mercoledì 14 marzo 2012


Perché continuano a lanciare razzi su Israele

Di Avi Issacharoff, http://www.israele.net/
Non c’è dubbio che una delle ragioni dell’insistenza con cui la Jihad Islamica palestinese ha continuato a sparare razzi contro il sud di Israele è stata la palese mancanza di “successi”. Dopo aver lanciato più di 200 razzi, non erano riusciti a uccidere nemmeno un israeliano (che è quello che volevano). Di più. Il sistema anti-missilistico “Cupola di ferro”, che ha abbattuto in volo gran parte dei razzi, si è dimostrato un formidabile ostacolo che i gruppi terroristici non riescono a superare nemmeno sparando raffiche di razzi tutti insieme.Ma la mancanza di vittime israeliane è solo uno dei motivi di frustrazione della Jihad Islamica e degli altri lanciatori di razzi, i Comitati di Resistenza Popolare. Un altro motivo non meno importante è il fatto che l’attuale round di ostilità è finito decisamente in secondo piano sulla scena generale del mondo arabo, cosa assi diversa dal solito copione. Sulla base delle precedenti fiammate di combattimenti, i gruppi palestinesi si erano abituati a vedere tutto il modo arabo reagire immediatamente ai raid israeliani con condanne, esecrazioni, proteste e altre iniziative anti-israeliane. Questa volta, invece, hanno dovuto constatare che il loro protettore siriano, il presidente Bashar Assad, è riuscito a rubargli la scena attirando l’attenzione dell’opinione pubblica araba su quello che succede in Siria più che nella striscia di Gaza. Lunedì, al culmine della crisi di Gaza con 23 “militanti” palestinesi morti e decine feriti, gli scontri fra palestinesi e israeliani figuravano solo al terzo o quarto posto nei notiziari delle tv arabe, soprattutto dopo che erano state rivelate le dimensioni della strage perpetrata nel quartiere Karm el-Zeitoun della città siriana di Homs. Entrambi i grandi network satellitari arabi, Al-Arabiya e Al Jazeera, hanno mandato in onda più e più volte le agghiaccianti immagini degli oltre venti bambini uccisi in Siria e dei corpi di uomini e donne trucidati e arsi vivi. La questione palestinese veniva trattata nel migliore dei casi come seconda notizia.Oltre a questo, sia i Comitati di Resistenza Popolare che la Jihad Islamica hanno qualcosa da dimostrare. I Comitati di Resistenza Popolare hanno davvero subito un duro colpo, venerdì, con l’eliminazione del loro segretario generale Zuhair al-Qaissi, che era al comando soltanto dallo scorso agosto quando aveva rimpiazzato Kamal al-Naireb, a sua volta ucciso da Israele. I Comitati di Resistenza Popolare hanno annunciato che terranno segreto il nome del nuovo capo, ma vari osservatori a Gaza ritengono che in realtà il gruppo soffra in questo momento di un vuoto di leadership. A maggior ragione i suoi “militanti” sono ansiosi di dimostrare che l’organizzazione è ancora operativa. Sebbene in passato i Comitati di Resistenza Popolare e Hamas siano andati abbastanza d’accordo, come dimostra la loro collaborazione nel lungo sequestro di Gilad Shalit, negli ultimi mesi i Comitati hanno operato in modo indipendente, progettando attentati senza tener conto dell’interesse di Hamas a mantenere una relativa calma.Circa la Jihad Islamica palestinese, il suo chiaro obiettivo è quello di mettere in imbarazzo Hamas e rafforzare la propria posizione in concorrenza con gli attuali padroni di Gaza. Nel corso degli anni, la Jihad Islamica si è trasformata da un leale alleato di Hamas in una forza di opposizione interna, una forza convinta d’aver svergognato in pubblico Hamas. Nei giorni scorsi i portavoce della Jihad hanno più volte lasciato intendere che Hamas avrebbe abbandonato la “resistenza” contro Israele e che la Jihad rimane la vera punta di lancia nella lotta contro “il nemico sionista”.Ma ci sono anche altri motivi di tensione fra i gruppi palestinesi. La Jihad Islamica, i cui capi stanno ancora in Siria, non si è certo affrettata a troncare i legami con Assad né col suo protettore iraniano, mentre Hamas nelle ultime settimane si è trovata coinvolta in pubbliche controversie sia con Damasco che con Tehran.È facile supporre che l’Iran stia incoraggiando il segretario generale della Jihad Islamica, Ramadan Shallah, che ancora fa base a Damasco, a spronare i suoi uomini a continuare i lanci da Gaza contro Israele: deviare di nuovo l’attenzione di Israele dal programma nucleare iraniano alla striscia di Gaza non può che far comodo a Tehran. Ma la Jihad Islamica capisce che mosse estreme, come potrebbe essere il lancio di razzi sull’area metropolitana di Tel Aviv, susciterebbero una dura reazione da parte di Israele, una reazione che quasi sicuramente coinvolgerebbe anche Hamas nei combattimenti. Sotto molti aspetti, invece, i terroristi della Jihad preferiscono che Hamas se ne stia da parte, lasciando a loro il ruolo dei massimi guerrieri anti-Israele.(Da: Ha’aretz, 13.3.12)

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