mercoledì 10 ottobre 2012

Comunità Ebraica di Milano – Assessorato alla Cultura Gruppo Sionistico Milanese / Il Nuovo Convegno

Presentazione del libro biografico “Enzo Sereni, L’Emissario” casa editrice Le Chateau di Aosta.La vicenda umana, politica, esistenziale di una figura del Novecento ebraico italiano e internazionale.Il fuoco nella mente Le scelte di vita e le molte vite di Enzo Sereni Mercoledì 10 ottobre 2012 / 24 tishrì 5773 – ore 20.30 Aula Magna A. Benatoff della Scuola Ebraica – Via Sally Mayer 2 – Milano Intervengono: Marco Brunazzi e David Bidussa Conduce e modera: Stefano Jesurum
Enzo Sereni, nato a Roma nel 1905 da Samuele Sereni e Alfonsa Pontecorvo, con la moglie Ada nel 1927 si trasferì in Eretz Israel dove fondarono il kibbutz Ghivat Brenner. Quando scoppiò il secondo conflitto mondiale, Enzo andò a combattere contro i nazisti. Paracadutato in Italia, fu catturato dai tedeschi e deportato a Dachau, dove morirà. Ada, tornata in Italia a cercare il marito, ignara della sua sorte, si dedicò con energia e passione all’espatrio clandestino degli ebrei in Palestina, l’Alyah Beth.
Enzo  Sereni, “Ebreo-italiano-filosofo-manovale-socialista”
di Maria Luisa Moscati Benigni
“Ebreo-italiano-filosofo-manovale-socialista”, così venne subito definito Enzo Sereni, nella borgata di Rehovot dove venne assunto come operaio giornaliero in un aranceto quando, sul finire del 1926, fece l’ Aliàh con la moglie Ada Ascarelli e la piccola Hana di pochi mesi.Enzo, rampollo dell’alta borghesia romana era figlio di Samuele Sereni medico del Re d’Italia, e di Alfonsa Pontecorvo. Aveva due fratelli: il  minore Emilio, storico, sarà il primo membro del PCI ad essere eletto ministro nel primo governo postbellico, il maggiore Enrico, scienziato legato al movimento antifascista di “Giustizia e Libertà”, partito come volontario nella prima guerra mondiale, avrà grande influenza nella sua formazione. Fin d’allora, pieno di entusiasmo, Enzo pubblicherà diari ed appunti che dimostrano la grande perspicacia politica di Enzo ragazzo, poi, entrato nella cerchia che Vamba aveva  formato attorno al “Giornalino della domenica” dà vita ad una copiosa produzione letteraria: novelle, poemi, romanzi. Ma il romanzo più bello sarà tutta la sua vita.Con il suo carattere non poteva non infiammarsi  per D’Annunzio, per l’impresa di Fiume e il nascente fascismo, ma sebbene ragazzo, seppe cogliere subito la minaccia alla libertà insita nel fascismo stesso e nei giorni della Marcia su Roma annota:“22 ottobre 1922- Il fascismo infuria, terribile e orribile…Sono stato in giro.. Schifo: non c’è altro da dire..”Ma la lotta cui dedicò tutto se stesso fu per il risorgimento del popolo ebraico che poteva attuarsi solo nella patria antica, in Palestina. Ed è proprio il fratello Enrico, reduce dal Congresso sionistico di Karlsbad del 1921, che gli trasmette il “bacillo” del sionismo, come egli stesso scriverà sulla Rassegna mensile di Israel (luglio-agosto 1931).I suo sionismo non fu, come usava allora negli ambienti dell’Italia ebraica, ideale e spirituale, ma investì e condizionò l’intera sua vita.Fu segretario e animatore del gruppo “Avodà” (lavoro) fondato a Roma da Dante Lattes e Moscè Beilinson, coloro che Enzo considerò i suoi maestri unitamente a Berl Caznelson che gli fu amico sino alla fine.A proposito dello scopo per cui era sorta, il programma diceva: “l’organizzazione Avodà vuole che il risorgimento del popolo ebraico in Erez Israel avvenga mediante la creazione di una libera società ebraica in cui non ci siano né sfruttati, né sfruttatori; che il popolo d’Israele nella Diaspora ritorni ad una vita produttiva ed a una viva cultura ebraica. Per raggiungere tali scopi si vuole: 1) che ognuno consideri se stesso pioniere del risorgimento. 