
giovedì 11 aprile 2013
Il ruolo di Arabia Saudita e Qatar nella "primavera araba"

Quando si parla di Medio Oriente, molti giornalisti, anziché far parlare
i fatti, sono soliti di frequente abbandonarsi a previsioni
idealistiche e a dichiarazioni radicali. Nessun giornale o se è per
questo governo ha previsto lo scoppio della "primavera araba", ma una
volta che essa si è concretizzata, la maggior parte dei media si è
scatenata nel prevedere che un'epoca di prosperità, di eguaglianza e di
democrazia avrebbe trasformato il Medio Oriente in una regione moderna,
con aspirazioni avanzate.Il Guardian, per esempio: era così disperato di giustificare il suo
sostegno iniziale per la "primavera araba", che di recente ha realizzato
un editoriale impassibile con cui ha sostenuto che la presa del potere
da parte di Morsi è stato un gesto necessario per garantire le
aspirazioni democratiche dell'Egitto.L'ultima giornalista a cimentarsi in queste acrobazie è stato Tim Montgomerie, che di recente ha vergato un articolo per il Times, dal titolo "Il mondo arabo deve agire; o affrontare il disastro", in cui scrive:«A meno che gli stati del Golfo si decidano a sborsare la loro quota di
aiuti, il problema dei rifugiati accenderà l'estremismo in tutta l'area.
I paesi che devono versare fondi sono le potenze petrolifere della
regione, a partire dall'Arabia Saudita e dal Qatar. David Cameron teme
che l'indisponibilità a rispondere alle richieste dell'opposizione
moderata in Siria possa rendere gli elementi estremisti sempre più
egemoni. E' già in atto il processo di radicalizzazione delle forze di
opposizione ad Assad.
Se non saranno inviati immediati aiuti ai siriani, una crisi dei
rifugiati di enormi proporzioni non solo provocherà una tragedia
umanitaria diffusa, ma alimenterà l'estremismo in Giordania, in Libano e
in tutto il Medio Oriente. La posta in gioco è molto alta».A Montgomerie forse sfugge che i soggetti finanziatori dell'estremismo
siriano sono proprio l'Arabia Saudita e il Qatar: gli stati che
dovrebbero attivarsi e fornire una soluzione.Una volta che lo scorso anno la possibilità di disordini nel Golfo si è
spenta, il governo saudita ha incominciato, per usare le parole di
Joshua Jacobs del Institute for Gulf Affairs, a «scatenare il loro
potere clericale morbido».La TV di stato di Riad presenta sistematicamente religiosi di stampo
jihadista. Lo sceicco Adnan al-Arour, ad esempio, è un salafita siriano
che invoca la guerra santa contro il regime di Assad. Beneficia di una
esposizione di primo piano sulla TV saudita. "Elementi estremisti", in
Siria, come la Bridata dei Sostenitori di Allah, hanno dichiarato la
loro fedeltà a questo predicatore sostenuto dai sauditi.L'Arabia Saudita, minacciata dall'egemonia iraniana, è determinata a
detronizzare Assad, sostenuto da Teheran, rimpiazzandolo con un regime
filo-sunnita. L'arma prescelta sembra essere il jihad di stato.Il Qatar sembra ormai il primo sostenitore della Fratellanza Musulmana:
dal Cairo a Gaza, passando per i combattenti della Fratellanza in Siria.
Al Jazeera, l'influente canale televisivo di proprietà del governo
qatariota, ha assegnato
la copertura della Siria ad Ahmed Ibrahim, fratello di Anas al-Abdah,
un membro del Consiglio Nazionale Siriano controllato dai Fratelli
Musulmani. Non sorprende che Al Jazeera abbia prodotto alcuni articoli all'acqua di rose sugli islamici che si oppongono ad Assad in Siria.Secondo alcuni articoli,
in Siria sono proprio i jihadisti che stanno ricevendo buona parte
delle armi inviate dall'Arabia Saudita e dal Qatar. L'Independent
osserva che un gruppo estremista islamico, Jabhat al-Nusra, dichiarato
organizzazione terroristica dagli Stati Uniti alla fine dello scorso
anno, e che rivendica un'alleanza con Al Qaeda, è diventata una delle
forze belliche meglio dotate, proprio grazie alla fornitura di armi e
denaro da parte di Arabia Saudita e Qatar.Non è l'indisponibilità di queste due potenze regionali ad alimentare
l'estremismo in Medio Oriente: al contrario, è proprio la loro azione a
fomentarlo. Devono fare un passo indietro, non un passo avanti. E'
l'appoggio di questi stati al jihadismo e ad altri estremismi che
producono i tumulti e lo spargimento di sangue.Montgomerie non solo scrive per il Times, ma è anche ritenuto uno dei
conservatori più autorevoli del Regno Unito. I suoi articoli sono
giudicati un espressione dell'orientamento del governo, sebbene più
morbidi della linea ufficiale.Se io fossi un jihadista, mi sentirei molto a mio agio. Se fossi un
siriano che si oppone al dispotismo, mi sentirei molto solo. Se fossi
Tim Montgomerie, smetterei di parlare.di Samuel Westrop Gatestone Institute.http://ilborghesino.blogspot.it/
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