giovedì 31 maggio 2012


Le Olimpiadi della paura

Il rifiuto del CIO di commemorare – a quarant’anni di distanza – le vittime della strage di Monaco è stato commentato, con nobili parole, da Pierluigi Battista, in un accorato articolo, che ne conferma (nel quadro generale della nostra pubblica informazione) la figura di “rara avis”, di “vox clamantis in deserto”. “È evidente – scrive Battista - il motivo per cui il CIO si rifiuta di ricordare con un minuto di silenzio a Londra il massacro olimpico di Monaco '72: la paura. Il terrore di boicottaggi e rappresaglie solo per un minimo gesto di omaggio agli atleti israeliani uccisi quarant'anni fa da un commando di terroristi palestinesi. La preoccupazione di urtare la suscettibilità di chi non vuole riconoscere lo Stato di Israele e dunque non pensa che i morti ammazzati di Israele, uccisi in Germania nel mezzo di una competizione olimpica, debbano essere onorati. La paura, il terrore. Nessun'altra spiegazione plausibile”. “Si sancisce così – conclude il giornalista il principio che alcuni morti non possono nemmeno essere nominati, che il CIO è ostaggio di chi addirittura sente il massacro di Monaco come una bandiera da sventolare. Una pagina orribile della storia. Uno sfregio alle Olimpiadi: le Olimpiadi della paura”.
Tale triste pagina si collega direttamente alla reazione, altrettanto inqualificabile, del Comitato Olimpico dopo la strage, quando si scelse, con inaudito cinismo, di continuare i giochi come se niente fosse accaduto, celebrando la cerimonia finale in pompa magna, in un gioioso clima di festa. Belle ragazze sorridenti, folle plaudenti, bandiere al vento, palloncini in aria. Solo la delegazione israeliana scelse di disertare la sfilata: ma gli israeliani, si sa, sono un po’ permalosi, appena uno fa uno scherzo appena pesante dicono subito che “non ci giocano più”. Gli altri no, sanno stare agli scherzi, e poi, come si dice, chi muore giace, e chi vive si dà pace.Battista scrive che il motivo della mancata commemorazione è la paura. Vorremmo sperare che abbia ragione. La paura è un sentimento umano, tutti la proviamo. Chi può dire di non essere mai stato vile, in qualche circostanza della propria vita? Chi, di fronte a una palese ingiustizia, una prepotenza, un’umiliazione subita da qualcun altro, non ha mai scelto di girare la testa da un’altra parte, pensando “in fondo non sono fatti miei”, “chi me lo fa fare di mettermi in mezzo”, “meno male che non è capitato a me”’, o qualcosa del genere? Non siamo tutti eroi, è normale. Pensare che il CIO non sia fatto di eroi sarebbe, quindi, nella natura delle cose. Ma non è detto che sia proprio così. Può ben darsi che il rifiuto sia stato opposto non per paura, ma per convinzione. L’assassinio degli atleti israeliani, possono avere pensato, è stato un episodio di guerra, una guerra che non ci riguarda, che non riguarda le Olimpiadi, e quindi non dobbiamo immischiarci. Un ragionamento, un’ipotesi, agghiacciante, ma tutt’altro che peregrina.Comunque sia, paura o convinzione che sia, il fatto è quello che è. E suscita, più che rabbia, un senso di penosa, disperante fatica. La fatica di doversi sforzare, giorno per giorno, di vivere in modo ‘normale’, facendo conto di abitare un mondo ‘normale’, dove tutti dovrebbero comportarsi con te secondo ‘normalità’. La fatica di doversi illudere, ogni mattina, che anche per te, come per tutti, debbano valere le leggi del diritto, dell’etica, della solidarietà, dell’umanità, della compassione. E di dovere constatare, ogni sera, che non è così.Francesco Lucrezi, storico
, http://www.moked.it

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