sabato 30 marzo 2013

La libertà in una tazzina
A volte le buone notizie, sempre gradite, hanno una rilevanza particolare, e non solo perché si tratta di un successo per tutti. È di poche ora fa la notizia che la scommessa di Palazzo Madama – storico palazzo torinese, sede del Museo Civico di Arte Antica – di utilizzare il crowdfunding per acquistare un pezzo di storia è stata vinta. Il crowdfunding, quel processo collaborativo di finanziamento dal basso per cui un gruppo anche molto numeroso di persone decide di sostenere un progetto con il proprio denaro, non è uno strumento nuovo: in questi anni la stessa strategia è stata usata anche dalla National Gallery di Londra, e dal Louvre, che hanno acquistato, con l’aiuto dei cittadini, opere d’arte anche molto importanti per le loro collezioni. In questo caso si tratta di un servizio in porcellana di Meissen del 1730 circa (importante anche per la storia dell’industria europea, si tratta la prima porcellana prodotta in Occidente e non più in Cina) appartenuto a Roberto Taparelli d’Azeglio, che nel 1848, dopo la concessione dello Statuto Albertino, fu il grande promotore di una legge che concedesse pari diritti civili e in seguito anche politici agli “acattolici”.Non solo un’opera d’arte di valore, dunque: l’acquisto del servizio appartenuto alla famiglia d’Azeglio rappresenta per tutti, non solo a Torino, la valorizzazione della memoria, non solo quella del patrimonio storico-artistico, ma anche e forse soprattutto quella di una famiglia che tanto ha dato in termini di impegno civile e morale per l’Italia. Tutti i D’Azeglio ebbero un grande peso nello sviluppo politico e culturale dell’epoca ma in particolare Roberto si impegnò “per la fratellanza e per la giustizia”, sono queste le parole che usa nel giugno del 1848 quando, senatore del regno, chiede pari diritti per tutti nel suo discorso a Palazzo Madama, durante quello che nel verbale del Senato del Regno è intitolato “Relazione discussione e adozione del progetto di legge concernente i diritti civili e politici degli acattolici”. Il suo impegno per ottenere l’emancipazione degli ebrei e dei valdesi era tale che scrisse due intensi articoli: “Ama il prossimo tuo come te stesso” su La Concordia, il 3 gennaio del 1848, e in seguito “Emancipazione israelitica” su Il Risorgimento il 22 febbraio dello stesso anno.E Carlo Alberto, con le ben note Regie Patenti, pose fine a una secolare discriminazione e riconobbe a tutti i sudditi del regno la libertà di culto: il 17 febbraio 1848 i valdesi residenti nel Regno di Sardegna ottengono di “godere di tutti i diritti civili e politici al pari dei sudditi cattolici, frequentare le scuole dentro e fuori delle università e conseguire i gradi accademici”.E le cronache dell’epoca raccontano che “pochi giorni dopo, quando una folla plaudente si riunisce davanti alla casa del pastore Bert per salutare l’emancipazione dei valdesi, per solidarietà e in attesa di un provvedimento analogo, gli israeliti illuminano le loro case”. Numerose petizioni chiedono poi l’estensione agli ebrei dei diritti civili e politici, che arrivano pochi mesi dopo: il 29 marzo 1848, agli ebrei del Regno Sardo (dal 1824 erano stati nuovamente risospinti entro il perimetro del ghetto torinese) vengono riconosciuti i diritti civili, ma non ancora i diritti politici: lo sarebbero stati nel giugno seguente, grazie all’entrata in vigore della legge Sineo. E, per essere concreti, il 11 aprile 1848, “gli israeliti di Torino, anziché manifestare la loro gioia con conviti e luminarie, dopo aver ringraziato Dio con celebrazioni religiose, offrono ai poveri di Torino: 10.000 razioni di pane, 500 lire per le famiglie povere dei soldati al fronte, 400 lire al Ricovero di Mendicità, 400 lire all’Ospedale Cottolengo, 400 lire per gli israeliti poveri, 150 lire all’ospedale dei valdesi.”Così, dopo una lunga storia di vicinanza e solidarietà, saputo che il servizio Taparelli D’Azeglio di cui si erano perse le tracce all’inizio del Novecento era stato dopo lunga ricerca individuato e che era possibile acquistarlo, ma solo contando sul sostegno di coloro che potevano comprenderne il valore artistico, simbolico e storico, la collaborazione è continuata. Una grande mobilitazione, per promuovere il crowdfunding soprattutto sui social network, ma anche attraverso il passaparola, ha saputo raggiungere tante, tantissime persone, e – ovviamente in particolare a Torino – ha coinvolto anche tanti membri delle comunità ebraiche e valdesi, che insieme si sono spese per riportare a casa un pezzo di storia.Che in questo caso prende la forma di un bellissimo servizio da tè, da caffè e da cioccolata.Ada Treves (29 marzo 2013)

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