mercoledì 17 ottobre 2012
Per la prima volta, parlano le agenti del Mossad, il servizio segreto più efficiente del mondo
Costituiscono una delle più importanti risorse
dello Stato di Israele. Se la notte dormiamo sonni tranquilli, lo
dobbiamo in larga misura a loro. Se vinceremo la prossima guerra, una
considerevole parte del merito spetterà a queste donne. La nostra
sicurezza riposa nelle loro mani, ma, nonostante l’importanza che
rivestono per il Paese, non leggerete articoli di giornale su di loro,
non le vedrete in televisione, non avrete modo di applaudirle. Il
riconoscimento e la gloria non sono per loro. Non riuscirete a
identificarle, perché operano sotto copertura. Sono le donne dell’ombra.Le
loro menti ideano operazioni audaci e ingegnose che fanno la differenza
tra successo e fallimento. Arrivano ad acquisire la capacità di
improvvisazione, una competenza eccezionale, un arsenale sofisticato, la
padronanza delle lingue e l’intuizione psicologica. Devono entrare
nella mente dell’altro.Queste donne che
lavorano nell’ombra sono agenti operativi di alto livello dell’agenzia
di intelligence israeliana, il Mossad, un’organizzazione che non
necessita di presentazioni grazie all'astuzia e al coraggio delle sue
operazioni.Esse vivono sotto la costante
minaccia di perdere vita, famiglia e libertà. Spariscono dalle proprie
abitazioni, riemergono sotto diverse identità, si nascondono, camminano
fianco a fianco con il nemico. È difficile rendersi conto del prezzo che
pagano. Una spia che viene catturata in un Paese nemico può andare
incontro a interrogatori duri, torture e all’esecuzione.Il
Mossad ha un imponente numero di addetti assegnati al quartier
generale, ma le forze sul campo sono esigue. In alcune cellule, le donne
rappresentano il 50% degli elementi attivi e vi sono unità operative
sotto la guida di una donna.Anche nelle
unità più prestigiose sono presenti agenti donne dotate di un’ottima
dimestichezza con l’uso di armi sofisticate. Altre svolgono attività di
pedinamento e localizzazione, sorveglianza e altre operazioni
finalizzate a raccogliere informazioni segrete. I dati che è
indispensabile ottenere sui Paesi ostili comprendono segnali che fanno
presagire lo scoppio di una guerra, minacce di attacchi terroristici,
informazioni sui piani dei servizi segreti del presidente siriano Assad e
del presidente iraniano Ahmadinejad cercando di prevederne le
intenzioni. Il fine è quello di scoprire le loro intenzioni tattiche (un
attacco terroristico) e strategiche (armi nucleari). Il Mossad cerca in
ogni modo di bloccare sul nascere qualsiasi azione malvagia
pianificata: da un lato attacchi terroristici e accordi illegali,
dall’altro mosse strategiche come i programmi di armamento nucleare
dell'Iran e di altri e la fornitura di missili a lungo raggio a
Hezbollah e a Paesi ostili.L’obiettivo si
sposta, e il Mossad lo segue. Sembrano tutte coincidenze, ma dietro le
quinte si svolge un’intensa attività di raccolta di informazioni
segrete, al termine della quale, naturalmente, scatta l’operazione
destinata a sventare la minaccia.Gli agenti
donna conducono vite da camaleonti. Un giorno è possibile vederle
passeggiare in abiti dal taglio impeccabile atteggiandosi a donne
d’affari di alto profilo e il giorno successivo si trasformano in
venditrici ambulanti vestite di stracci. Queste donne non hanno un
ufficio: lavorano all’esterno. Sono delle senzatetto in tailleur. Sempre
per la strada, cambiano continuamente identità, e tutto ciò in Paesi
nemici.Il loro lavoro è intensamente fisico
e totalmente imprevedibile. Un agente operativo donna può trascorrere
cinque giorni e cinque notti senza dormire pedinando qualcuno. Rimane
incollata all’obiettivo per assicurarsi di non perderlo di vista. Sta
bene attenta a essere sempre in guardia, non deve addormentarsi, né
farsi catturare.L’esercito israeliano è
permeato da un ethos fondato sull’eroismo maschile. Nel Mossad,
l’eroismo femminile non è meno potente, ma, poiché operano sotto
copertura, a generazioni di donne guerriere è stata negata la giustizia
storica. Non ci è stato dato modo di conoscere le donne forti del mondo
della sicurezza, quelle che svolgono gli incarichi senza cercare alcun
riconoscimento.Ora, per la prima volta,
dopo lunghe e complesse trattative, abbiamo ottenuto un permesso
speciale per intervistare cinque donne agenti del Mossad di alto
livello. Tutte le intervistate hanno la carica di “comandante”, che
nelle Fdi (le Forze di difesa israeliane) equivale ai gradi di
colonnello e generale di brigata. Per la prima volta nella storia di
questa organizzazione, delle agenti donna in servizio attivo fanno
sentire la loro voce.Incontrarle è già una
sorpresa. Sono diverse da tutto quanto ci si potrebbe immaginare. Tutte,
va sottolineato, sono madri di famiglia, e al contempo comandano
squadre di agenti in diverse aree: pedinamenti, sorveglianza, contatto
con l’entità ostile, accesso al bersaglio.Gli agenti che operano in Paesi nemici sono esposti a un rischio molto più elevato di quelli che lavorano in Paesi non ostili...
