martedì 1 maggio 2012
Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»
Il governo inglese si
era già schierato dalla parte dei datori di lavoro che vogliono vietare
ai propri impiegati di indossare simboli religiosi. Ora, però, la Gran
Bretagna si è spinta oltre, discriminando la libertà di espressione di
alcune confessioni.Il fulcro della relazione che la Gran Bretagna ha portato
davanti alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, sul caso di due
donne licenziate perché portavano la croce al collo, dice – in sostanza
– che a rimetterci deve essere la religione cristiana, proprio grazie
al suo carattere liberale. Mentre quella musulmana deve essere
rispettata per via delle norme che vincolano i suoi fedeli. Per il
governo, insomma, le croci si possono vietare, mentre il velo e il
turbante no.Le due vittime, Nadia Eweida e Shirley Chaplin, furono
licenziate nel 2006 e, in seguito, persero il ricorso presentato
davanti ai tribunali inglesi. La prima donna fu licenziata dalla British
Airways perché si rifiutò di togliere la croce che portava al collo
che, a parere dei dirigenti dell’azienda, rovinava la divisa della
compagnia. La seconda fu esclusa dal reparto di un ospedale statale in
cui lavorava da 30 anni per non aver accettato di nascondere la
catenina.Neil Addison, avvocato del Thomas More Legal Centre
(per la difesa delle vittime di discriminazioni religiose), ha
sottolineato che le motivazioni del governo inglese si spostano sempre
più in là: «Non si vietano più simboli religiosi in generale, ma si
proibisce di portare simboli cristiani in pubblico per il fatto che non
sono obbligatori. Diversamente dal velo o dal turbante islamici che,
invece, devo essere accettati perché imposti dal credo musulmano. Questo
significa privilegiare alcune religioni rispetto ad altre». Tale
decisione, ha continuato Addison, è ancor più grave dal momento che
«mina le fondamenta di uno Stato laico, lasciando che la giustizia
prenda decisioni su basi religiose e teologiche per dire cosa sia
obbligatorio o meno».I media europei non hanno parlato della vicenda. A
dare, invece, ampio risalto alle nuove motivazioni legali è stata la
televisione russa, che ha paragonato le misure inglesi a quelle
sovietiche: «Un grande errore viene fatto oggi dall’Occidente liberale
che impone alle persone libere le misure che ci imposero i regimi
totalitari. (…) Non sanno cosa significa la persecuzione religiosa. È un
segno di follia preoccupante quando norme di questo tipo non solo
vengono introdotte, ma addirittura discusse come ragionevoli. Che c’è,
infatti, di violento nel portare una croce al collo? Chi e cosa si può
danneggiare? Perché si possono portare amuleti, veli o turbanti e non
indossare simboli d’amore?»Twitter: @frigeriobenedet http://www.tempi.it/
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