sabato 17 marzo 2012

La comunità ebraica vota Obama. Ma l’Old party gioca la carta Iran

Di Massimiliano Santalucia, http://affaritaliani.libero.it/

Comunque andranno a finire le presidenziali negli Usa ai repubblicani non si potrà certo rimproverare la mancanza di perseveranza. Approfittando della recente visita oltreoceano del primo ministro israeliano Netanyahu e del convegno della Aipc (American Israel Public Affairs Committee, la principale associazione israelo-americana), l’Old Party si è rimesso a caccia del voto dell’influente comunità ebraica americana in vista delle prossime presidenziali e lo ha fatto adottando una strategia collaudata già in passato. I repubblicani si sono lanciati in decisi attacchi contro Obama accusandolo di non essere un vero amico dello stato ebraico e rimproverandogli di non adottare una posizione maggiormente dura nei riguardi dell’Iran. Tale approccio non rappresenta una sorpresa; ad ogni campagna elettorale sia i repubblicani che i democratici corteggiano le principali comunità presenti nel paese prodigandosi in lodi per la terra d’origine degli elettori e promettendo miglioramenti nei rapporti bilaterali.Tuttavia questa dinamica è ancora più lampante nel caso dell’assalto repubblicano al voto ebraico in cui si enfatizza fortemente l’appoggio incondizionato a Israele e si promette di non assecondare le richieste palestinesi. Questa immutabile strategia però suscita diverse perplessità poiché essa non è ancora riuscita a conquistare il cuore e le menti della comunità ebraica americana la quale ha spesso votato in massa per i democratici. Così è stato anche nel 2008 e per il 2012 il trend non sembra destinato ad invertirsi. Secondo un recente sondaggio della Gallup negli ultimi quattro anni la percentuale di ebrei americani che ha approvato l’operato di Obama è stata del 14% superiore rispetto agli altri elettori mentre un’altra indagine demoscopica indica che presso la comunità ebraica l’inquilino della Casa Bianca raccoglierebbe il 63% dei consensi contro il solo 24% del repubblicano Romney. Malgrado gli americani di origini israelita nutrano indubbia simpatia per Tel Aviv, quando si tratta di andare alle urne però danno la priorità alle questioni interne, prima fra tutti l’economia, esattamente come tutti gli altri loro connazionali. Inoltre la comunità ebraica negli Usa non è assolutamente un blocco monolitico e rivolgersi a essa come se fosse un unico interlocutore enfatizzando l’appoggio a Israele potrebbe essere un errore. Ancora oggi L’Aipc riveste il ruolo guida fra le associazioni ebraico-americana nel paese ed appoggia la politica estera di Tel Aviv. Tuttavia il suo primato è stato recentemente messo in discussione dalla nascita di nuove organizzazioni ebraiche come la J Street che si fanno portatrici di un approccio più critico verso il governo israeliano e assumono posizioni più favorevoli alla causa palestinese.Ma non ci sono solo ragioni politiche dietro l’appoggio dei cittadini israeliti al partito democratico. Ad Affaritaliani.it il professor Jonathan Sarna, docente di studi ebraici presso la Brandeis University di Waltham nel Massachusetts, ha spiegato come ci sia anche una dimensione culturale nella comunità ebraica americana che spinge molti dei suoi componenti a votare per i democratici. “I cittadini israeliti in questo paese sono molto sensibili a valori come la tutela delle minoranze, la promozione dell’assistenza sociale e la riduzione del divario fra ricchi e poveri. Inoltre la maggior parte degli ebrei-americani vede con favore la divisione fra stato e chiesa e ciò non si concilia con l’accentuazione degli elementi cristiano evangelici molto presenti nel partito repubblicano.” Un simile scenario sembrerebbe rendere il tentativo di conquista del voto ebraico da parte dell’Old Party una sorta di missione impossibile e fa pensare che l’ennesima adozione della linea pro-israeliana per fini elettorali sia destinata a fallire.Tuttavia c’è un aspetto che potrebbe rendere il disegno repubblicano meno illogico e che forse potrebbe spiegare le ragioni dell’insistenza nell’appoggio a Tel Aviv. Se da un lato la maggior parte dei cittadini statunitensi d’origine israelita sembrano sostenere i democratici, dall’altro è però vero che vi è incertezza su come questo consenso si distribuirà sul territorio nazionale. “La comunità ebraica potrebbe essere decisiva in alcuni stati chiave come la Florida” aggiunge ancora il professor Sarna. “La partecipazione elettorale è molto alta presso la comunità ebraica, conquistare anche solo pochi voti in uno stato chiave dove i margini fra i due partiti sono spesso molto ristretti potrebbe essere decisivo per la vittoria finale. Inoltre bisogna considerare che ci sono pur sempre alcune componenti della comunità ebraica come gli ortodossi e gli ebrei di origine russa arrivati dall’ex-Urss che simpatizzano per i repubblicani e possono spostare una quota di consenso.” I democratici sembrano essere consapevoli di tale situazione e non hanno sottovalutato il corteggiamento repubblicano verso la comunità israelita. Diversi esponenti democratici al Congresso hanno dichiarato di condividere l’idea repubblicana di un maggior appoggio a Israele e lo stesso Obama è intervenuto direttamente al convegno dell’ Aipc sottolineando l’impegno della sua amministrazione in favore dello storico alleato.Ma mentre i due partiti statunitensi gareggiano a chi si mostra maggiormente filo-israeliano e i repubblicani si distinguono per la radicalità delle loro posizioni, l’appoggio reale a Tel Aviv da parte dei cittadini statunitensi d’origine israelita sembra invece essere recentemente entrato in una fase di ridimensionamento. Secondo uno studio del Hebrew Union College di New York le nuove generazioni di ebrei americani non si sentirebbero così legate a Israele come invece è capitato ai loro predecessori. Il nuovo trend sarebbe dovuto sia ai numerosi matrimoni misti che avrebbero limitato il senso d’identità ebraico, sia al fatto che l’appoggio dell’ Aipc alla politica d’Israele è stato visto da molti in contraddizione con i valori liberali che invece si vorrebbero difendere. Nel breve termine tale trend non dovrebbe avere un grosso impatto sulla comunità ebraica americana, ma sugli scenari nel lungo termine non c’è certezza. La battaglia per la conquista del voto ebraico è cominciata e i repubblicani ancora una volta la combattono con le stesse armi. Senza forse rendersi conto che esse stanno oramai diventando obsolete.

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