Efrat:
“Se sto svolgendo il mio incarico in un Paese nemico e vengo scoperta,
la mia vita è finita. Non è diverso da qualcuno che viene arrestato in
un Paese amico e trascorrerà il resto dei suoi anni in prigione.
L’essere pronti al sacrificio per il bene della sicurezza del Paese è
qualcosa che ci accomuna tutti.”Efrat è
vicecapo di una divisione, il comandante femmina di più alto rango
all’interno del Mossad. Ha avuto ai suoi ordini militari diplomati delle
unità di élite dell’esercito e persino piloti da combattimento. Durante
una missione ha incontrato l’uomo che in seguito è divenuto suo marito.
La coppia, tuttora in servizio attivo, ha tre figli. Per i risultati
raggiunti, Efrat ha ricevuto l’Israel Security Prize, il premio per la sicurezza d’Israele.
Yael:
“Gli agenti operativi donne del Mossad, che svolgono il proprio lavoro
al di fuori dello Stato di Israele in qualsiasi luogo, con qualunque
condizione atmosferica, anche se a casa hanno un figlio ammalato, sanno
di mettere a rischio la propria vita e la propria libertà.”All’interno
dell’organizzazione, Yael è una leggenda (dicono di lei: “Questa
ragazza è stata in ogni angolo della Terra e ha portato a termine
missioni operative con grande coraggio, sia da sola che all’interno di
una squadra, per moltissimi anni. A lei si devono risultati strepitosi
nel campo dell’intelligence"). “Ho lottato strenuamente per proseguire
il servizio operativo anche dopo essere diventata madre”, racconta.
“All’epoca in cui sono entrata nel Mossad, non appena una donna aveva un
figlio veniva trasformata in una specie di pianta da appartamento. Ci
sono voluti parecchi anni perché accettassero di mandarmi in servizio
attivo all’estero. Il comandante mi diceva: ‘Non sono disposto a
prendermi la responsabilità del mancato ritorno a casa di una madre’.”
Shira:
“Non è facile reclutare donne israeliane per il Mossad. Quando arrivano
che sono già sposate, le resistenze in famiglia possono essere molto
più frequenti. Quando i loro partner si dichiarano d’accordo, non sanno
cosa stanno facendo. Oppure cercano di imporre limitazioni impossibili”.Siamo diventate tenaci e dure
Negli
ultimi anni, le donne hanno raggiunto gradi molto elevati all’interno
del Mossad. La donna con la carica più alta è stata vicedirettore alle
dipendenze di Shabtai Shavit, che ha ricoperto l’incarico di direttore
generale del Mossad dal 1989 al 1996. Grazie all’esperienza,
l’organizzazione ha capito che le donne hanno un contributo speciale da
offrire e oggi si vuole potenziare la rappresentanza femminile al suo
interno.
Vi sono differenze a livello di retribuzione?
Ella: “No, è la stessa sia per gli uomini che per le donne: identica fino all’ultimo shekel.”
Efrat:
“Lo farei anche a titolo volontario. Chiunque entri nel Mossad riceve
un compenso minore di quello percepito per il lavoro che svolgeva
prima.”
