venerdì 11 novembre 2011


Gilad è a casa. Karnit ora pensa alla politica

Le immagini struggenti delle sue lacrime fecero il giro del mondo. L’intera società israeliana abbracciò idealmente la vedova Karnit Goldwasser mentre salutava per l’ultima volta Udi, suo marito, rapito e ucciso dai miliziani Hezbollah. Era il 2008, ma per quasi due anni Karnit dovette lottare per avere notizie del marito, catturato nel 2006 sul confine libanese, e infine riaverne la salma con la magra consolazione di poterne celebrare i funerali. Tutti in Israele conoscono la storia di Karnit, una donna diventata il simbolo della lotta per la liberazione dei soldati rapiti. E che oggi ha deciso di incanalare il suo impegno e la sua popolarità in una nuova avventura: la politica. In una recente intervista al quotidiano Yedioth Ahronot, Goldwasser ha infatti confessato di pensare alla candidatura per le prossime elezioni nazionali. “Avevo già avuto in passato delle proposte dei partiti Kadima e Likud ma non ho mai accettato. Ad ogni modo - ha spiegato - se prenderò la via della politica, non penso che correrò con uno dei partiti presenti. Se arrivassi alla Knesset (il Parlamento israeliano, ndr) non potrei far parte di qualcosa che già c’è”. L’idea potrebbe quindi essere quella di creare un nuovo partito. Un’idea che non sembra troppo remota. “Penso di avere le qualità per poter contribuire alla politica israeliana” dice infatti Ronit. “In particolare sulle questioni socioeconomiche, sull’istruzione e l’ambiente. Da quello che ho capito, non sei tu a scegliere la politica. È lei a scegliere te. La questione è se effettivamente mi ha scelto”. La scomparsa del marito, catturato e ucciso assieme a un altro soldato israeliano, Eldad Regev (i rapimenti portarono al conflitto tra Israele e Libano nel 2006) è ancora oggi una ferita aperta. Condivisa con tante famiglie, orfane di figli, fratelli, nipoti. In particolare Karnit ha partecipato attivamente alla campagna di sensibilizzazione per la sorte di Gilad Shalit. Un profondo legame di amicizia si è così venuto a creare con la madre di Gilad, Aviva. E il giorno della notizia della firma dell’accordo per liberazione del giovane caporale israeliano, la vedova Goldwasser è stata una delle prime persone a recarsi dalla famiglia Shalit per festeggiare. Poche ma significative le parole pronunciate in quella occasione: “Sono venuta per abbracciare Aviva e Noam. Gioisco della loro gioia perché almeno Gilad è riuscito a tornare a casa”.Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, novembre 2011, http://www.moked.it/

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