lunedì 1 ottobre 2012
Günter Grass non molla, anzi, semmai
raddoppia. Dopo le accese polemiche originate dalla non innocente
poesiola «quello che deve essere detto», pubblicata sulla Süddeutsche
Zeitung, con la quale attaccava Israele indicandola come la principale
minaccia per la pace mondiale, adesso nel volume intitolato
«Eintagsfliegen» nobilita la figura di Mordechai Vanunu, il tecnico
nucleare che nel 1986 era stato condannato da una corte israeliana per
avere rivelato segreti di Stato. Ne parlano Paolo Lepri su il Corriere della Sera così come la Repubblica,
quest’ultima con un trafiletto, in attesa delle polemiche che, si può
stare certi, non mancheranno. In realtà, al di là del giudizio che Grass
formula su singoli aspetti della storia o della cronaca recenti, quello
che colpisce – ma neanche più di tanto – è l’autosmascheramento che
l’autore fa dei suoi risentimenti. È come se la senilità facesse
emergere le ossessioni di una vita intera, maturate da giovanissimo
milite delle Waffen SS, poi sepolte sotto le macerie della sconfitta
della Germania, tenute nella cantina della memoria nei lunghi decenni
trascorsi ed infine riemerse prepotentemente nel crepuscolo della
propria esistenza. Di qualcosa di molto crepuscolare, e non meno greve,
parla Gian Antonio Stella sempre sul Corriere della Sera,
riferendosi al sacrario-mausoleo, inaugurato ad Affile poco più di un
mese, ed intitolato alla triste memoria di Rodolfo Graziani, già
Maresciallo d’Italia nonché Viceré, uomo di Mussolini fino agli ultimi
giorni del fascismo repubblicano ed esponente (nonché piccola icona)
della destra radicale italiana postbellica. Il giornalista ricostruisce
le “eroica” gesta di questo esponente del fascismo, soprattutto nelle
campagne coloniale, quando si impegnò nella feroce repressione della
resistenza libica ed etiope colpendo, molto spesso, la popolazione
civile. L’inaccettabilità del fatto che con denaro pubblico, ovvero
127mila euro stanziati dalla Regione Lazio, ne venga celebrato
apologeticamente il ricordo, come se si trattasse della scrittura di
pagine gloriose della storia del nostro paese, si riannoda alla
persistenza del fascismo come fenomeno politico, ma anche subculturale,
presente nelle pieghe del nostro presente. Di vicende che rinviano al
quadro dei paesi in cui fummo presenti come potenza occupante (alla
quale fu attribuito il titolo di «colonialismo straccione») rinviano
anche quanto Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera e il Giornale
scrivono sulla “rivelazione” ad orologeria, quella fatta da Mahmoud
Jibril, ex premier del governo libico di transizione e candidato di
nuovo alla guida del paese, nella quale si afferma che ad uccidere
Gheddafi non fu un miliziano ribelle bensì un «agente straniero»,
probabilmente un francese. Fatto che sarebbe arrivato a termine di uno
scambio di favori tra la Siria e la Francia: la prima avrebbe permesso
alla seconda di risalire al telefono satellitare del rais libico,
ricevendo come contropartita la promessa di una linea più morbida negli
organismi internazionali rispetto alla richiesta di sanzioni contro la
politica repressiva degliAssad. Fin troppo facile adoperarsi in battute
su quale sia lo spessore della solidarietà araba quando in gioco sono i
propri interessi. Maria Giovanna Maglie per Libero mette
in rilievo quanto fosse l’interesse di molti, a partire da Nicola
Sarkosy, affinché Gheddafi tacesse una volta per sempre. Per il resto i
quotidiani si dedicano ad una domenica pigra, recensendo libri, come fa
Maria Serena Palieri sull’Unità, dedicandosi al nuovo romanzo di Lia Levi, o Fabio Perugia per il Tempo, dove si parla della raccolta di racconti di Mario Pacifici ed infine Mario Ricciardi per il Sole 24 Ore
sul quale si commenta una biografia di Isaiah Berlin appena uscita in
lingua inglese. Proliferano, a mo’ di gossip, gli articoli sui
maggiordomi infedeli: uno in particolare, ora sotto processo per avere
tradito – così si dice – la fiducia del suo datore di lavoro, il Papa, è
sotto l’attenzione di un quotidiano di vaglia qual èRepubblica, che gli
dedica più articoli, a partire da quello firmato da Marco Ansaldo.Dire
che della servitù non ci si può fidare è uno snobismo realistico, che
trova molti riscontri nelle pagine dei romanzi gialli. D’altro canto,
come il Bardo faceva affermare ad un personaggio in una delle sue più
grandiose opere, l’Amleto: «Thereare more things in heaven and earth,
Horatio, than are dreamt of in your philosophy» (Ci sono più cose in
cielo e in terra, Orazio, di quanto ne sogni la tua filosofia»).
Claudio Vercelli, http://moked.it/
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