Ella: “Non esiste
discriminazione all’interno dell’organizzazione. È necessario capire che
uno degli elementi più significativi di questa professione è la
dedizione totale. È un lavoro che richiede un grande impegno e per molto
tempo. È una carriera che dura tutta la vita. Si tratta di
un’organizzazione operativa gerarchica di stampo maschile, ed è un
ambiente duro. Quando te ne vai dopo una giornata di lavoro, senti di
avere profuso un impegno enorme. Devi tirare fuori la forza per
raggiungere i tuoi obiettivi.”
Come vi ha cambiato questa esperienza estrema?
Ella:
“Con il passare del tempo siamo diventate più tenaci, più dure e in
realtà questo mi disturba. Lo standard qui è alto. Esternamente dai
l’impressione di essere molto risoluta perché impari a decidere
rapidamente. Se mostri qualche esitazione, vieni ridotta a brandelli.”
Ella
ha 38 anni e tre figli. “Quando mi lascio alle spalle tutte le cose
piacevoli e il calore della mia casa e vado a mettere in pericolo la mia
vita e la mia libertà lasciando mio marito e i miei tre bambini che
dormono al sicuro nei loro letti, sento i miei occhi riempirsi di
lacrime e un nodo salirmi alla gola. Questo contrasto tra la mia casa
calda, accogliente e tranquilla e l’attività operativa che ci è stata
affidata mi colpisce al cuore e assume un significato chiaro e profondo.
Il giorno della festività di Lag Ba’omer ho lasciato i miei incarichi
operativi per stare insieme ai miei figli, anche se solo per poche ore.
Ero l’unica donna attorno al falò in tacchi alti e abito di sartoria e
mi sono detta che, d’altra parte, probabilmente ero l’unica madre del
gruppo a prestare servizio nel Mossad. Per me rappresenta un privilegio
enorme. Ci è stato offerto un grande onore, e insieme una pesante
responsabilità.”
Efrat: “È l’unica
struttura in tutto lo Stato che permette alle donne di trovare spazio in
un ruolo di combattimento, concretizzando la capacità di difendere il
Paese alla stessa stregua degli uomini, come una donna pilota da
combattimento. In nessun altro luogo ciò è stato possibile.”
Shira:
“È come vivere in un film, al top in ogni momento. È pazzesco. Mi dico:
‘È incredibile che io stia facendo questo’. Ho sempre pensato che solo
Superman ci riuscisse, solo persone veramente speciali, e all’improvviso
mi ritrovo impegnata in azioni che si vedono soltanto nei film di
spionaggio. È l’esperienza più stupefacente del mondo. Chiunque abbia la
capacità e l’occasione di provare, dovrebbe farlo.”
Ella:
“Prendete un qualsiasi film di spionaggio di qualità che abbia anche
dell’azione. Nella nostra realtà è questo ciò che accade, e in modo
ancora più intenso. Ho vissuto in film che non sono ancora stati girati.
Ho preso parte a operazioni di gran lunga più pericolose di quelle che
vedete al cinema. In un film si vedono azioni della durata di cinque
minuti. Le nostre durano mesi. È una sfida, dal punto di vista fisico,
intellettuale ed emotivo. Nella tua testa sei costantemente in guerra
con il nemico. Pensi a come superare gli ostacoli e fare l’impossibile.”
Efrat:
“Ci hanno insegnato che niente è irrealizzabile. Esiste solo una
situazione per la quale non abbiamo ancora trovato una soluzione. Il
desiderio di oltrepassare i propri limiti per essere migliori e fare
quotidianamente ciò che viene definito ‘l’impossibile’, volentieri e
divertendosi. Se non ti piace, non puoi riuscire a farlo.”
Ella: “Termini un’operazione e scompari dalla scena con l’adrenalina alle stelle.”
Nirit:
“Nella mia famiglia non riuscivano a capire il motivo per cui, proprio
quando ho ricevuto il dottorato, ho deciso di abbandonare tutto e
dedicarmi alle missioni nel Mossad.”
Yael:
“Quando mi hanno reclutato, mi hanno detto: ‘C’è un lavoro che nessun
paracadutista o pilota delle Forze aeree è in grado di fare e in cui tu
puoi riuscire.’ Ho domandato: ‘Di cosa si tratta?’ E la loro risposta è
stata: ‘Tu sarai gli occhi dello Stato nei Paesi nemici.” Ero eccitata:
in quelle parole ho scorto un’opportunità straordinaria”.
