lunedì 7 gennaio 2013

Ricordo di Giorgio Bassani

Giorgio Bassani è stato a Napoli.E’ stato più volte a Napoli negli anni cinquanta,e per diversi periodi di tempo, poiché insegnava lettere in una scuola statale nei pressi di Piazza Dante. In quella scuola c’ero anch’io, come alunno; ma, nei primi tempi, frequentavo una sezione diversa da quella dove lui insegnava.Bassani restava in quella scuola per qualche mese, poi se ne andava e non lo si vedeva più per tutto l’anno. Forse quei periodi di servizio gli consentivano di interrompere l’aspettativa che aveva chiesto al Provveditorato,per non perdere il posto.Io sentii parlare di lui, per la prima volta, da un compagno di classe più anziano di tutti gli altri e che era sempre bene informato.Disse che il Bassani era un poeta, proprio come quelli di cui leggevamo nell’antologia di Luigi Russo, e ch’era ammirevole anche per il fatto che fosse riuscito a vincere la sua balbuzie per poter parlare alla radio.Seppi quindi che parlava alla radio (senza balbettare) e che era un poeta: cioè che scriveva poesie.Forse quella della balbuzie era una storia inventata, per un certo suo modo di parlare che pareva impostare le parole, ma non era una storia inventata quella dei gusci d’uova che lui lasciava nei cestini della scuola,durante l’ora di spacco o negli intervalli tra una lezione e l’altra, perché poi ne ebbi conferma da molti altri che li avevano visti,anche da alcuni professori.Il Bassani probabilmente partiva, per tornare a casa, subito dopo le lezioni, e,non avendo tempo per pranzare, rompeva il digiuno prendendo un ovetto. Lo vidi per la prima volta che parlava con un’anziana professoressa di matematica che in quella scuola, per le sue capacità e la sua cultura,era un’istituzione, e rimasi molto colpito dalla deferenza con la quale la professoressa si rivolgeva a lui. Chi era Giorgio Bassani? Sapevo che dirigeva una rivista dal titolo “Botteghe oscure”che avevo visto una volta in biblioteca ma che non avevo mai posseduto, perché costava troppo per le mie tasche di studente, ma ritrovai il Bassani nel periodico letterario“Il Caffè”, con dei suoi scritti e soprattutto con degli articoli su di lui. Appresi quindi che era ebreo e che era considerato un giovane: giovani allora venivano definiti, in gergo,gli autori quarantenni che si affacciavano nel panorama letterario di quegli anni.Lo vidi ancora in un corridoio della scuola dove era uscito dalla porta di un’aula, per rimproverarci del baccano che io e i miei compagni stavamo facendo. Avevamo trovato, proprio quel giorno che ci era stato concesso di uscire un’ora prima per l’assenza di un insegnante, i nostri cappotti abbottonati l’uno con l’altro, da un buontempone. Bassani, ch’era uscito nel corridoio con l’intento di rimproverarci, aveva finito con il sorridere del fatto.Lo incontrai poi per strada, davanti alla scuola che sfogliava una rivista esposta in un’edicola,noncurante dello sguardo sgomento del giornalaio,che si adirava molto quando gli toccavano i giornali, ma con Bassani pareva non averne il coraggio: era un professore, e lui lo sapeva, sapeva tutto della scuola di fronte, probabilmente anche chi era Bassani.Dopo qualche tempo, forse l’anno successivo,
improvvisamente mi ritrovai il professor Bassani dietro la cattedra, nella mia classe, quale insegnante di lettere.Si fermò, facendo l’appello, per chiedere ad un mio compagno ch’era tedesco (un bravo ragazzo),come mai fosse finito a Napoli. “Perché mio padre lavora qui.” rispose il ragazzo; “Cosa fa tuo padre?” domandò allora Bassani, “Vende mitragliatrici!” fu la risposta ironica che giunse dagli ultimi banchi, da parte di un compagno che, come tutti noi, aveva ancora vivi certi ricordi dell’ultima guerra, e dei tedeschi in particolare. Ridemmo tutti per quella battuta, fuorché Bassani, al quale forse suscitava più tristi ricordi.
Quelli erano tempi in cui della shoah non si parlava, specialmente nella scuola, non ne aveva mai parlato il professore che avevamo avuto prima, un insigne letterato allievo di Croce, ed io mi aspettavo che lo facesse Bassani. Ma ci fu solo, da parte sua, un timido accenno alle efferatezze compiute dai tedeschi nell’ultima guerra che il Bassani concluse subito chiedendo retoricamente se a noi pareva giusto quello che era accaduto.Resta il dubbio sui motivi che indussero il Bassani ad evitare di approfondire il discorso:forse per la necessità di adeguarsi al silenzio imperante sull’argomento, oppure perché il parlarne avrebbe riaperto in lui una ferita che, come molti ebrei che erano vissuti durante le deportazioni nazifasciste, portava dentro.Il letterato che l’aveva preceduto era anche un dantista accanito e noi tutti pensavamo che, con il nuovo venuto, vi sarebbe stato un ridimensionamento dello studio della Divina Commedia, lasciando più spazio agli autori moderni.Ma Bassani rivelò subito la sua grande passione per il sommo poeta: leggeva Dante con un fervore che pareva ispirato dai versi che recitava come se quei versi fossero nati da lui,in quel momento. C’era una sorta di musicalità in quella lettura che il Bassani non tardò ad esplicitare accostando gli endecasillabi danteschi a certe sinfonie di musica classica come la Nona sinfonia di Beethoven.Veramente questi accostamenti che allora mi parevano azzardati ebbi modo di verificarli più tardi, quando mi ritrovai nell’ultima cantica della Divina Commedia catturato, come non mi era mai accaduto prima, dal lirismo dei versi di Dante, che leggevo con piacere, ad alta voce, anche ricordando le parole di Bassani.Un giorno il Professor Bassani scomparve, così come era venuto, e non ebbi più occasione di vederlo. Seppi poi che aveva pubblicato, quale capo redattore della casa editrice Feltrinelli: Ildottor Zivago e Il gattopardo, lessi di lui Il giardino dei Finzi Contini, opera questa, che gli diede lustro e fama come scrittore, seppi anche che spesso veniva paragonato a Proust e tante altre cose che i suoi biografi oggi ripropongono, in occasione del cinquantenario della pubblicazione del Giardino dei Finzi Contini.Io, invece, qui ho voluto ricordare di Bassani alcuni episodi di vita normale, meno noti, ma non meno utili per conoscere l’uomo, e il poeta.Ho voluto anche ricordare il Bassani professore che, come ogni buon insegnante ha lasciato qualcosa, come il lirismo dei versi di Dante, e la possibilità, da parte mia, di ricordarlo agli amicidi Sullam.di Paolo Camerini, Sullam n. 104

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