sabato 28 aprile 2012
Una notte di pattuglia
BASE AVANZATA 1-31 (Libano del Sud) –
I ragazzi sono pronti per la pattuglia notturna. Stanotte l’assetto è
eccezionale. Oltre ai due Lince, con a bordo sei uomini in tutto, sono
stati aggiunti due VM Torpedo, chiamati semplicemente “Protetti”, mezzi
blindati scelti stanotte per trasportare i giornalisti. Tra i soldati si
avverte una certa tensione. Sono tutti concentrati.La missione Unifil prevede un’accurata perlustrazione in ogni distretto
del Libano meridionale, anche (e soprattutto) di notte. Perché è
soprattutto sotto questo spettacolare manto di stelle, traffici di armi,
spostamenti di milizie e sconfinamenti.«Partiremo da Shama e ci sposteremo verso ovest, per seguire la costa
fino alla Blue line», ci racconta il capo assetto. «Da qui rientreremo
verso il nord, attraversando i villaggi di al-Mansuri e Majda Zun.
Punteremo verso Wadi an Nalkhah e infine torneremo alla base». Tempo
stimato: tre ore circa. Con la mano il capo indica i punti che la
pattuglia toccherà sulla cartina. «Ci sono domande?» No, si parte.Il caldo del giorni precedenti si è attenuato. E nella notte, oltre
alla temperatura più bassa, c’è da contrastare la forte umidità. Il
giubbotto antiproiettile non tiene caldo. Siamo tutti infreddoliti.Ci si muove. Ordine di servizio: osservazione e ascolto dell’area
indicata. Ai militari spetta il monitoraggio di eventuali spostamenti in
Libano, così come oltre la Blue line. Anche l’esercito israeliano è
suscettibile di violare la risoluzione Onu numero 1701. In ogni caso,
Unifil deve riferire all’esercito libanese, il quale (in teoria)
dovrebbe attivarsi in maniera concreta. «Siamo come un notaio che non
può assolutamente intervenire sull’atto, ma solo certificarlo», piegano
al comando generale Unifil. Poi, se è necessario adottare provvedimenti,
la palla passa ad altri.Nel “Protetto” c’è puzza di gasolio, poca luce e il fragore del
motore. Un contesto usuale per chi scrive dal teatro operativo. Le
scomodità vengono compensate dalla condivisione di essere, soldati e
giornalisti, sullo stesso mezzo. Basta uno sguardo del bersagliere che
mi è a fianco: «Benvenuto nel mio ufficio». Replico con un sorriso.Dalla base di Shama alla postazione 1-31, ci sono circa dieci
chilometri. Li percorriamo in mezz’ora. Una volta arrivati alla base
avanzata si scende a terra. I venti uomini della postazione accolgono
colleghi e giornalisti come in Italia si accoglierebbero dei parenti
arrivati da lontano. Dopo due mesi di quasi isolamento, fa piacere
vedere facce nuove. Un giro della struttura, la presentazione dei vari
incarichi, infine l’osservazione di Israele. Dall’alto di una torretta
di guardia si butta l’occhio al di là della Linea blu. Il silenzio è
totale. Le stelle non si fanno scrupolo di illuminare l’uno o l’altro
Paese. alle nostre spalle, la terra del Libano appare brulla,
incontaminata. Al di là del confine, migliaia di luci. Villaggi
israeliani apparentemente assopiti, ma con la mente sempre vigile per
anticipare o reagire a eventuali azioni del nemico. Osservando bene la
costa, si può arrivare fino ad Haifa. In linea d’aria, tra qui e
Gerusalemme ci sono quasi 150 chilometri. Meno che da Genova alla
Corsica.Quel che la macchina fotografica non può inquadrare nel buio – in
pattuglia i flash sono logicamente vietati – lo mette a fuoco il
cervello. Non servono i visori notturni per capire in che mondo ci
troviamo. Dall’alto di Wadi an Nalkhah, la gola scavata nei secoli da un
fiumiciattolo appare plumbea. Laggiù in fondo può succedere di tutto.
Può essere che stanotte, oppure domani, venga montata una rampa per il
lancio di un razzo, come che transitino armi. Da Israele, a quel punto,
si alzerebbe il grido: «Allarme Hezbollah!». Anche se non è detto che si
tratti dei miliziani sciiti del “Partito di Dio”. Anzi, gli sciiti di
Hezbollah da un po’ sono più propensi a darsi alla politica nella
capitale, invece che all’azione. Fatto sta che, da quel Wadi, si
scatenerebbe un nuovo inferno su tutto il Libano. «Siamo qui per evitare
il peggio», mi dice, mormordando, l’ufficiale bersagliere. La luce è
poca. Abbastanza però per far emergere il suo Casco blu piumato. Sempre
nella penombra lo intravvedo che sorride.Per il resto, silenzio. Si torna a Shama. Nulla da segnalare. di Antonio Picasso, http://www.rivistastudio.com/
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