Voi
mettete a repentaglio le vostre vite, compiendo sacrifici e pagando un
prezzo molto elevato, ma nessuno è al corrente di quello che fate. Come
vi sentite?
Yael: “È dura. Viviamo infatti in una società fondata sull’apparenza, dove tutti sbandierano quello che fanno, tutti tranne noi.”
Nirit:
“È qualcosa che ti fa sentire una persona di valore, quindi non c’è
bisogno di conferme esterne. Riesci a vivere sentendo che il tuo lavoro è
questo, anche senza riconoscimenti da parte della società.”
Shira:
“Contrariamente a quanto lei ha affermato, a mio parere è un lavoro con
una grande componente di egoismo. Sento di trovarmi nel posto migliore
che esista. Ha aumentato la fiducia in me stessa. Prima di venire qui la
mia autostima era molto bassa. Se entravo in un luogo dove c’erano
altre persone, mi tenevo strettamente aggrappata alla mano di mio
marito. Dopo avere superato il processo di selezione, il livello di
sicurezza in me stessa ha avuto un’impennata.“Questo
lavoro ha cambiato radicalmente la mia personalità. Sviluppa le tue
abilità in ogni ambito fino al limite estremo. Oggi, in qualsiasi campo,
so cosa voglio e non provo ansia. Mi è più facile prendere delle
decisioni e far sentire la mia voce.”
Vi ritrovate in situazioni terrificanti. Come fate a tenere lontano la paura?
Efrat:
“Ci insegnano che per contrastare l’angoscia tutto è possibile. Nel
corso di un’operazione non siamo focalizzate sulla paura, bensì
impegnate a portarla a termine con successo, altrimenti il timore
diviene paralizzante.”
Nirit: “La
paura è una forma di protezione. Se sai che c’è una minaccia e che devi
affrontarla, la paura ti impedisce di compiere azioni stupide. Ti
concentri su quello che stai facendo. La tua sicurezza si basa sul fatto
che hai imparato come affrontare i pericoli.”
Le
cose possono andare per il verso sbagliato e causare il panico, con il
conseguente fallimento dell’operazione e a volte anche la perdita della
vita
“Sul campo non va mai come
previsto. Ci si imbatte costantemente in situazioni nelle quali,
nonostante i giorni e le notti passati a studiare i possibili scenari,
accade qualcosa di diverso. Occorre superare gli ostacoli e trovare il
modo di risolvere situazioni inaspettate. A poco a poco si sviluppa la
fiducia nelle proprie capacità di gestire l’imprevisto.”
Yael:
“L’aria d'innocenza che emani in situazioni di pericolo, la calma,
l’assenza di stress: queste sono le tue armi. Il tuo nemico non sta
cercando te in particolare. Segue le tracce del nemico che ha in mente.
Si è creato un'immagine del nemico che, se catturato, sarà sotto
pressione. In questo, le donne hanno un grosso vantaggio.”
Forse perché non sono i sospettati ideali?
“Esatto.
Una donna riesce a spingersi molto oltre in situazioni in cui un uomo
verrebbe bloccato dallo schieramento opposto dopo soli tre minuti. Per
un uomo che vuole ottenere l’accesso a un luogo dove non potrebbe
entrare, le possibilità che glielo concedano sono minori. Per una donna
che si fa avanti sorridendo ci sono molte più probabilità di successo.
Se scoprono un uomo seduto a un angolo della strada alle due del mattino
in un luogo un po’ insolito, lo considerano immediatamente sospetto. Se
è una donna a trovarsi in piedi allo stesso angolo, le si avvicinano
per chiederle se ha bisogno di aiuto.”
Ella:
“Quando la sorveglianza viene svolta di notte, un uomo da solo fa
sorgere dei sospetti. Un uomo e una donna sono più naturali. La presenza
di una donna attenua il quadro.”
Nirit:
“È accaduto che alcune delle nostre forze siano state uccise in Paesi
non ostili. Alcuni agenti erano stati convocati per incontrarsi con una
fonte e si sono presi una pallottola in testa. Nei Paesi nemici, ti
uccidono anche solo per averti sentito pronunciare una frase in
ebraico.”
