venerdì 1 febbraio 2013
Il cono d’ombra
Calato
il sipario sul 27 gennaio, ogni anno sono inseguito da un incubo. Mi
sveglio d’improvviso, gli occhi sbarrati. Sogno di essere
prigioniero dentro un cono. L’ombra del professor De Felice mi
rincorre urlando: “Fuori, e vedi di sparire anche dalla mia ombra”.
I luoghi comuni storiografici turbano i miei sonni, perché in Italia
tendono a ripetersi come un disco rotto: fra l’altro ho un ricordo
molto gradevole di un pranzo a Roma con il Professore, che non aveva
il fascino di un attore di Cinecittà, ma non era Dracula. Il suo
libro mi capita di riaprirlo spesso, vi imparo sempre qualcosa, anche
se nel frattempo la ricerca è andata avanti. Questo ritornello del
cono proprio non mi persuade. Le cifre parlano chiaro: di tutti i
paesi che hanno subito l’occupazione tedesca, l’Italia si situa
dopo la Danimarca e la Finlandia. È
il
terzo paese con la più bassa percentuale di vittime dello sterminio.
Se si considera che la maggior parte degli ebrei erano residenti
nella parte della penisola dove più a lungo durò l’occupazione
nazista, su quel 17.3 % bisognerebbe ragionare con più serenità,
lasciando da parte gli accanimenti postumi contro il Professore. La
percentuale è comunque spaventosa, ma come insegna Mario Pirani
nella sua autobiografia, lecito dire che, forse, poteva andare anche
peggio. Fuori del cono d’ombra del nazismo s’è visto di tutto,
un arcobaleno di atteggiamenti, dal nero delle delazioni, alla pietas
di un fascista di Salò. Fuori del cono d’ombra s’è visto
innanzitutto un viluppo di odio e di amore. Giacomo Debenedetti,
come gli odierni detrattori del Professore, non vedeva altro
che lacrime e sangue. Faticava a spiegargli che cosa fosse quel
viluppo di odio e di amore il dolcissimo Umberto Saba delle
Scorciatoie, che vado subito a rileggermi appena mi riprendo
dall’incubo annuale di fine gennaio.Alberto
Cavaglion.http://www.moked.it/
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