venerdì 9 novembre 2012


Cronaca di un’intervista poco ordinaria. Per il protagonista, Tomer Hemed, israeliano di Haifa, e per le circostanze: ci siamo parlati e guardati via Skype, e non eravamo soli. Nel salone di casa Hemed c’era una donna, che non si è fatta vedere ma ha partecipato attivamente. Madre, sorella, fidanzata, amica? Non c’è stato rivelato ma poco importa. La donna interveniva, in ebraico o in inglese, quando Tomer tentennava. Che si trattasse di questioni sociopolitiche, calcistiche o di un termine in inglese che non arrivava, lei aveva le idee chiare e la parola pronta.Cominciamo dalla famiglia. Come mai ha anche il passaporto polacco?“Perché i genitori di mia madre da li sono arrivati in Israele. Il nonno ha combattuto contro la Germania, è stato ferito e in ospedale ha conosciuto la nonna. Mia madre è nata in Polonia, poi tutti insieme si sono trasferiti in Israele”.Lei è di Haifa.“Una città tranquilla nella quale convivono arabi ed ebrei, dove non senti quasi le tensioni che caratterizzano la vita in altre città israeliane. Si vive bene”.Quando da ragazzino ha cominciato a giocare, lo faceva solo con ebrei o per strada, al parco, o dove giocava c’erano anche arabi?“Chiaro. Nella squadra dove sono cresciuto c’erano diversi arabi, ed erano amici miei. E lo stesso è avvenuto poi al Maccabi Haifa: ci sono sempre stati giocatori arabi, e ora di più. In generale, dico due cose: i problemi sono nelle zone di confine, il resto d’Israele vive una realtà più distesa; e in Israele il calcio può essere considerato una specie d’isola felice all’interno della situazione di conflitto. Ci sono squadre arabe in campionato, abbiamo arabi in nazionale. Il calcio è sempre stato un veicolo d’integrazione e di distensione, col calcio nascono amicizie e ci si conosce meglio”.
E cosa ha pensato leggendo le grandi polemiche sorte intorno alla presenza di Gilad Shalit, il soldato israeliano, all’ultimo Clasico?“Personalmente vedere Gilad Shalit alla partita mi ha fatto piacere, è stata una bella cosa. Perché è stato 5 anni imprigionato fuori da Israele, senza la famiglia, senza nessuno. È stato male, a lungo. Gli piace lo sport, gli piace il calcio, mi è sembrato un bel gesto portarlo a vedere la partita”.La cosa però nel mondo palestinese non è piaciuta, ne è nato un caso politico.“Sinceramente non vedo perché la cosa sia diventata un problema. Questa è una persona che ha passato 5 anni molto brutti, perché non dargli qualcosa di speciale? Non penso fosse necessario aggiungere altro, appiccicare alla cosa un significato politico. È stato un bel gesto e basta”.
Non tutti sono contenti del fatto che Israele ospiterà il prossimo Europeo Under 21.
“In Israele c’è grande attesa, è la prima volta che ci danno un grande torneo e vedrete, sarà una bella manifestazione. È importante per il nostro Paese”.Sarà pericoloso?“Io penso che in Europa si tenda a guardare verso Israele con timore eccessivo, distorcendo la realtà. È chiaro che vicino al confine ci sono problemi, tensioni e conflitti, è pericoloso. Però nel resto del Paese non ti accorgi di nulla, pensi che tutto sia normale come nel resto del mondo. Non è che noi israeliani ci svegliamo ogni giorno pensando che succederà qualcosa di brutto. Si, ci sono città che sfortunatamente vivono con la sensazione del pericolo costante, dove la gente è preoccupata ma la gran parte del Paese vive diversamente, è tranquilla e sicura. Io sono cresciuto ad Haifa e non l’ho fatto con paura, ho vissuto una vita normale anche se è chiaro che ogni tanto qualcosa è successo, come nel 2006, però non era una questione di tutti i giorni. Io mi sentivo al sicuro. Gli Europei in Israele sono un bel segnale, e sono sicuro che chi verrà se ne andrà con un’opinione diversa del nostro Paese: un posto dove si può vivere, fare turismo e, ovviamente, giocare a calcio”.Torniamo a lei, ha giocato il Viareggio.“Si, due volte col Maccabi Haifa. Nel 2005 siamo arrivati terzi, battendo l’Inter nella finalina, ai rigori. Nel 2007 fuori subito”.Poi ha impiegato un po’ ad emergere.“Quando sono arrivato in prima squadra al Maccabi Haifa abbiamo vinto il campionato, c’era da fare la Champions e c’erano un sacco di giocatori buoni, io volevo giocare, fare esperienza così hanno cominciato a prestarmi”.In tv quando lei era adolescente che campionati facevano vedere? E chi seguiva o tifava?“Facevano vedere tutti i grandi campionati d’Europa. A me piaceva il Manchester United. E come giocatore Ronaldo, il brasiliano”.Posso dire che assomiglia a Van Nistelrooy?“Me lo dicono in tanti, qui in Europa. In Israele invece mi paragonano a Drogba. Bel complimento, mi piace il suo stile”.In Spagna è arrivato grazie a Dudu Aouate, portiere israeliano del Maiorca.“Cercavano un attaccante, Dudu gli ha suggerito di seguirmi e provarmi. È andata bene. Prima stagione difficile per la lontananza dalla famiglia e l’adattamento a un campionato molto più duro di quello israeliano, ora mi sento meglio, sono più tranquillo e le cose girano bene”.
Recentemente è stato in panchina contro la Russia.“Grande squadra. Hanno vinto tutte le partite e Fabio Capello ha fatto un grande lavoro: mi sono sembrati forti, potenti, difficili da affrontare, sono sulla strada giusta”.E voi? Ce la potete fare ad arrivare secondi a spese del Portogallo?“L’obiettivo è quello. Ora che il Portogallo ha perso punti con l’Irlanda del Nord abbiamo una chance ma ovviamente non sarà facile. Sono fortissimi, pieni di campioni. Dobbiamo crederci”.E lei, ‘pichichi’ della zona europea, un sogno?“Più o meno. Diciamo che ho approfittato al meglio le opportunità che mi hanno dato e le partite contro il Lussemburgo. Ora per restare li su ci sarà da lavorare parecchio…”.
 FILIPPO MARIA RICCI,http://deportivolagazzetta.gazzetta.it/

 

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