Efrat: “Non ero sicura che
sarei uscita viva da ogni luogo in cui ho operato. Se mi avessero
scoperto, non sono certa che avrei fatto ritorno.”
Avete cercato di andarvene? “È
una droga. Provoca assuefazione. Questo stile di vita nel quale sei
continuamente in movimento, l’adrenalina, sono cose cui riesco a
rinunciare con estrema fatica. C’è stato un periodo in cui sono passata
al lavoro di ufficio per il Mossad e mi sentivo finita. Per me era
veramente difficile e mi domandavo che scopo avesse la mia vita.”
Come sopravvivete ai fallimenti?
Efrat:
“Ci sono anche quelli. Ti si ferma il respiro. Alla fine, sono cose che
accadono e fa parte del gioco. È successo che mandassi delle persone in
missione e che fallissero. Come comandante, il senso di fallimento che
si prova è molto più forte, ma ci insegnano che solo chi non cade non si
rialza. Non bisogna temere le disfatte. Il fallimento è la migliore
esperienza di apprendimento.”
Trascorrete la maggior parte della vita sotto false identità. C’è qualcosa dentro di voi che si ribella?
Ella:
“Vivi costantemente in due mondi: nella realtà e in un mondo parallelo
creato dalla situazione, e tu sai come spostarti da uno all’altro.
Chiunque intorno a te è un attore che svolge un ruolo nella tua
operazione. Quando sei seduta in un caffè, in un Paese qualsiasi, e il
cameriere scambia alcune informazioni con te, entra a far parte della
tua missione senza neppure saperlo.”
Yael:
“Entri nel personaggio. All’inizio, lavoravo come moglie di un altro
agente in un Paese nemico. Ero single, ma per un lungo periodo ho
interpretato il ruolo della moglie di qualcuno. Dovevo essere in grado
di leggere le situazioni sociali e operative, di capire se sospettavano
che non fossi la sua compagna, di accorgermene in tempo e agire di
conseguenza. Quando vivi in un Paese nemico insieme a un partner nella
stessa casa e con voi abitano dei domestici, chiaramente faranno
rapporto alle autorità, dal momento che siete stranieri. Devi pensare in
ogni momento se il tuo comportamento corrisponde a quanto hanno visto
in altre famiglie.”
Se non sapete mentire, non avete possibilità?
Shira:
“È una condizione essenziale. Bisogna essere in grado di raccontare la
storia di copertura con calma e con un elevato grado di sicurezza. Tutte
noi qui siamo bugiarde incallite certificate. Occorre affinare
perfettamente la capacità di mentire esternamente e riportare la verità
internamente. Questo è un principio assoluto. Se commetto un errore, nel
99% dei casi sarò l’unica a saperlo, ma il grado di onestà richiesto
impone di presentarsi e riferirlo. Chiunque non riferisca la verità
viene immediatamente messo alla porta.”
Quali sono stati i momenti di crisi?
Efrat:
“I momenti di abbattimento arrivano quando si prendono decisioni che
hanno effetti negativi sugli altri. Durante una missione si è verificato
un problema per cui non sapevamo se eravamo stati scoperti e dovevamo
decidere se fuggire o meno. Siamo riusciti a scappare, ma la modalità
che ho scelto ha messo a rischio la squadra. È stata una scelta
difficile che porto con me tutt’oggi. Non l’ho ancora dimenticata.”
Ella:
“A dire il vero, il mio momento di crisi è arrivato al termine di un
episodio. Avevamo completato un’operazione che era durata piuttosto a
lungo e io ero tornata a casa. Chiesi ai miei superiori che cosa ci
sarebbe stato dopo e mi risposero: ‘Non c’è nessun dopo. Hai partecipato
a questa operazione e non possiamo farti rischiare la vita in un’altra
missione. Fine della questione. Se vuoi, possiamo affidarti un lavoro
d’ufficio.’”
Come si è sentita?
“È
stata una doccia fredda, una delusione cocente. Sono diventata la prima
donna con funzione di addestratore in mezzo a uomini molto
maschilisti.”
Come si convive con le uccisioni?
“Gli
eserciti non escono allo scoperto e sparano? “Noi siamo un esercito.
Anche se dell’ombra, siamo comunque un esercito. Arriviamo in luoghi che
l’esercito non riesce a raggiungere. Siamo la prima linea di difesa.”
Come è avvenuta nel Mossad la trasformazione riguardo alla presenza delle donne?
