martedì 4 dicembre 2012
Tea for two - Giorgio,
Micol e una partita di tennis infinita
Di questi tempi mi capita di
pensare a Giorgio* e Micol di frequente. I protagonisti del Giardino
dei Finzi-Contini intendo. Dovevo leggere quel libro a quattordici anni
per la scuola, ma lo abbandonai dopo l'ennesima partita di tennis.
Preda di una generazione Moccia che non mi lasciava tregua, piangevo la
morte di Pollo, l'amico di Step, avvenuta tragicamente durante una
corsa clandestina e intessevo nella mia testa storie romantiche di
motociclisti feriti dalla vita e congiuntivi facoltativi. Certamente il
timido Giorgio e le sue riflessioni non facevano al caso mio. Troppe
sottigliezze, troppi complessi, troppo tennis. Con il tempo i gusti si
sono affinati (non così tanto, continuo a vedere telefilm con Gabriel
Garko dai titoli per dittologie) e dal tempo delle mele si è passati a
quello del vino invecchiato. Allora Giorgio ha bussato avanzando
discretamente verso di me. Mi ha raccontato di quel castello incantato
che animava le sue giornate, della stanza di Micol piena di lattimi
comprati a Venezia, del recamier, dei libri disposti a seconda della
provenienza. Mi ha cantato un amore reso epico dalla danza delle ore e
tragico dalla conclusione. Di un amore non corrisposto, o meglio di un
non amore, perché come insegna Lorenzo de' Medici: "Amar non puossi chi
non ama altrui; non ha amante chi non sente amore". Così, caduta
vittima di un febbrone stagionale, ho trascorso sereni pomeriggi
imbucandomi ai garden party dei Finzi-Contini, origliando le
conversazioni telefoniche private tra Micol e Giorgio. Volevo gridar
lui di lasciar perdere i Finzi-Contini, di non volare troppo vicino al
sole, tra l'opulenza di quei nobili incastrati nella gabbia dorata del
loro giardino. E come ho voluto bene a Micol nonostante tutto,
nonostante avesse infranto una love story che sostenevo con tutta me
stessa. Micol piena di ironia, vitalità, con il suo vocabolario
finzi-continico. Come mi sono rispecchiata in questi due ventenni alle
prese con la tesi di laurea, con le traduzioni di Emily Dickinson.
Giorgio resterà sempre nel mio cuore. Alla fine le storie d'amore più
belle sono quelle incompiute, quelle mai avvenute, caricate di
aspettative inesistenti, incoronate da versi in rima. Come sarebbe
stato? Cosa sarebbe successo? Si aprono altre mille strade, altre mille
conclusioni e continuo a vederli, Micol e Giorgio, intenti in una
partita di tennis infinita. E così l'amore mancato sulla pagina,
pervade il lettore.*Nella mia testa l'io narrante è sempre stato identificato come Giorgio.Rachel
Silvera, studentessa –http://www.moked.it/
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