martedì 28 febbraio 2012

Peer, uno smash contro l'intolleranza

TENNIS – Nel 2009 l'israeliana Shahar Peer era stata considerata ospite non gradita a Dubai e non le fu permesso di giocare il torneo. Dopo la minaccia di sanzioni agli organizzatori da parte della WTA, ha partecipato alle successive tre edizioni, l'ultima delle quali questa settimana dove è stata eliminata al secondo turno. "Mi hanno trattato nel migliore dei modi, è positivo che lo sport sia un veicolo che aiuti ad abbattere le barriere".

Da sempre la politica ha cercato di influenzare lo sport, piegandolo ai suoi interessi. Nel suo piccolo, ne sa qualcosa Shahar Peer, che non è (era?) ben vista nel mondo arabo per il solo fatto di essere nata in Israele. Il caso scoppiò alla vigilia del torneo di Dubai del 2009. Non era la prima volta che la Peer si esibiva nel Golfo Persico: l’anno precedente aveva giocato a Doha e prima di allora nessun atleta israeliano aveva messo piede lì. Ma a Dubai era stata considerata ospite non gradita e non le venne concesso il visto d’ingresso negli Emirati Arabi Uniti: una decisione scandalosaFortunatamente la WTA intervenne con decisione, minacciando robuste sanzioni se il fatto si fosse ripetuto in futuro. L’anno successivo la Peer si sarebbe potuta rifiutare per ripicca di partecipare, invece fece sapere di volerci essere e come d’incanto le porte per lei furono spalancate. La stampa internazionale diede ampio risalto alla vicenda e l’israeliana fu costretta a giocare spesso sui campi secondari, con una sicurezza assai rinforzata. Una sua vittoria sarebbe stata una bella storia: superò tra le altre la Wozniacki e Na Li, ma si dovette arrendere in semifinale a Venus Williams. L’anno successivo tornò sul luogo del "delitto" e raggiunse i quarti, dove la Wozniacki si prese la rivincita.Attualmente la Peer, 24 anni, è scesa al numero 37 del ranking mondiale e gli organizzatori del torneo degli Emirati le hanno fatto una bella sorpresa. “Sono contenta di farvi sapere che ho ricevuto una wildcard per Dubai", ha scritto Shahar su Twitter la settimana scorsa. Sembra passato un secolo da quell’incivile rifiuto. L’avventura è durata poco, visto che al secondo turno è stata eliminata dalla Radwanska, ma mai come questa volta si può dire che la Peer ha comunque vinto il suo torneo.“Mi sono trovata benissimo sia a Doha che a Dubai – ha dichiarato –, mi hanno trattato nel migliore dei modi. Mi ha fatto piacere tornare, penso sia un segnale positivo. E’ importante riuscire ad abbattere le barriere: la politica e lo sport non devono mischiarsi”. Shahar è molto patriottica e, oltre ad aver svolto il servizio militare nell’esercito israeliano, nel 2010 ha partecipato all’annuale "March of the Living" dal campo di concentramento di Auschwitz a quello di Birkenau. Un’esperienza compiuta insieme a nonna Yuliana (da ragazza deportata ad Auschwitz) e mamma Aliza. "Era la prima volta che la nonna tornava in quei luoghi e non è stato facile convincerla: è stato difficile per lei, ma alla fine ha accettato per farci piacere".Ora l’obiettivo è migliorare la classifica. La Peer sta lavorando sodo con coach Harold Solomon (ex top ten), che la segue sul posto solo nei tornei più importanti, come gli Australian Open, ma spesso è lei a raggiungerlo in Florida: “Abbiamo un ottimo rapporto – ha spiegato l’israeliana –, lui come me ama il lavoro duro, per questo ci capiamo al volo”. Dopo aver chiuso la scorsa stagione in anticipo per un problema alla schiena, il 2012 può essere l’anno del suo riscatto. Alberto Giorni, http://www.ubitennis.com/

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