Ella:
“All’inizio, le donne avevano una funzione puramente decorativa. Erano
definite ‘accompagnatrici’. Oggi è l’esatto contrario. A volte portiamo
con noi degli uomini solo con funzione di supporto. Nei tempi recenti
si è prodotto un cambiamento significativo.”
Yael:
“Negli ultimi anni abbiamo avuto dei comandanti operativi donne. Mentre
compivo il mio percorso nel Mossad, non ce lo sognavamo neppure.
L’espressione consueta era: ‘Voi siete una coppia di fantasmi. Lui è il
numero 1 e tu il numero 2’”.
Da dove traete la motivazione quando giungete al limite della sopportazione?
Efrat:
“È una gran cosa non lavorare per degli azionisti, ma per uno scopo in
cui credo. Il mio percorso è stato molto duro; ero la più giovane, avevo
appena 20 anni. A un certo punto mi è venuta voglia di dire: ‘Basta, è
troppo, non ce la faccio più’. Ma poi ho pensato: ‘Se tutti quelli che
hanno difeso il Paese fossero crollati quando il gioco si faceva duro,
dove saremmo oggi?’”.
Qual è stato il rischio più grande dal quale vi siete dovute proteggere?
Yael:
“Nel periodo più pericoloso che ho vissuto in un Paese nemico, il
rischio maggiore lo correvo all’aeroporto. Prendere un aereo per Israele
per me era molto rischioso, quindi ne ho ridotto la frequenza, anche se
rappresentava il mio collegamento con la verità e la mia casa.”
Non
avete la possibilità di condividere le vostre esperienze estreme con le
persone che vi circondano. È qualcosa che può fare impazzire.
Yael:
“Ci sono esperienze di cui posso parlare con mio marito e altre che
fino a oggi non ho la possibilità di condividere con nessuno. La
sicurezza del Paese è nelle mie mani e comunicare ad altri certe
informazioni potrebbe essere rischioso. Non usciranno dalla mia bocca
per alcuna ragione al mondo.”
Come è avvenuto che le agenti del Mossad abbiano assunto l’immagine di ‘honey trap’ (trappole al miele, ndt)?
Yael:
“Nemmeno Cindy era una ‘trappola al miele’. C’era un’intera squadra
impegnata nella ricerca di Vanunu ed è stato lui stesso a dirigersi
verso la donna e ad approcciarla. A partire da quel momento, si è
sviluppata tutta un’operazione modellata sulla situazione che si era
venuta a creare.”
Efrat: “Sfruttiamo
la nostra femminilità perché tutti i mezzi sono leciti. Ma anche se
pensassimo che il modo migliore per arrivare al nostro obiettivo fosse
andare a letto con il capo di gabinetto di Ahmadinejad, nessuno nel
Mossad ci permetterebbe di farlo. Nemmeno se fossimo disposte a
sacrificarci sull’altare della patria. Gli agenti donna non sono
impiegate per fini sessuali. Si mettono in atto dei giochi di seduzione,
si sfrutta l’attrazione sessuale, si cerca di suscitare l’interesse
dell’altra parte, ma senza arrivare all’attività sessuale vera e
propria.”
Si può imparare a osare? È un’abilità che si acquisisce?
Ella: “La maggiore e più incredibile abilità che ho acquisito è la capacità di osare.”
Yael:
“Ho imparato a ottenere cose da persone che parevano inaccessibili.
Quando avevo 20 anni, come parte dell’addestramento mi è stato chiesto
di riuscire a ottenere una ricetta del cheese cake da una donna
che aveva un incarico di rilievo all’interno della Wizo, l’
organizzazione internazionale delle donne sioniste. Dopo avere portato a
termine il mio compito in modo discreto e disinvolto, mi dissero: ‘Sei
riuscita a ottenere qualcosa dalla sig.ra Wizo; domani potrebbe essere
la sig.ra Sadat’.”
Qual è l'azione più temeraria che avete compiuto?
“La
maggior parte del tempo rimani all’interno della tua storia di
copertura, il che ti permette di continuare ad andare avanti. È solo per
un breve periodo che ti ritrovi con il coltello tra i denti.
