Raid aerei israeliani, la Siria: “Ci hanno colpito”
Ci
sono tre ipotesi che tuttavia convergono su un punto di significato cruciale,
ovvero la situazione estrema che la rivoluzione siriana ha ormai creato:
sarebbe stata bombardata una carovana di camion carichi di armi forse in parte
chimiche in viaggio dalla Siria in Libano, per finire nelle mani degli
hezbollah. Oppure, ipotesi due, sarebbero stati distrutti alcuni depositi in
cui erano pronti oltre all’ingente arsenale di missili iraniani forniti alla
Siria e agli Hezbollah anche degli SA17 russi, che cambiano decisamente
l’equilibrio balistico dell’area. Oppure, terza ipotesi, ambedue i tipi di armi
sono stati oggetto dell’attacco israeliano. Sembra che sia stato colpito il
territorio siriano, anche se sul confine.Si
sa sempre poco in Medio Oriente degli eventi basilari, finchè essi non si
spalancano come un fiore carnivoro e rivelano i loro significati fatali. Così
accadde con il bombardamento del reattore di Osirak nel 1981 in Irak e poi di
quello siriano nel 2008, a lungo Israele negò e non spiegò. Anche ora si sa
poco delle incursioni degli F16 israeliani che hanno (forse) bombardato nella
notte fra martedì e ieri (non è confermato, anzi, il riserbo è totale)
“qualcosa” sul confine fra Siria e il Libano: “I jet israeliani hanno violato
il nostro spazio aereo all’alba di oggi e hanno effettuato un attacco diretto
contro un centro di ricerche scientifiche per testare il nostro livello di
difesa e resistenza” l’unica conferma firmata alla Sana dal comandante dell’esercito
siriano.Fra
tutti questi “sembra”, la verità inequivocabile, secondo i criteri con cui
viene decisa un’operazione di questa portata e di questa evidente potenzialità
strategica (è la prima volta che Israele interverrebbe direttamente e per sua
iniziativa in una situazione creatasi a causa di una rivoluzione araba) è che
non se ne può più fare a meno, e anche che ci se ne aspetta i massimi
risultati. Il governo di Netanyahu, in varie forme, ripeteva da giorni che non
doveva essere sorpassata la “linea rossa” del cambiamento strategico degli
armamenti presenti nella zona. Aveva addirittura riunito il gabinetto poche ore
dopo le elezioni per parlare appunto, di Siria. Evidentemente le armi o sono
già passate in mani di nuovi proprietari imprevedibili o stanno per farlo. Il
regime di Assad potrebbe forse durare ancora qualche mese, ma sono chiari i
segni dello smottamento totale della Siria e dello scivolare della sua potente,
moderna fornitura d’armi nelle mani degl! i sciiti hezbollah o dei ribelli Gli
uomini di Nasrallah hanno ultimamente stabilito nuove basi in Siria presso gli
arsenali di armi non convenzionali, mentre anche i sunniti si organizzano allo
stesso scopo.
Per Israele, come del resto per gli Stati Uniti e persino per la Russia che ha
fornito qualche segnale in questo senso, il passaggio delle armi chimiche e
convenzionali in mani estremiste è uno sviluppo che segna un pericolo
imminente. E’ per questo che Israele ha piazzato Kipat Barzel, le nuove potenti
batterie di difesa aerea, sul confine del nord. Se l’attacco di ieri è avvenuto,
se l’ha compiuto Israele, tutte cose piuttosto realistiche, ora c’è da
chiedersi se l’IDF è pronto ad affrontare un’eventuale reazione. Anche qui la
risposta ha varie sfumature: Assad non è nel migliore stato per intraprendere
una guerra con Israele, e anche gli Hezbollah, dato che il loro amico Bashar
non rappresenta più una base logistica affidabile, non vedono volen! tieri uno
scontro duro, che alla fine risulterebbe distruttivo per la loro presa sul
Libano. Può anche darsi che i veri capi degli hezbollah e di Assad, gli
iraniani siano in questi giorni molto occupati con i loro danni dopo lo scoppio
della struttura di arricchimento delle’Uranio di Fordo, che la CIA sostiene
essere di dimensioni molto notevoli. Tutto questo però può crollare di fronte
all’istinto fanatico e antisraeliano di molti nemici di Israele attratti
dall’occasione bellica.
Gli israeliani affrontano con calma la consueta cerimonia, che purtroppo
talvolta è risultata assai realistica, per cui si tirano fuori le maschere
antigas, si spolverano, si provano, si ascoltano e si leggono le istruzioni per
rimetterle in funzione Il numero di normali cittadini che hanno rinnovato il
loro kit contro le armi non convenzionali è triplicato nell’ultimo mese. Questa
è la nuova situazione. E anche il grande caos egiziano che ieri ha fatto altre
due vittime nelle piazze, non promette niente di buono. Il Sinai, abbandonato
alle bande beduine, diventa sempre di più una giungla qaedista sul confine di
Israele. Fiamma Nirenstein.Il Giornale, 31 gennaio 2013
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