mercoledì 28 marzo 2012

Israele dopo Tolosa

Bologna, 28 marzo 2012 - La strage nella scuola ebraica di Tolosa è risultata opera di un fanatico islamista, e Gerusalemme si è congratulata con Sarkozy per la veloce soluzione del caso. Ma sono gli iniziali, declamati sospetti circa una pista neonazista, una cellula hitleriana incistata addirittura nei corpi d’élite dell’esercito francese, a riguardare tutti noi e il nostro rapporto con Israele. Quei sospetti, benché infondati, hanno rammentato ancora una volta allo Stato ebraico l’impossibilità, a suo giudizio, di coinvolgere con fiducia l’Europa nei negoziati di pace in Medio Oriente. E all’Europa hanno ricordato una volta di più il suo figlio perduto, il suo braccio amputato: dalla caduta del secondo Tempio, duemila anni fa, alla seconda guerra mondiale il vecchio Continente fu la sede, come scrisse il fondatore di Israele David Ben Gurion, "del centro culturale e spirituale del nostro popolo". "Quel centro è stato estirpato", aveva aggiunto ricordando la Shoah. L’Europa è scomparsa dall’orizzonte ebraico contemporaneo.Se Israele non si fida dell’Europa e guarda esclusivamente agli Stati Uniti per negoziare un problema, quello palestinese, che pure investe il Mediterraneo e le frontiere della Ue, il motivo sta anche nella foto sfocata dei tre parà francesi di Tolosa inizialmente sospettati dell’uccisione del professore israeliano e delle sue bambine. Tre esaltati che fanno il saluto nazista, dietro una bandiera con la svastica. "È perché uccidono gli ebrei che lo Stato di Israele è stato creato", ha detto subito dopo la strage il premier israeliano Benjamin Netanyahu, riassumendo una semplice verità: che se le prime colonie sioniste in Palestina risalgono agli anni Venti, è solo dopo la Shoah che Israele ha potuto nascere.La Shoah è l’evento fondante dello Stato di Israele, a tal punto indistricabile da esso che Golda Meir rintracciò proprio nelle ore cupe delle camere a gas la preesistenza della nuova nazione: "Un Paese — disse all’Onu — che già esistette nel cuore e nella mente di quei sei milioni quando, diretti al crematorio, intonarono il canto della nostra fede".Israle, espressione di un trauma collettivo, è nato come garanzia per gli ebrei di tutto il mondo che c’è uno Stato, una terra dove andare il giorno che dovesse ricominciare la persecuzione. Ciascun ebreo lo sa, e in nome della difesa di quello spazio-zattera così irrinunciabile non può intendere le ragioni di altri che, oggi, sono a loro volta oppressi. L’America, dove la cultura ebraica ha ricostruito il proprio habitat anglicizzando l’yiddish — forgiato nel corso dei secoli in Europa centrale mischiando ebraico, tedesco, polacco e slavo in un’unica lingua, strumento di una letteratura che ci parla di un mondo oggi perduto per sempre — questa America ha il diritto di indicare errori e colpe di Israele, di proporre mediazioni. L’Europa non ci riesce. La Shoah fu concepita e realizzata in Europa, non altrove. I continui fantasmi che riemergono dalle subculture di un Continente scosso da rigurgiti razzisti ci tolgono, con dolore, il ruolo di interlocutori.Andrea Fontana, http://qn.quotidiano.net/

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