L’operazione attiva dura solo pochi momenti. Un secondo dopo rientri
nella storia di copertura, che ti offre un’adeguata protezione, ti
nasconde. Per gran parte del tempo sei esposta alla vista e solo una
piccola parte è segreta. Il pericolo consiste nel passare da una parte
all’altra.”
Chi sono queste donne che riescono a superare tutti questi ostacoli impossibili?
Un
alto ufficiale del Mossad: “Devo ammetterlo, hanno delle capacità che
gli esseri umani normali non posseggono. Imparano le tecniche di
spionaggio. Sono più sofisticate, più tenaci, ultrasensibili
all’ambiente che le circonda. Sviluppano capacità mnemoniche che la
maggior parte delle persone non ha. Imparano a comunicare con le
espressioni del volto o con i gesti delle mani.”Mantenere
la calma è una delle abilità più importanti che acquisiscono. Quando
accade qualcosa di inaspettato non devono trovarsi impacciate o
esprimere sorpresa. “Ci insegnano la capacità di raggiungere il punto in
cui il lavoro va svolto con un ritmo delle pulsazioni estremamente
accelerato, perché questo è inevitabile. Le pulsazioni aumentano durante
ogni operazione, ma dall’esterno nessuno noterà nulla.”Gli
agenti del Mossad sono ritenuti responsabili di un lungo elenco di
recenti operazioni. Tanto per citarne una, la stampa estera ritiene
abbiano svolto un ruolo determinante nell’attacco al reattore nucleare
in Siria e nella raccolta delle informazioni riservate che hanno reso
possibile la distruzione della centrale.All’organizzazione
sono inoltre attribuite alcune uccisioni di leader terroristi
all’estero. Uno dei più noti è stato Imad Mughniyeh, il capo militare di
Hezbollah, assassinato a Damasco. Anche l’uccisione a Dubai di Mahmoud
al-Mabhouh, figura di spicco di Hamas, pare sia avvenuta a opera del
Mossad.Gran parte dell’attività del Mossad è
dedicata a contrastare il programma di armamento nucleare dell’Iran.
Secondo quanto riportato dalla stampa estera, grazie alle missioni sotto
copertura condotte dai suoi agenti segreti infiltrati in Paesi arabi e
musulmani sotto false identità, Israele è riuscito a penetrare nel cuore
del programma nucleare iraniano, a raccogliere informazioni segrete al
riguardo, a eliminare alcuni dei più eminenti scienziati che vi
lavoravano e a introdurre il virus ‘Stuxnet” nei computer che
controllano le centrifughe presso l’impianto di arricchimento
dell’uranio di Natanz, causando un rallentamento del programma.Intervista
con l’agente del Mossad Nirit, titolare di un dottorato in scienze
umanistiche: “Non avevo mai immaginato che esistessero dei limiti che
potevo superare.Ho avuto il privilegio di
essere la prima donna a rivestire un ruolo di primo piano nella
divisione Humint (dedicata alla raccolta di informazioni fornite da
fonti umane, ndt). Tutto ha avuto inizio all’epoca di Shabtai
Shavit. Voleva delle donne per questo ruolo, perché fino a quel momento
non ce n’erano state. Mi contattarono per la prima volta quando venni
congedata dall'Intelligence militare e mi offrirono un impiego come
segretaria. Dissi che non mi interessava e di chiamarmi qualora avessero
avuto in vista qualcosa di serio. Quando avevo 26 anni e fresca di
dottorato, mi ricontattarono e iniziai il percorso.”Perché il centro di valutazione viene ricordato come l’esperienza più forte?“È
la prima volta che si entra in un mondo così estremo e diverso. Ho
imparato a fare cose per cui non pensavo assolutamente di avere le
capacità. Ti dimostra che puoi fare sempre di più. Sapevo di essere
intelligente, sapevo di essere coraggiosa e che mi piacevano le emozioni
forti, ma non avrei mai immaginato che esistessero dei limiti che ero
in grado di superare.Qual è l’abilità più forte che ha sviluppato?“Utilizzi
dei muscoli di cui ignoravi l’esistenza. Per ottenere qualcosa a cui
non riuscivo ad arrivare da sola, mi servivo di qualcun altro che lo
facesse per me. Lo trasformavo in un’estensione di me stessa. Questa è
un’abilità. Ho imparato che cosa significa far lavorare qualcun altro al
tuo posto. Lui pensa di sapere chi sei, si affida al tuo giudizio, e tu
