Israele al voto – Pochi dubbi, sarà l’ora della destra


Un
minuto e mezzo. È questo il tempo che secondo il comitato elettorale di
Hatnua (Movimento), il partito guidato da Tzipi Livni, serve per
convincere un elettore di centro-sinistra indeciso a votare per lei.
Alla vigilia delle elezioni in Israele infatti è caccia alla preferenza
degli indecisi, che secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Haaretz
venerdì, sarebbero ancora il 15 per cento degli aventi diritto, pari a
un bottino di 17/18 seggi sui 120 del Parlamento israeliano. Ancora più
interessante il dato secondo cui la grande maggioranza di loro avrebbe
come riferimento il centro-sinistra. O almeno, questa è la convinzione
dei partiti dell’area (il Labor di Shelly Yachimovich e Yesh Atid, C’è
futuro, di Yair Lapid oltre a quello di Livni). Il che lascia spazio a
telefonate e
sms dell’ultimissimo minuto, come succede in casa Hatnua “Secondo i
nostri dati il 60 per cento degli elettori indecisi di centro-sinistra
sono ex sostenitori di Kadima, che hanno appoggiato Tzipi in passato, e
che possiamo convincere a votare per noi oggi, semplicemente illustrando
le nostre ragioni” ha spiegato il coordinatore Boaz Noll.Basteranno questi sforzi a modificare in modo effettivo l’esito delle
urne? Realisticamente no. Analisti e giornali di tutto il mondo sono
concordi nel definire quella che si aprirà il 23 gennaio in Israele la
stagione della destra. L’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu è
stato dato come vincitore annunciato sin dallo scioglimento della
diciottesima Knesset lo scorso ottobre, al punto che i responsabili
della campagna della sua lista Likud-Beytenu individuano come principale
pericolo l’apatia dei propri sostenitori (“siccome Bibi vince comunque,
posso anche non perdere tempo ad andare a votare tanto non serve”). Un
pericolo amplificato dal fatto che Netanyahu in questa corsa alla
rielezione ha trovato un avversario temibile dove proprio non si
aspettava: alla sua destra. Naftali Bennett (nell’immagine), astro
nascente di Habayit Hayehudì, la Casa ebraica, punto di riferimento
politico della popolazione degli insediamenti, è stato il vero
protagonista della campagna elettorale, con i media di tutto il mondo
che hanno fatto a gara per raccontarne storia e personalità, dopo che la
sua formazione è schizzata nei sondaggi a terzo/quarto partito della
futura Knesset: 14 i seggi per Habayit Hayehudi nell’ultima proiezione,
dietro i 32 di Likud-Beytenu e i 17 del Labor, ma davanti ai 12 di Yesh
Atid e del partito religioso sefardita Shas e agli 8 di Hatnua.A
proposito del rischio di mancata partecipazione al voto, un’altra
tendenza emersa nel corso della campagna elettorale è il timore di
un’astensione di massa tra i cittadini arabo-israeliani. Inedita in
questo senso, a fronte dei sondaggi che suggeriscono il rischio concreto
che vada alle urne meno del 50 per cento di loro (furono il 75 per
cento nel 1999 e il 54,4 per cento nel 2009), la scelta di Haaretz di
pubblicare alcuni giorni fa sulle proprie pagine un appello in lingua
araba. “L’alta partecipazione al voto della popolazione araba gioverebbe
a tutti coloro che tengono alla democrazia, ebrei e arabi allo stesso
modo. I cittadini arabi devono uscire e votare, per la pace, per
l’eguaglianza e per la democrazia”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
,http://moked.it/blog/
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