Sono nato diviso in due
Yoram Kaniuk, Un arabo buono, Giuntina, pp. 225, 15 euro
Non ha una ruga questo bel romanzo di Yoram Kaniuk, attualissimo,
sebbene sia stato scritto nel 1983. Il tema è potente: la doppia
identità, il dualismo, l’essere per metà israeliano e per metà arabo.
Una lacerazione percepibile fin dal titolo che trasforma l’amaro detto
“un ebreo buono è un ebreo morto”, e inserisce al posto del sostantivo ebreo il sostantivo arabo.
Perché se un arabo buono, oggi in Israele, è un arabo morto, come fa
allora Yosef Sherara Rosenzweig, di madre ebrea e di padre arabo, a
convivere con la memoria di Terezin dove fu deportata parte della
famiglia materna e la memoria araba allontanata dalle proprie case? Come
si fa a vivere con due carte d’identità, con un destino ibrido nel
quale si fanno contemporaneamente il Bar-mitzvà e le feste arabe, e dove
entrambe le parti guardano male il povero Yosef allorquando vuole
frequentare una ragazza ebrea, la bellissima Dina che piange “le sue
lacrime ovali”? Come si fa ad abitare uno spazio interiore che è una
terra di mezzo, terra di tutti e di nessuno? E se non valessi nemmeno il
costo della pallottola che mi ucciderà?, e se fossi un falso storico,
addestrato alla disfatta?, si chiede il protagonista. «Sono nato diviso e
diviso morirò», scrive. E per riacciuffare i brandelli del proprio Io
sfilacciato, a Yosef non resta che dipingere il deserto di rosso,
partire per Parigi e Vienna, scendere nell’inferno-paradiso degli avi e
della memoria familiare, e srotolare per noi la storia d’Europa e del
Medioriente. Leggere Kaniuk è un’esperienza dei sensi: una prosa sapida e
profumata, romanzi pieni di poesia visionaria, realtà a fiumi, il
rumore delle illusioni infrante, la qualità vellutata degli smarrimenti
dell’Io. «Avrei voluto violentare il deserto, fissare dei confini, forse
riposare», dice Yosef pensando alla deriva interiore che la mancanza di
confini gli procura. Kaniuk è nato nel 1930, nel Palmach ha fatto la
guerra d’Indipendenza ed è forse tra i più grandi scrittori israeliani
viventi. Certamente il più scomodo, controcorrente, lucido,
provocatorio. È di due anni fa la sua richiesta di cancellazione della
dicitura ebreo dal passaporto: «voglio essere parte della
nazione ebraica ma non di religione ebraica», disse. «Sono il solo ebreo
non-religioso per scelta oggi in Israele». http://www.mosaico-cem.it/ 11/03/2013
Di: Fiona Diwan
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