sia un nemico comune da combattere, e proseguirà il suo programma nucleare per conseguire questo obiettivo.(Da: Jerusalem Post, 25.10.11)

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