2) che ognuno si renda padrone degli elementi essenziali della viva cultura ebraica, quali la lingua, la letteratura ecc. 3) che ognuno si prepari a stabilirsi in Erez Israel, 4) che ognuno si costituisca un’esistenza produttiva nella Diaspora, 5) che ognuno lavori il più largamente possibile tra le masse della Diaspora onde avvicinarle al lavoro e alla cultura ebraica”.E nel Convegno giovanile di Livorno del 1924, in un’atmosfera pervasa di spiritualismo quasi mistico, dopo aver denunciato la profonda crisi dell’ebraismo nella diaspora, annuncia la sua decisione di trasferirsi quanto prima in Erez Israel per lavorarvi lui stesso con le sue braccia.Scrive Marcello Savaldi in un opuscolo in memoria di Enzo Sereni “Così fu Enzo sino alla fine: l’azione seguiva inevitabilmente il pensiero ed egli era sempre il primo a compiere quanto chiedeva agli altri”.Lo studio era l’altra sua grande passione per cui, conseguita la laurea in filosofia,  inizia una brillante carriera universitaria, assolverà  poi l’obbligo del servizio militare e soprattutto si unirà in matrimonio con Ada Ascarelli, laureanda in Lettere, che con lui divideva il sogno.E fu così che sul finire del ’26 annunciarono alle rispettive sbigottite famiglie la decisione di lasciare la loro normale agiata esistenza per fare l’ Aliàh, la salita a Sion.Con una bimba di pochi mesi si fermarono quindi nella borgata di Rehovot fondata da  russi emigrati  nella prima aliàh di fine Ottocento. Lì trovano lavoro, ma non era questo lo spirito che li aveva spinti  a lasciare Roma, bensì  valori come “visione religiosa della vita, -scrive la stessa Ada Sereni- coscienza morale intesa come responsabilità dell’uomo verso il proprio simile, posizione filosofica avversa al fascismo e a qualsiasi totalitarismo portato a sopprimere la libertà di pensiero e la ricchezza delle diversità umane…”.In quanto a Enzo, uomo di cultura, sentiva prepotente il bisogno di vivere a contatto con i libri  in un ambiente portato alla speculazione intellettuale.La soluzione ai loro problemi venne allorché decisero di creare   un kibbutz:  il kibbutz  Ghivat Brenner (collina Brenner, un ideologo del sionismo socialista) ove, insieme ad altri ventisei giovani  di origine polacca, piantarono cinque tende attorno a due baracche di legno, una per la mensa e attività culturali (ove Enzo aveva sistemato i libri che si faceva spedire dall’Italia), e l’altra per i bambini. E si misero a dissodare la terra (acquistata dal Fondo Nazionale Ebraico), una terra coperta di sassi e di cardi pungenti, senza strada né acqua né luce ma, scrive ancora Ada, “… per noi era una sfida al nostro ideale di creare davvero, con le mani, oltre che con la forza del sogno, una patria per il popolo ebraico” e aggiunge “La gioia era grande, grande per tutti: per l’arabo che aveva venduto cento ettari di terra arida,  incolta e inospitale per diecimila sterline (nel 1926 !) e si faceva i calcoli di quanto avrebbe potuto fare con quella ricchezza insperata, e per noi, ventotto giovani pieni di sogni e di entusiasmo per la nuova società che avremmo creata e volevamo giusta; una società socialista di eguali dove a ognuno sarebbe stato dato secondo le proprie necessità e cui ciascuno avrebbe contribuito con tutte le proprie forze”.E nel frattempo nacque la seconda bimba cui misero nome Agar, la biblica madre