sei una sconosciuta. È incredibile che questo sia possibile.”Come avviene?“Adottando
sempre vie indirette, la strada più lunga, costruendo una relazione
fondata su molti anni di fiducia in cui solo alla fine dici che cosa
vuoi, ma non perché in realtà lo vuoi. Sono le nostre fonti e non lo
sanno. Non sanno che stanno lavorando. In passato ritenevano che le
donne non fossero in grado di attuare queste strategie con uomini di
Paesi nemici, erano considerate solo oggetti sessuali. Ma in seguito
hanno capito che le nostre forze erano molto più maschiliste della
controparte, che mi trattava come una persona. Ogni uomo ha una madre,
una sorella; una donna non deve per forza essere un oggetto sessuale e a
questo punto la posizione che assumi nei confronti dell’altro è più
autorevole”.Non ha paura di essere scoperta?“Mi
baso sull’addestramento ricevuto e sulle procedure mirate a ridurre il
rischio. In rare occasioni insorgono dei problemi e in questo caso ci
basiamo sulla nostra abilità a gestire la situazione. La capacità di
negare ci assicura un’ulteriore protezione.“Nella
mia carriera che si è sviluppata nel corso di molti anni, solo una
volta ho avuto paura. Ho imparato a confidare nelle mie potenti
intuizioni. Una volta sono entrata in un luogo in cui il mio istinto mi
ha detto: attenta, attorno a te c’è del pericolo. Provavo una vaga
sensazione di non essere sola nella stanza, di essere circondata dalle
controparti di altri servizi segreti. Me ne sono andata. Per contro, ci
sono state situazioni in cui altri avrebbero rinunciato invece di
rimanere, e io non ho provato alcuna paura.”
Deve imparare a fondo grandi quantità di materiale con cui non ha familiarità.“Incontri
politici, persone appartenenti agli ambiti più disparati e si suppone
che tu sia in grado di condurre una conversazione intelligente sulla
loro professione. Devi raccontare loro una storia che li invogli a
lavorare con te. A tal fine, occorre imparare ogni volta una gran
quantità di informazioni nuove.”L’abilità che ha sviluppato fa nascere un senso di onnipotenza?“Un
poco. È qualcosa che non deve accadere. C’è una gran dose di arroganza
in alcune persone del nostro ambiente, perché sono veramente pochi a
raggiungere la loro posizione. Ti senti competente, potente. Questo ti
fa sentire molto bene nei confronti di te stessa ed è molto pericoloso,
quindi ogni tanto un totale insuccesso serve.”Che cosa trova più sorprendente riguardo all’abilità di carpire informazioni?“Impari
che puoi inventarti una realtà e che la gente ti crederà. Le donne sono
brave in questo, perché riescono a capire meglio le persone rispetto
agli uomini. Sono più vulnerabili, e dunque più prudenti e più rapide
nell’afferrare le situazioni.”È capace di immedesimarsi nella persona che si trova di fronte?“Ho un eccellente senso dell’altro, e non mi sbaglio.”Fino a oggi qual è stato il momento più significativo della sua attività?“Una
sera, ed è quello che considero il momento più significativo della mia
carriera, ero seduta insieme a quattro persone appartenenti a quello che
è il nostro più acerrimo nemico. Abbiamo avuto una conversazione
sorprendente, personale, professionale e ho scoperto che il nostro
peggior nemico è intelligente, affascinante, stupefacente. Sospettavano
di me e mi hanno testato. Per mezz’ora mi hanno rivolto delle domande e
io ho risposto il contrario di ciò che era logico, affidandomi
all’intuito. Ho superato il test e siamo rimasti insieme altre due ore.
Mi hanno fatto tirare fuori il massimo delle mie capacità.”Che cosa ha imparato da questa vicenda?“Che anche il popolo considerato il nostro peggiore nemico potrebbe essere il nostro migliore amico, sotto una leadership
diversa. Tuttavia, un’altra volta mi stavo intrattenendo con un nemico,
naturalmente ignaro del fatto che fossi israeliana. Mi disse quanto
detestabile e orribile fosse Israele e quanto ci odiasse con tutto il
cuore. L’antisemitismo esiste. Io sento cose che nessun altro sente.”
Pubblicato da Globes [online], Israel business news - www.globes-online.com – il 20 settembre 2012
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