L’assurda pretesa araba di far girare all’indietro la storia
Da articoli di Zvi Gabay, Elhanan Miller,http://www.israele.net/
Essam el-Erian, consigliere del presidente egiziano Mohammed Morsi e
vice presidente del partito “Libertà e Giustizia” affiliato alla
Fratellanza Musulmana, in un’intervista al quotidiano pan-arabo
“Al-Sharq Al-Awsat” ha esortato gli ebrei di origine egiziana a tornare
alle loro case in Egitto così da “fare spazio ai palestinesi per il loro
ritorno”, e tutti gli ebrei a “tornare nelle loro patrie” (cioè nei
paesi in cui vivevano in passato i loro progenitori). Il tutto, “alla
luce della democrazia” che si sta sviluppando in Egitto. Le sue parole
hanno suscitato pesanti critiche da parte di elementi islamisti sia in
Egitto che all'estero. In seguito alla tempesta suscitata, Erian ha
lasciato il suo posto di consulenza: non è del tutto chiaro se si sia
dimesso di propria spontanea volontà o se sia stato destituito.È importante capire come Essam el-Erian volesse far girare la ruota
della storia indietro di 65 anni, esattamente come Saddam Hussein quando
nel 1974 invitava gli ebrei di origine irachena a tornare in Iraq:
giacché il concetto di riavvolgere il film della storia cancellando
“tutto ciò che è avvenuto dal ’48 in poi” è la chiave per capire
l’approccio arabo alla questione israeliana e a quella che essi
considerano una “giusta” soluzione.Fino a poco tempo fa la questione degli ebrei originari dei paesi arabi
era del tutto assente dall'agenda pubblica e dai mass-media, sia in
Israele che all'estero. Ben pochi ricordano le terribili tragedie patite
dagli ebrei nei paesi arabi (Algeria, Libia, Marocco, Tunisia, Egitto,
Siria, Yemen e Iraq). La loro sciagura è stata quasi dimenticata. Non
viene adeguatamente insegnata nelle scuole, non viene discussa nei
mass-media, non viene commemorata dalle istituzioni statali e, fino a
poco tempo fa, non veniva menzionata in nessun contesto internazionale.
La propaganda araba è stata capace di eliminare completamente dal
discorso internazionale lo scambio di popolazione fra Israele e paesi
arabi che si è verificato nel contesto della guerra d’indipendenza
israeliana del 1948. La propaganda araba sostiene a gran voce l’assoluta
validità del “diritto al ritorno” (all'interno di Israele, anche dopo
l’eventuale nascita di uno stato palestinese a fianco di Israele) dei
palestinesi che combatterono contro Israele, molti dei quali fuggirono
per mettersi in salvo, nella convinzione che avrebbero subito dai
vincitori le violenze che loro stessi, a parti invertite, avrebbero
inflitto ai perdenti, e che immancabilmente si infliggono a vicenda,
anche oggi, nelle guerre intestine inter-arabe (la sorte degli arabi
palestinesi che, invece, rimasero in Israele dimostra quanto quel timore
fosse infondato).La propaganda araba è riuscita a instillare nell'opinione pubblica la
convinzione, a livello globale, che la “nakba” palestinese sia stata
l’unica tragedia che ha avuto luogo all'epoca della fondazione dello
stato d’Israele. Centosessanta sono le risoluzioni e dichiarazioni
internazionali che sono state redatte in relazione alla questione dei
profughi arabi palestinesi. E neanche una che si sia occupata dei
profughi ebrei dai paesi arabi. Ma il ritardo con cui si è giunti a
sollevare la questione alle Nazioni Unite e nella coscienza
dell’opinione pubblica internazionale non cancella le legittime
rivendicazioni degli ebrei arabi circa le ingenti proprietà private e
comunitarie che furono costretti ad abbandonare a causa delle
discriminazioni e delle sofferenze patite nei paesi arabi dove vivevano
talvolta da innumerevoli generazioni. Un disegno di legge proposto nel
2010 dal parlamentare israeliano Nissim Zeev imporrebbe al governo di
sollevare in ambito diplomatico la questione delle proprietà perdute
dagli ebrei nei paesi arabi. Ma occorre anche portare all'attenzione
internazionale lo status di profughi di questi ebrei. Il prossimo
governo israeliano dovrebbe avviare un dibattito internazionale volto a
dare soluzione al problema di tutti i profughi del conflitto
arabo-israeliano: non solo dei profughi ebrei, naturalmente, ma anche di
quelli arabi che continuano a vivere in condizioni deplorevoli in tutti
i paesi arabi in cui si trovano (Autorità Palestinese compresa)
nonostante i massicci sforzi fatti da decenni a livello internazionale
per aiutarli finanziariamente. Il punto di partenza di questo dibattito
deve essere la cornice delineata nel 2000 dall'allora presidente
americano Bill Clinton, che mirava al risarcimento economico dei
profughi sia ebrei che arabi.Quello che tutte le parti dovrebbero fare è perseguire una soluzione
giusta che sia basata non sulla propaganda, ma sulla realtà dei fatti
(senza l’illusione di far tornare indietro la storia). Altrimenti non
riusciremo mai ad arrivare a una pace duratura.(Da: Zvi Gabay su Israel HaYom, israele.net, 9.1.13)
PUR DI RIBADIRE IL “DIRITTO AL RITORNO”, ABU MAZEN È PRONTO A SACRIFICARE I PALESTINESI DI SIRIA
Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha
respinto l’offerta di Israele di autorizzare l’ingresso in Cisgiordania
di profughi palestinesi in fuga dalla guerra civile siriana a patto che
questi rinunciassero al cosiddetto “diritto al ritorno” all'interno di
Israele. Lo ha detto lo stesso Abu Mazen, mercoledì sera, alla stampa
egiziana.Dopo il suo incontro al Cairo col presidente egiziano Mohammed Morsi,
Abu Mazen ha raccontato di aver fatto appello all’Onu perché
intercedesse a favore dei profughi palestinesi che vivono in Siria e
chiedesse a Israele di farli entrare in Cisgiordania e striscia di Gaza.
Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon avrebbe riferito ad Abu Mazen che
Israele accoglieva la richiesta a condizione che i profughi firmassero
un documento con cui rinunciavano al “diritto al ritorno” sul territorio
israeliano (una rivendicazione palestinese che gli israeliani
considerano in pratica un “diritto di invasione” del loro stato). Abu
Mazen ha detto d’aver rifiutato l’offerta.Il mese scorso i palestinesi che vivono nel campo di Yarmouk, a sud di
Damasco, hanno subito un sanguinoso bombardamento da parte delle forze
governative siriane, dopo che forze anti-regime si erano impadronite del
campo. Martedì scorso almeno cinque palestinesi sono stati uccisi a
Yarmouk. La Giordania, il vicino meridionale della Siria, ha iniziato a
rimandare i profughi palestinesi verso il confine, stando a quanto ha
riportato la tv Al-Jazeera all'inizio della settimana. In precedenza
erano stati autorizzati ad entrare nel regno giordano, ma erano stati
tenuti in un campo separato chiamato Cyber City, non lontano dal confine
con la Siria.Secondo Yedioth Ahronoth, già la scorsa settimana il capo di Hamas nella
striscia di Gaza, Ismail Haniyeh, aveva detto all'UNRWA di non voler
accogliere a Gaza i palestinesi in fuga dalla Siria perché Israele
avrebbe potuto usare questo precedente contro il “diritto al ritorno”
reclamato dai palestinesi all'interno di Israele.(Da: Elhanan Miller su Times of Israel, israele.net, 10.1.13)
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