di Ismaele da cui discesero le popolazioni arabe: Enzo pacifista da sempre credeva nella possibilità di coesistenza  con gli arabi, in un’integrazione delle società arabe ed ebraiche.Ma i sogni hanno breve durata: sulla Germania si addensa l’ombra del nazismo e Sereni, giunto nel paese, rimane sconvolto constatando come gli ebrei fossero del tutto impreparati ad affrontarlo. Organizza la partenza di interi nuclei famigliari riuscendo persino a trasferire i loro averi, porta in salvo in Palestina centinaia di ragazzi e fonda un’organizzazione, “Hechaluz” che dopo le Leggi di Norimberga sarà in grado di  preparare e trasferire in Erez migliaia di ebrei tedeschi che divennero pionieri attivi nell’opera di costruzione. Continuerà l’opera iniziata tornando in Germania nel ’34 e nel ’36. Raggiunge poi gli Stati Uniti d’America per illustrare alle comunità ebraiche sparse nel paese l’ideale sionista: ricostituire un popolo ebraico in Erez Israel.Al ritorno assiste con gioia all’arrivo di tanti giovani provenienti dall’Italia, anche se la causa di questa ondata di nuovi immigrati sono le famigerate Leggi Razziali emanate nel ’38. Li accoglie nel  suo kibbuz Ghivat Brenner, nella sua casa, insegna loro la lingua, l’organizzazione operaia, le difficoltà della nuova vita.Con lo scoppio della guerra Enzo è di nuovo in Europa per le sue varie missioni sionistiche, lascia Parigi alla vigilia della caduta della città, ha visto che contro Hitler è necessaria l’azione e lui, pacifista da sempre, si arruola.Viene inviato in Egitto a far opera di “chiarimento e disintossicazione” tra i prigionieri italiani, dopo tanti anni è di nuovo a contatto con la lingua, la cultura la storia italiana. Ogni giorno il Giornale d’Oriente pubblica suoi scritti dagli argomenti più svariati, parla alla radio, visita i campi, è instancabile e la cosa infastidisce i funzionari del Comando britannico. Arrestato dalla polizia egiziana per una banale questione di passaporti, vede in questo l’intervento dei suoi stessi mandanti, gli inglesi, e solo dopo dieci giorni di sciopero della fame verrà rilasciato. Fu allora che nell’ozio forzato del carcere, stila un piano di azione di paracadutisti da effettuarsi dietro le linee tedesche in supporto della Resistenza, ma prima che il suo piano possa realizzarsi passeranno quattro anni.Tornato in Palestina si assumerà il compito di compiere una nuova missione questa volta in Iraq dove parlare di sionismo poteva costare la vita. Raduna segretamente giovani ebrei, insegna loro l’ebraico, parla di Erez Israel, una terra dove tutti hanno gli stessi diritti, dove non c’è disparità tra uomo e donna, dove ciascuno trae il sostentamento dalla terra con il lavoro delle sue braccia e dove soprattutto l’ebreo va a testa alta e all’occorrenza sa difendersi. Un mondo insomma lontano secoli dalla loro condizione attuale.E come quelli giunti dalla Germania e dall’Italia anche i giovani ebrei iracheni suoi “discepoli” andranno ad ingrossare le file di coloro che giunsero a lavorare per costruire una patria in Erez Israel.Eppure, nonostante i mille impegni, non si distaccherà dai suoi amati libri trovando il tempo di soddisfare la sua necessità spirituale di approfondire, studiare, meditare.Né smise mai di lottare per l’unità politica della classe operaia: gli interessi di tutti gli operai sono uguali e le divisioni tra loro favoriscono l’insorgere e il trionfo della reazione come spiega nel suo studio sulle “Origini del fascismo”.Intanto il Comando britannico si dichiara pronto a realizzare il progetto esposto da tempo e acconsente a paracadutare in territorio nemico i giovani ebrei palestinesi perché vi svolgessero la doppia azione a favore degli Alleati e dei fratelli ebrei.Enzo Sereni è tra loro, è giunto il momento di tornare in quell’Italia da cui era fuggito in tempo di pace. Con altri dell’Haganà e del Palmàch (formazioni paramilitari  ebraiche semiclandestine sorte per difendere il  kibbutz da assalti notturni degli arabi e dai soprusi degli inglesi) organizzerà lanci di armi e viveri dietro le postazioni tedesche per aiutare   gruppi partigiani ad organizzare la resistenza unitamente agli ebrei rimasti nascosti,  portandoli in salvo in Palestina.  Durante uno di questi lanci, in territorio fiorentino, un colpo di vento dirottò il suo paracadute e finì in mano tedesca, era il 15 giugno del ’44. Nel kibbutz aveva lasciato la moglie Ada e tre figli.Deportato, di lui la moglie ebbe   notizie solo a guerra finita:  seppe che  nell’ottobre del ‘44 era ancora vivo, sorvegliato speciale  nel   campo di sterminio di Dachau, poi più nulla. Solo molto più tardi, dall’archivio del campo emerse il suo atto di morte: 18 novembre 1944.Anche lei, lasciati i figli in Palestina, sarà, nella stazione di Milano,  fra quelli che issavano cartelli col nome dei loro cari scomparsi alla ricerca  di  notizie sperando, inutilmente, nel miracolo del ritorno.E’ a questo punto che venne invitata ad entrare nell’organizzazione del Joint,: era particolarmente adatta perché parlava italiano, aveva molte conoscenze, era  forte e decisa, con una volontà di ferro e sarà lei che tra l’estate del ‘45 e il maggio del ‘48 riuscirà ad organizzare la partenza clandestina di   oltre quaranta navi dalle coste italiane, portando verso Erez Israel  almeno 25.000 profughi  continuando così l’opera intrapresa dal marito, ma questa è un’altra storia, un’epopea che ha il sapore della leggenda. 
Dalla lettera ai figli: Cari figli,
… il pianto non serve, e non serve neppure il digiuno, il pianto, il digiuno, le preghiere in pubblico non servono a niente se non sono accompagnate dai fatti… Noi dobbiamo essere completamente ebrei (cioè indipendenti), non perché i tedeschi hanno compiuto stragi o i russi non ci hanno trattato con giustizia o gli inglesi non hanno mantenuto le loro promesse. Noi dobbiamo essere ebrei poiché nessun popolo può esistere, se non conserva il suo carattere nazionale e culturale…  Ma una guerra come la nostra non può  e non deve essere accompagnata dall’odio… io desidero che educhiamo i nostri giovani ad odiare il male. Ma l’odio che io voglio provocare e coltivare è l’odio al concetto, al regime e non agli uomini. Per un socialista deve essere sempre chiaro che è proibito confondere l’odio verso il regime con l’odio verso l’uomo, poiché l’amore per l’uomo, e sia anche questi un delinquente ed un criminale, precede ogni altro sentimento…Ricordiamoci sempre che questa guerra è una guerra che si combatte per eliminare la guerra; e perciò deve concludersi con l’amore verso il vinto e col tentativo di introdurre anche lui nella nostra società…
- e a proposito del futuro aggiunge –  Noi dobbiamo prepararci ad una nuova Alià e dobbiamo prepararci ad accogliere i nuovi olim. Siamo pronti a questo compito?… Spesso sono dei frammenti umani, privi di forza e di volontà, tranne forse la volontà di fuggire dall’inferno. Sapremo amarli così come sono? Sapremo scorgere in loro la scintilla di luce umana che certamente è nascosta nel loro interno? 27 dicembre 1942 http://www.mosaico-cem.it/

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